-Finché morte non li separi.

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Il sole splendeva, alto e maestoso, come pareva non aver mai fatto prima di allora.  In realtà, se si guardava fuori dalla finestra, si potevano scorgere piccole nuvolette grigie che sporcavano i suoi raggi, ma erano come inesistenti, Elizabeth non vedeva altro che luce, ovunque.

Si stava scrutando nello specchio ormai da una buona mezz'ora. Come sempre, Betsy aveva posato le sue mani su di lei per trasformarla completamente. L'aveva voluta anche in quell'occasione così importante, d'altra parte, era anche  la sua ultima volta. La sua fidata cameriera non l'avrebbe seguita nella sua futura dimora. Le aveva intrecciato i morbidi capelli scuri in un elegante chignon, decorato da un pettinino di pietre preziose. Un regalo di nozze della sorella di lui, Georgiana. L'abito da sposa era color crema, dalle linee semplici, accollato e con una sobria gonna non molto ampia. Ad un'occhiata superficiale sarebbe potuto apparire un poco più grazioso di un banale vestito della domenica e Lizzie sentiva già i mormorii maligni delle malelingue serpeggiare tra i banchi della chiesa, nel momento in cui avrebbe fatto il primo passo nella navata. Indignati sussurri di quanto Elizabeth Bennet, coniugata Darcy, stesse oltraggiando i fantasmi di Pemberley, e per giunta nel giorno del suo matrimonio con l'ambito rampollo della famiglia. Ad un'occhiata più scientifica, invece, il pesante tessuto con cui l'abito era stato confezionato le avrebbe messe a tacere. Chi lo guardava più attentamente notava i pizzi sontuosi e le perle pregiate con cui era stato ricamato dai migliori sarti di Londra, l'intreccio del disegno era un'opera da museo. La faceva apparire talmente diversa, così distante e raffinata che Lizzie si chiese se stravolgere completamente la sua vita per un amore, almeno in apparenza, tanto improbabile, fosse una scelta assennata. Sposare Darcy non significava solo cambiare vita, essere una moglie, diventare una madre... Era la nuova società con cui avrebbe dovuto confrontarsi a spaventarla di più. Sarebbe stata all'altezza? Non era certo il momento di farsi sorprendere da quel pensiero e si affrettò a scacciarlo. Ci aveva già riflettuto fin troppo. Sì, a tutti i costi lo sarebbe stata.

"E sarà meglio che lo sia anche lui." Pensò, senza sforzarsi di trattenere un sorriso.

Senza alcun preavviso, le sue sorelle fecero irruzione nella stanza e, quando la videro, sembrò quasi si fossero trovate davanti un fantasma invece della sorella, avevano gli occhi sbarrati e la bocca spalancata. Lydia si lanciò protendendo affannosamente le braccia verso di lei. La strinse forte, facendola quasi barcollare, poi, cinguettando, esclamò: -Oh Lizzie, sei splendida! Sembri proprio una gran dama, credi che il signor Darcy ti riconoscerà?-

Kitty scansò Lydia bruscamente e le si parò davanti: -Non ti vergogni, Liddy? Oggi niente scherzi, non vedi che sua altezza si sta già irritando?- Rise, poi la guardò negli occhi. -Sei bellissima. Sul serio.- la strinse ancora più forte dell'altra sorella e le baciò le guance, poi raggiunse Lydia che intanto si era seduta alla toeletta e stava cercando di avere la meglio su un boccolo ribelle.

Fu il turno di Mary, non fece altro che prenderle la mano e sussurrarle: -Congratulazioni. Sii felice, te lo meriti.- prima di scappare via. Nemmeno quel giorno, Mary, era riuscita a sciogliersi e ad abbandonare i suoi modi formali ma, conoscendo il suo carattere, quelle poche parole dovevano esserle costate molto. Per questo, per Elizabeth, gli auguri di Mary valevano il doppio.

Jane era rimasta qualche passo indietro e aveva aspettato che le altre sfogassero il loro entusiasmo. Quando Mary si fu allontanata, ne fece qualcuno avanti. Non ebbe quasi il tempo di muoversi perché Lizzie le si lanciò addosso con foga. Lei rispose circondandole la schiena con le braccia, cercando di farsi pervadere dal calore dell'emozione che provava per la sorella e sperando con tutto il cuore di trasmettergliela. Avvicinò le labbra all'orecchio di Lizzie e le sussurrò: -Oggi la tua bellezza rischia di far ingelosire il sole, signora Darcy.- Poi si staccò da lei quanto bastava per fissare gli occhi, leggermente lucidi e arrossati, nei suoi. Quando parlò ancora, le tremava la voce: -Ci scriveremo tutti i giorni e ci vedremo almeno una volta a settimana. Ho convinto Charles ad acquistare una proprietà ad una sola ora a cavallo da Pemberley, così quando ci trasferiremo lì, dopo il matrimonio, tra me e te non sarà così diverso da adesso, giusto? Che ne pensi? Non è splendido?- Elizabeth non seppe dirle quanto. Un velo umido le appannava la vista e lottava per non scivolarle sulle guance. Nonostante desiderasse più che mai sposare Darcy, aveva segretamente temuto la lontananza da Jane. Lei era la sua confidente più cara e non c'era nulla che potesse allentare il loro legame, ma le incertezze generate dalla consapevolezza che non l'avrebbe più avuta accanto l'avevano tormentata fino a pochi istanti prima della rivelazione. Sapere che sarebbe bastata una cavalcata nella brughiera per vederla faceva apparire sciocche tutte le sue preoccupazioni. Lizzie fece un respiro profondo, permettendo all'aria di espanderle al massimo i polmoni per qualche secondo, poi la spinse fuori. Stava tenendo ancora le mani di Jane, le lasciò e sorrise, raggiante: -Hai reso questa giornata perfetta, mia cara Jane, non puoi immaginare la misura con cui hai contribuito. Adesso aiutami a sistemare la cipria, sto per affrontare una bestia dai mille occhi e non voglio sposarmi col titolo di "la sposa peggio truccata d'Inghilterra"-. -Altro che "peggio truccata", se non interverrò su quel disastro che ti sei combinata in faccia.- rispose Jane. Entrambe scoppiarono a ridere nello stesso istante. Lizzie era immensamente grata di avere Jane come sorella, il suo mondo sarebbe stato meno pieno, senza di lei. 

Nella chiesa si respirava un'aria densa, l'incenso e le grandi candele ai fianchi dell'altare liberavano quell'aroma solenne che persiste nelle narici anche quando la messa è finita e i fedeli hanno ormai raggiunto le proprie case. Quella mattina le navate dell'antico edificio gotico erano di gran lunga più affollate del solito. Nel giro di un paio d'ore, spettatori provenienti da tutte le campagne circostanti, appartenenti a tutte le classi sociali, si erano materializzati lì, impazienti di assistere a un matrimonio come non se ne celebravano da almeno 100 anni. Oltre ai parenti dei due sposi, la folla era composta da una gremita schiera di curiosi che continuava a riversarsi all'interno della chiesa, accalcandosi sui lati per lasciare libera la navata centrale. Con tutta quella gente non poteva mancare un mormorio generale in sottofondo, l'unica musica di quella rappresentazione religiosa superba: i fiori, le candele, le ghirlande, tutto era stato disposto sapientemente, perfettamente, simmetricamente, in una cornice grandiosa. Per la maggior parte di coloro che erano accorsi, si trattava di un'esperienza unica, di uno spettacolo che mai più avrebbero avuto occasione di vedere. L'attenzione del folto gruppo di disordinati avventori non era catturata soltanto dalle gloriose decorazioni, dopo essere rimasti abbagliati da tanta sontuosità, l'occhio cadeva naturalmente sulla figura scura del signor Darcy, in piedi, con le mani unite dietro la schiena, in attesa di fronte all'altare. Per una volta, quello scuro era solo il completo che indossava, l'espressione sul suo viso suggeriva un misto di gioia e trepidazione, senza alcuna traccia dell'aria infastidita che lo accompagnava di solito. Il suo reale stato d'animo, comunque, si rivelava solo a chi poteva osservarlo da vicino, poiché solo negli occhi gli si leggevano eccitazione e timore. I più lontani ne vedevano solo i movimenti, a loro appariva composto, controllato e spocchioso come sempre.

La verità era che, dentro il burbero signor Darcy, imperversava un'impetuosa tempesta di emozioni. Sentiva come un maelstrom nelle viscere e il suo cuore era la nave intrappolata nell'occhio del gorgo. Voltò leggermente il capo per cercare lo sguardo del signor Bingley, anche lui lo stava osservando e gli sorrise incoraggiante non appena incrociarono gli occhi. L'amico era seduto in prima fila accanto alla sorella Caroline, perennemente altezzosa e infastidita, e a Georgiana, raggiante come il fratello non l'aveva mai vista. Il resto della panca era occupato dalla famiglia Bennet, la cui matriarca non faceva che girarsi di qua e di là per regalare vistosi sorrisi lacrimosi a chiunque incrociasse i suoi occhi, come per assicurarsi che tutti capissero che era lei la madre della sposa più radiosa d'Inghilterra. Darcy la sbirciava di sottecchi. In passato avrebbe senza dubbio preferito che la suocera fosse una donna più incline alla compostezza, ma ormai aveva superato quel periodo, solo il suo futuro con Elizabeth era importante. E poi, non poteva negare a se stesso che sotto sotto cominciava a nutrire un incerto sentimento di simpatia per la signora Bennet. "Pur sempre un inizio." pensò sogghignando. La marcia nuziale cominciò a risuonare tra le antiche pareti di pietra cogliendolo di sorpresa ed alzò la testa insieme a tutti i presenti. Tutti gli occhi si voltarono all'unisono, finalmente appagati dall'arrivo della sposa. Elizabeth Bennet aveva appena fatto il suo ingresso, e non si poteva dire che non fosse stato trionfale. Le perle dell'abito rilucevano nella luce soffusa delle candele, donandole un'aura calda e dorata che contrastava con i capelli scuri e l'austerità del corpo. Era splendida e maestosa come una regina. I timori di Elizabeth si dimostrarono infondati: fin da subito nessuno era riuscito a non guardarla ammirato, in un silenzio riverente interrotto solo dal gridolino della signora Bennet, scoppiata rumorosamente in lacrime alla vista della figlia. Lizzie si prese due secondi per respirare, poi alzò lo sguardo incontrando quello di Darcy. Eccolo, in piedi, fiero, a soli cinquanta passi da lei. I suoi occhi la trascinavano verso l'altare, la musica dava il tempo alla sua falcata, si avvicinava sempre di più, un passo, poi un altro e il tempo cominciò a rallentare. C'era lei, c'era lui, insieme, sospesi dentro una bolla, finché la morte non avesse deciso di separarli.

Quel giorno, dal momento in cui Elizabeth aveva varcato il sagrato della chiesa fino alla fine della cerimonia, non erano stati che loro due. E così avrebbero passato ogni restante momento della loro vita, ancora sospesi nella stessa bolla, sordi a tutti quegli inconvenienti matrimoniali che possono insorgere dopo anni di coniugio come la noia, l'insoddisfazione, il risentimento e, non mancavano mai, i commenti delle malelingue. C'era un suono, invece, che nulla era mai riuscito a coprire del tutto, ed era il crepitio delle loro anime ogni volta che si trovavano l'una nei pensieri dell'altro, l'uno negli occhi dell'altra. Il resto del mondo, per quanto invadente, non aveva mai fatto abbastanza rumore.



Orgoglio e Pregiudizio - Un Incontro AlternativoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora