14° Capitolo - Serata tra donne

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«La vittima è Selene Rodriguez, moglie di un certo Carl Richer, il marito ha precedenti per spaccio ed aggressione. Trent'uno anni, le dita arrossate e alcune con macchie di sangue, indica che la vittima abbia cercato di difendersi.»

Sussultai sul posto appena sentì il nome della vittima e del marito. Non ci potei credere, la donna che era stata con Caleb era stata uccisa.

Scott, che era accanto a me strinse la mia mano guardandomi di sfuggita e tornò ad ascoltare Marie.

Caleb, Richer e Selene, un triangolo perfetto che si era rotto.

Sarà stato Caleb, oramai Selene sapeva troppe cose e doveva essere eliminata o Richer pensando che la moglie non fosse più di suo gradimento decise di ucciderla a sangue freddo?

Non ero pronta a rivedere Caleb ma il codice d'onore mi impediva di tirarmi indietro, avrei dovuto comportarmi come un normale detective senza lasciarmi trasportare dai sentimenti o dai ricordi.

Presi il pennarello nero e iniziai a scrivere Selene Rodriguez sotto la foto appesa della donna.

Guardai lo schema pensando ad ogni eventuale soluzione.

Il secondo indiziato era Caleb Winslet, non ero ancora psicologicamente pronta a rivederlo così chiesi a Scott di sostituirmi.

Entrai nel mio solito ufficio, trovando come ogni mattina già i fascicoli posati ordinatamente sulla mia scrivania e con un caffè alla cannella lasciato da Mark.

Mi sedetti sulla comoda sedia girevole che era l'unica cosa comoda in quel ufficio e iniziai ad aprire fascicoli su fascicoli sorseggiando il caffè.

Mi sembrò un'impresa e quando arrivai all'ultimo fascicolo quasi non ci credetti, avevo gli occhi a palla, rossi come se mi fossi scolata due bottiglie di whisky e un sonno che non riuscivo neanche a reggermi in piedi.

«Cara, signorina Anderson!» La porta si aprì di scatto rivelando il capo. Si guardò intorno con fare circospetto per poco non le cadde la mascella nel vedere i fascicoli salvati messi scrupolosamente in ordine sulla scrivania.

«È riuscita a finire tutti quei fascicoli?» Chiese, balbettando.

Annuì sorridendole soddisfatta d'averla lasciata senza parole, mi sorprese concedendomi la serata libera e colsi l'occasione al volo, la ringraziai per poi uscire di fretta dall'edificio con la paura che potesse richiamarmi indietro.

Appena arrivai a casa emisi un sospiro di sollievo togliendo i fastidiosi tacchi neri laccati a spillo e mi buttai letteralmente sul divano, con una tazza fumante di tè verde e Jack Sparrow alla TV.

Il campanello suonò mentre dormivo beata sul divano davanti alla TV, mi alzai controvoglia andando ad aprire e vidi Melinda sorridente con una busta marrone della pasticceria accanto a casa mia in mano.

L'osservai non capendo e levò ogni mio dubbio con un "SERATA TRA DONNE!" gridato, così mi svegliò del tutto rompendomi quasi un timpano e facendo affacciare alcuni vicini curiosi alle finestre, l'afferrai per un braccio spingendola in casa per poi chiudere la porta. 

«Cosa ti salta in mente!» Esclamai puntandole un dito contro.

«Non puoi gridare così, sai come sono gli anziani in questo quartiere, ora diranno che ho fatto entrare in casa una psicopatica e chiameranno l'ambulanza per portarci all'ospedale psichiatrico!» Continuai imperterrita ma quel che ottenni mi lasciò senza parole, invece di prendersela si mise a ridere sguaiatamente.

Le tolsi le buste del McDonald’s dalle mani e sbirciai dentro.

«Va bene, per adesso ti posso perdonare.» Decisi mentre afferrai il mega hamburger con patatine, maionese e wurstel.

«Ho sentito dire che Alisha vuole andarsene, gira voce che si sia fatta una sveltina insieme a Mark e il capo gli ha scoperti mentre amoreggiavano!» Esclamò Melinda mimando la parola "amoreggiavano" mentre eravamo stese sul divano davanti alla TV.

«Non è la prima e neanche l'ultima che cade nella ragnatela di Mark e non penso che il capo abbia fatto eccezione se no’ l'avrebbe già licenziato da un bel pezzo.»

Melinda annuì dandomi ragione mentre prese un morso del suo panino fatto più con verdure che prelibatezze come quelle che stavo mangiando io.

Iniziammo a parlare del più e del meno, principalmente delle varie coppie amorose nate dentro la centrale e non potei far a meno di pensare a cosa stesse facendo Caleb, sicuramente lui era andato avanti con la sua vita da pallone gonfiato, quel che avrei dovuto fare pure io, da quel giorno mi promisi che lui non sarebbe più esistito per me e che sarebbe rimasto solo un dolce e allo stesso tempo amaro ricordo da dimenticare.

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