Capitolo 39

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Mi piazzai vicino all'auto blindata e misi velocemente il giubbotto antiproiettile per poi controllare la pistola.

I miei colleghi fecero lo stesso. Jenny mi si avvicinò rapidamente.

«Hope, non ci sono movimenti dentro la casa.» Mi riferì.

Annuì e ci mettemmo in azione.

Andai insieme a Jenny da una parte dell'abitazione mentre un secondo gruppo di agenti andò dalla parte opposta.

Guardai furtivamente dalle finestre per capire se ci fossero movimenti e non vidi nessuno.

Sembrava che l'abitazione fosse vuota.

Un agente aprì la porta dal retro ed entrammo furtivamente dentro l'abitazione.

«Jenny, piano di sopra.» Sussurrai.

Perlustrammo ogni centimetro di quella abitazione ma non trovammo nessuno.

Sospirai amareggiata mentre alcuni agenti uscivano dall'edificio e mi guardai intorno cercando qualcosa che mi potesse aiutare.

Nel salotto non trovai altro che cianfrusaglie, pezzi di carta sparsi, bottiglie vuote, mozziconi di sigaretta mentre le altre stanze erano perfettamente in ordine.

Mi avvicinai ad un mobiletto in legno mogano poiché vidi un pezzo di carta che attirò la mia attenzione.

«Jenny, guarda qui.» Esclamai sorpresa.

Si avvicinò velocemente e lesse a voce alta quel che c'era scritto.

«Il gioco è appena iniziato.»

Ci guardammo tra noi due, sapendo che ci eravamo illuse di poterci togliere quel depravato dalla calcagne ed invece stava solamente giocando con noi.

Uscì velocemente dall'abitacolo e presi il telefono. Chiamai un agente che era in ufficio.

«La signora Cherokee è ancora lì?» Chiesi frettolosamente.

«No Hope, se n'è andata circa dieci minuti fa. C'è qualche problema?»

«Sai dov'è andata?»

«No, ha solamente detto che preferiva andarsene a casa.»

«Mandami il suo indirizzo di casa!»

«Sarà fatto!»

Chiusi la chiamata e riferì a Jenny quel che l'agente mi aveva appena detto.

Se l'istinto non si sbaglia, la Cherokee poteva essere in serio pericolo.

Guidai velocemente all'indirizzo che mi venne mandato e scesi di corsa dall'auto.

I brividi iniziarono a pervadere la mia pelle, essere un agente a volte è talmente difficile psicologicamente.

Non sai mai cosa aspettarti.

Dove vai, se torni.

«Signora Cherokee, apra!» Urlai per farmi sentire mentre bussavo insistentemente alla porta principale.

Non arrivò nessuna risposta.

«Signora Cherokee, apra o saremmo costretti ad entrare con la forza» Ritentai.

Anche quella volta non ricevetti risposta.

Diede l'ordine ad un agente di sfondare la porta ed entrammo dentro l'abitacolo che era in evidente stato di disordine.

«Signora Cherokee!» Urlai.

Salì le scale che portavano al secondo piano. Volevo evitare di pensare che le fosse successo qualcosa ma il fatto che non rispondeva mi preoccupava e non poco.

Controllai tutte le stanze che erano completamente vuote per poi arrivare davanti alla porta della camera da letto.

L'aprì lentamente e mi si agghiacciò il sangue, il corpo divenne gelatina e sbarrai gli occhi alla vista.

Abbassai la pistola lentamente mentre guardavo la signora Cherokee penzolare appesa ad una corda robusta al lampadario della stanza.

Gli occhi erano chiusi, il suo corpo era leggero, non c'era più nulla da fare.

Chiamai Jenny che appena arrivò rimase bloccata nel fissare l'orrore.

In poco tempo arrivò la squadra scientifica e la donna venne posata sul pavimento su un telo trasparente in cellophane.

«Omicidio o suicidio?» Chiesi ad un membro della squadra.

«La vittima ha evidenti segni di colluttazione all'altezza della carotide. Presenta dei segni pure sulle nocchie e i calli dei piedi sono arrossati e leggermente danneggiati, probabilmente dato da un trascinamento.» Spiegò brevemente.

Annuì e mi abbassai per osservare attentamente la vittima.

Solo qualche ora fa era nel mio ufficio che mi parlava

Pensai mentre notavo gli evidenti segni di colluttazione.

Aveva chiesto protezione ma non abbiamo fatto in tempo a dargliela che è stata uccisa.

E se suo figlio l'avesse uccisa per poi scappare?

Il Gusto Del ProibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora