28° Capitolo - Complice trovato

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«Hope, cosa vedi?»
«Mamma perché riesco a parlarti?» Non capivo dov'ero, mi sembrava tutto così surreale. L'unica certezza che avevo era mia madre sorridente che era vicino a me. Attorno a me c'era il buio più totale, non riuscivo s distinguere il posto in cui mi trovavo ma non seppi perché mi sentì al sicuro. «Cara sei con me, non devi temere. Ma tra poco tutto questo scomparirà, io scomparirò e prima che ciò accada voglio dirti di non lasciare che il tuo orgoglio prevalga sui tuoi sentimenti. Segui sempre quel che hai dentro, quel che da piccola ti ho insegnato ad usare, il cuore!»
«Cosa vuol dire, mamma? Non riesco a capirti, di cosa stai parlando?»
Non potevo crederci, stavo veramente parlando con mia madre e nonostante mi sentivo pazza non volevo lasciarmi sfuggire quella occasione di stare ancora un po' con lei. «La conchiglia, Hope. Cerca la conchiglia.»

Improvvisamente tutto intorno a me iniziò a farsi più chiaro e mia madre iniziai a vederla sempre di meno, m'impanicai.

«Quale conchiglia, mamma?»
«Prima devi saper ricordare. Ricorda Hope quel che ti ha reso felice!»

Sentì d'improvviso il corpo gelido e aprì gli occhi di scatto, lanciai un urlo appena mi resi conto che si trattava di acqua gelata.

«Finalmente sei tornata nel mondo dei vivi.»

Alzai lo sguardo e rimasi pietrificata nel vedere Caleb seduto su una poltrona davanti a me mentre mi fissava come se fossi un campioncino da laboratorio.

Mi guardai intorno spaesata, le coperte rosse di un letto mi avvolgevano metà busto ed ero vestita con una camicia, la quale era il doppio di me, tremai al pensiero che Caleb mi avesse visto solo in biancheria intima.

«Cosa ci faccio qui?» Sussurrai spaesata.

«Tranquilla tra poche ore tornerai nella tua adorata casa, dove ti aspetta il tuo fidanzatino da strapazzo. Ma per adesso voglio chiarire un bel po' di cose con te.»

Sentì la rabbia montarmi dentro ed iniziai tirargli i cuscini con ferocia.

«E c'era bisogno di farmi svenire per venire qui e parlare? Uomo delle caverne che non sei altro!» Strillai.

Tutto quel che dicevo e facevo sembrava divertirlo molto anziché farlo arrabbiare o sentire in colpa. Mi lasciai andare sulla tastiera del letto ormai esausta, ma non smisi di mandare occhiate torve a Caleb anche se a lui non gliene importava nulla.

«Non mi avresti ascoltato e tu lo sai bene. E poi cosa ti ho fatto di così brutto?»

Feci per rispondere però mi precedette continuando.

«Al massimo potevo esagerare con la forza e ucciderti con la botta che ti ho dato.»

Iniziai ad insultarlo anche se ottenevo soltanto tante risate.

Non capivo perché si comportasse in quel modo come se fossi un'oggetto da poter prendere e spostare quando, e come voleva.

Mi imbestialiva il fatto che non voleva capire che potevo decidere da sola sulla mia vita, senza il suo aiuto. Se solo avessi potuto l'avrei ammazzato in un lampo.

«Iniziamo col presupposto che tu mi hai messo nei guai, non avrei dovuto lasciarti andare quella sera.»

«Non potevo far finta di nulla, lo sai pure tu Caleb!»

«Azz, ma io non ho detto questo, mia cara. Voglio proporti un accordo, gioverà anche a te, penso che ormai avrai capito che Clark non ha ucciso da solo la piccola Sanchez, potrei anche dirti il nome della complice ma prima voglio che mi dai la tua parola d'onore che tu insieme a quel tuo amichetto ritirate tutte le accuse su di me sul traffico di droga.»

L'osservai con rabbia per poi sputargli in faccia.

«Mai.» Risposi. 

«Allora come farai a sapere chi ha ucciso la piccolina, eh Hope? Illuminami!»

«Non ho bisogno del tuo aiuto.»

«E se la complice volesse scappare come faresti a trovarla? Non avresti il rimorso per quella povera ragazza trovata morta senza alcuna pietà?» Sospirai e chiusi gli occhi e so che mi sarei pentita subito dopo aver parlare ma non avevo altra scelta. 

«Ti dò la mia parola d'onore!»

«Giochiamo un po'.» Disse mentre si infilò lentamente la camicia. 

«Qual era la persona più vicina a Taylor?»

«Il suo fidanzato.»

«Nah, risposta sbagliata!»

«Sei sicura che la persona più vicina che dovrebbe proteggerla non le abbia invece fatto fare una brutta fine?» Spalancai la bocca incredula. 

«La signora Sanchez.»

«Bingo!» Mi sussurrò all'orecchio. 

Si protese verso di me tanto da sentire il suo respiro caldo colpirmi il collo dove iniziò a lasciare piccoli e quasi impercettibili baci.

«Caleb, no.» Parlai così piano che a momenti neanche io mi sentì.

«Lasciati andare. » Sussurrò.

Il Gusto Del ProibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora