A quanti shot di vodka liscia ero arrivata?
Nove? Dieci? avevo perso il conto, probabilmente ero ubriaca.
«Cazzo Cassidy, sei proprio andata!»
Chi è? Chi stava parlando? Mi voltai verso la voce che aveva pronunciato quelle parole ma non riuscivo a distinguere chi fosse. Vedevo tutto così confuso, ripetevo a me stessa di concentrarmi, di assumere il controllo, ma poi vedevo tutto passare velocemente. Era tutto confuso, tutto confuso.
«Riportiamola in stanza» ancora quella voce.
Mi resi conto che stavo seduta a terra, ma dove? fuori dal locale? dentro? dove ero? cosa stavo facendo?
Venni presa in braccio da qualcuno «Lasciami stare!» urlai, o mormorai, non ne ero sicura.
«Cassidy devi tornare in stanza, sei ubriaca fradicia» per un attimo misi a fuoco il volto della persona, era Stefan, ad un tratto tutto nero.Suonò la sveglia, erano le 12:15. Decisi di alzarmi, non appena poggiai i piedi per terra mi venne un dolore di testa assurdo misto ad un capogiro. Mi misi seduta sul letto per qualche minuto, giusto il tempo di riprendermi un po'. Quando la pulsazione dentro la mia testa diminuì mi alzai e andai a prendere una brioche ripiena di cioccolato dal cassetto e misi sul fornello la caffettiera. Mi accorsi che Sally non era in stanza e il suo letto era in ordine. Non ero sicura se fosse tornata ieri sera o se fosse già fuori. La chiamai al telefono e quando rispose al quinto squillo la sentii sghignazzare con qualcuno.
«Si può sapere dove sei?» chiesi infastidita
«Buongiorno principessa! Come ti senti? ieri sera hai dato il meglio di te!»
Il meglio di me? cosa era successo ieri?
«Dove ti trovi?» le chiesi frettolosamente, ignorando la sua domanda.
«Sono al bar del Campus con Cora e Stefan. Non sono tornata questa notte in stanza, ma stamattina sono passata per controllare se fosse tutto ok, stavi dormendo beatamente ed ho deciso di non svegliarti» incredibile come la ragazza si fosse già ambientata perfettamente da non tornare nella sua stanza.
«D'accordo, ricorda che alle 14:00 abbiamo la mia prima lezione di filosofia, a seguire storia dell'arte. Pranziamo insieme?»
«Certo! Ci vediamo in mensa tesoro»
riagganciò.Mi diressi verso il bagno, notai di avere un aspetto davvero orribile. Ripensai alle parole di Sally "...hai dato il meglio di te.." cosa voleva dire? Scossi la testa scacciando questo pensiero.
Provai a darmi una sistemata, lavai la faccia, pettinai i capelli e andai a mensa, non fu difficile trovarla, si trovava all'esterno non molto lontano dal dormitorio, grazie alle indicazioni presenti era difficile perdersi.
La ristorazione era così grande e piena di studenti. Scorsi da lontano Sally che correva verso di me abbracciandomi.
«Ehy!» urlò stritolandomi. «Sei un incanto, nonostante la notte che hai passato»
Perché non faceva altro che sottolineare la serata di ieri? Presi coraggio e glielo domandai
«Puoi dirmi per cortesia cosa è successo?» domandai imbarazzata, lei mi sorrise, un sorriso divertito e malizioso allo stesso tempo.
«E' un peccato che non ricordi nulla. E' stato divertente vederti in quello stato. Dopo il quarto shot di vodka hai iniziato a delirare, dicendo che dovevi trovare a tutti i costi l'uomo misterioso che hai visto all'inizio della serata.»
Che cosa? Ero sotto shock.
«Credo che ti arrivi una bella denuncia per aver importunato la maggior parte dei ragazzi in camicia che pensavi fossero lui» continuò ridendo a crepapelle «ovviamente nessuno di questi era il tuo bel cavaliere, la parte divertente è stata quando hai iniziato a piangere e urlare che non l'avresti mai più trovato e che saresti rimasta single a vita» i suoi occhi si riempirono di lacrime dalle grasse risate scaturite da quest'ultimo passaggio.
Non ricordavo assolutamente niente di tutto questo. Un senso di vergogna mi assalì quando pensai che molto probabilmente i ragazzi che avevo tormentato fossero i miei colleghi, iniziai a diventare rossa senza volerlo. Non poteva che iniziare al meglio questo anno.
Ci dirigemmo verso il nostro tavolo con i nostri vassoi, per pranzo presi solamente il minestrone, avevo ancora lo stomaco in fiamme, o il fegato. Ci sedemmo l'una di fronte all'altra e la curiosità di sapere cosa avesse fatto Sally durante la notte mi assaliva.
«E tu?» le chiesi in maniera provocatoria. Due occhi blu mi fissavano.
«Io cosa?» rispose balbettando, cercando di deviare il mio sguardo.
«Tu, tu. Raccontami. Dopo avermi lasciata da sola in stanza cosa diavolo hai fatto?» sbuffai.
«Beh...» ero certa avesse combinato una delle sue «..ho dormito in stanza di Cora con lei e Stefan.»
«Sally...?? cosa hai fatto..?» ero davvero sconvolta.
«Niente!» disse con voce tremolante «Però, non credere che sei stata l'unica ad aver bevuto ieri sera» in effetti aveva ragione, eravamo andate al locale con quello scopo. Riprese a raccontare dopo un lungo sospiro «Dopo averti accompagnata in stanza, eravamo tutti un po' presi dall'euforia dell'alcool, abbiamo deciso di dirigerci verso la stanza di Cora al terzo piano. Abbiamo giocato a obbligo e verità, e ad ogni penitenza dovevamo toglierci un indumento e...»
«E?!?!» chiesi sbalordita.
«E niente, Stefan ha obbligato me e Cora a baciarci. Ad un certo punto si è unito anche lui al bacio. Il resto è storia...»
Mi ci volle qualche minuto prima di riprendermi dallo shock. Il minestrone si era pure raffreddato.
La rassicurai «Ok, diciamo che tu hai avuto una serata più interessante della mia» la guardai dritta in quegli occhi che sembravano spaventati da ciò che avrei potuto pensare, ma era la mia migliore amica, non avrei mai potuto giudicarla. E a dire la verità, la invidiavo anche un po'. Lei era sempre stata così aperta mentalmente e disponibile a qualsiasi tipo di esperienza, viveva la vita al massimo senza paura.Finito il pranzo ci dirigemmo verso l'aula di filosofia, facilmente riconoscibile poiché nel corridoio che proseguva vi erano due statue che rappresentavano Pitagora e Socrate.
Prendemmo posto nelle sedie infondo l'aula a destra. Il professore era già qui. Si presentò col nome di John Briffed ed era un uomo adulto, calvo con gli occhiali da vista, sulla quarantina, indossava una di quelle camice celesti infilate dentro i pantaloni neri. Dopo averci elencato tutte le lauree da lui acquisite e le varie informazioni riguardanti i suoi esami iniziò la lezione.
«René Descartes, il cui nome verrà poi latinizzato in Cartesius, da cui deriva il nostro Cartesio, nasce a La Haye en Touraine il 31 marzo 1596, da una famiglia della piccola nobiltà del luogo...» iniziò a spiegare la vita di Cartesio, ad un certo punto la mia attenzione venne attirata da alcune sue parole «Cartesio attua una critica radicale a tutto il sapere. Dubita, inizialmente, delle conoscenze sensibili, poiché i sensi ci ingannano e possono ingannarci sempre.» continuò «si può sempre supporre che l'uomo sia stato creato da un genio maligno, ovvero da una potenza malvagia che lo ha ingannato facendogli credere vero ciò che in realtà è falso. In questo modo il dubbio si estende a tutto.» Non avevo mai amato la filosofia ma quest'uomo riusciva a renderla così affascinante che mi risultava quasi incredibile.
«Io posso ammettere di essere ingannato, ma per essere ingannato io devo esistere. La proposizione "io esisto" mi permette di affermare che io esisto come un qualcosa che pensa, ovvero che la certezza del mio esistere riguarda il dubitare, il capire, l'affermare, ecc... penso dunque esisto»La lezione finì ed il professore ci ricordò la lezione dell'indomani.
«Penso dunque esisto. Questo pensiero cartesiano mi fa fare dei viaggi mentali pazzeschi.» blaterai rivolgendomi a Sally, che era intenta a scrivere un messaggio al cellulare. «Non credi che il professore sia interessante?» domandai, cercando di attirare la sua attenzione con scarsi risultati. «Mi sono fatta tuo padre alla festa del tuo compleanno» ma ancora niente «Ho ucciso il tuo gatto» in quell'istante si voltò verso di me sorridendomi «Come? Scusa non ti stavo ascoltando» era abbastanza chiaro. Preferii rimanere zitta e ricambiare il sorriso mentre ci dirigevamo verso l'aula di Storia dell'Arte.
Diversamente dal corridoio precedente, questo era pieno di affreschi di pittori, alcuni anonimi ed altri firmati.
L'aula era quasi tutta piena e gli unici posti liberi erano quelli centrali nella terza fila. Il professore ancora non era presente, nella mia testa mi auguravo che anche lui potesse essere abbastanza interessante come quello di Filosofia o perlomeno comprensibile, non avendo mai studiato al liceo questa materia.
Quando mi sedetti presi il mio quaderno, iniziai a disegnarci sopra qualcosa dettato dalla noia, quando d'un tratto calò il silenzio, solo una voce profonda e calda interruppe questo gelo.
«Sono il Professor Matthew Alexander Harris» alzai lo sguardo dal mio quaderno presa dalla curiosità di scrutare colui che sarebbe stato il mio insegnante per questo semestre. Rimasi a bocca aperta, la penna mi scivolò dalle mani.
Non era possibile.
Non potevo crederci.
Era lui, l'uomo dell'Olympia pub.
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Insegnami ad amare
RomanceCassidy Parker, amante della letteratura e dell'arte affronterà la sua nuova vita da studentessa all'Evergreen State College di Olympia, Stati Uniti. È una ragazza normale, timida ma con molta grinta, amante del vino e innamorata dei suoi personaggi...