Capitolo 11

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LISA.

Una settimana prima, salotto di casa Rossi ore 15: 30.

La penna sbatteva ritmicamente sul tavolo di legno rivestito in vernice bianca della grande stanza padronale. Interi volumi aperti ne ricoprivano la superficie, pieni di orecchie e con paragrafi evidenziati in un rosa acceso. Una ragazza dai capelli raccolti in uno Chignon di fortuna, mordicchiava una matita con la schiena ricurva sulle sue disequazioni algebriche di secondo grado. La calcolatrice, posta alla sua destra, la guardava beffarda come volesse prendersi gioco di lei e delle sue scarse capacità matematiche. "Come mai non ti ho ancora buttata?" chiese alla sua storica amica, ma il fondo del piccolo coperchio che la chiudeva aveva inciso con un inchiostro blu il motivo, racchiuso in svariati cuoricini ognuno con una "R" scritta proprio nel centro. Sognante distolse lo sguardo da quegli schizzi per riportarlo sugli esercizi, ben presto però la sua momentanea felicità si tramutò in frustrazione. Si rassegnò e chiuse con rabbia il quaderno, dopo il quarto tentativo in cui non riusciva a trovare l'errore era davvero inutile continuare. Si stirò la schiena sulla moderna sedia di plastica nera, intrecciando le lunghe dita smaltate di rosso tra i voluminosi capelli non accorgendosi di far così scivolare la penna, che li teneva legati, per terra. Una voce dura e maschile la raccolse posandola sul tavolo:<< Cosa non riesci a fare questa volta? Fisica o matematica?>>. Lisa si girò verso suo padre, rispettabile Presidente delle forze militari e Nuovo Drago del CONSIGLIO DELL'ASSEMBLEA, sedeva alla destra del grande Sapiente, il capo assoluto di tutti i clan italiani... alcune voci di corridoio arrivate alle orecchie della ragazza dicevano che era addirittura il suo consigliere più influente, anche se lui dopo la domanda della figlia aveva velocemente sviato il discorso con un semplice e secco: "non dire idiozie, Lisa. Pensa ai tuoi interessi, certe questioni non sono fatte per una ragazza e per giunta non ancora Nuovo Drago!". Lei molto confusa tornò velocemente sui suoi passi ignorando quel ricordo appena affiorato. Notò che indossava la tunica delle riunioni, una lunga veste dei colori della nostra nazione: blu notte, con lo stemma del drago rosso posizionato sul petto e delle fiamme dorate, ricamate nella parte bassa che batteva sui piedi, sembravano la stessero incendiando risalendo verso il busto. Quante volte aveva visto sua madre lavarla e stirarla o suo padre urlare dietro alla sua imponente scrivania, per sapere se per le otto sarebbe stato possibile indossarla. Il Presidente, l'illustrissimo Fabrizio Rossi, uno dei pezzi grossi tra tutti i draghi... occhi grigi di ghiaccio e un cipiglio per niente amichevole, capelli nerissimi e sempre curati, il mento e le guance sbarbate e profumate dal dopobarba dal gusto forte del coriandolo e del rosmarino, con una leggero sentore di gelsomino. Il suo drago, aggraziatamente posato sulla sua spalla, guardava la figlia con il suo stesso sguardo severo, le sue squame verdognole brillavano riflettendo la luce artificiale dei neon. Lisa pensò che non avesse ricordi di un papà scherzoso, vestito con la classica tuta della domenica, quella che ti metti per stare comodo e goderti una giornata in famiglia. Ma suo papà era tutt'altro: calcolatore, inquadrato, severo e pretendeva un comportamento impeccabile dalla sua stessa figlia, che forse un giorno avrebbe preso la sua strada diventando una delle donne più temute e rispettate della nazione. << è matematica signore, sempre lo stesso nemico che minaccia l'armonia tra le nostre specie>> scherzò lei con un debole sorriso sulle labbra sottili, ma rosse come una rossa in maggio. Lui si chinò su di lei, quel tanto che bastava per stamparle un bacio frettoloso sulla fronte... il solito e unico bacio ricevuto da Fabrizio per tutta la sua vita. Le sue labbra si mossero, sussurrandole all'orecchio le stesse identiche frasi che si era sentita ripetere fin da bambina, delle quali non era mai riuscita a capirne il vero significato:<<la soluzione si cela dietro una fortezza inespugnabile fatta di rovi. Bensì anch'essi all'apparenza sembrino soltanto causare dolore e sofferenza, solo coloro abbastanza stolti nel riuscire a vederne attraverso riusciranno a cogliere la rosa cresciuta dall'altra parte della barriera. Non essere lo sciocco dalle mani sanguinanti per la smania di raggiungerla, ragiona e trova un modo alternativo. Se non dovessi riuscirci, non disperare... dopotutto ci sono miliardi di fiori molto più belli e facili da cogliere di una rosa. >>. Uscii subito dopo dalla porta di ingresso con la sua consueta valigetta, appoggiando delicatamente la porta facendole fare il consueto clic e immergendosi nel mondo reale, lasciandosi indietro due grandi occhi marroni e profondamente confusi.

Il giorno dopo, ospedale sotterraneo dei Nuovi Draghi... 

Aprii un occhio insonnolito sentendo il mio telefono suonare, probabilmente lo avevo lasciato nella tasca della giacca. Ero così stanca, come non ero mai stata... in questo periodo avevo così tanti pensieri, pressioni, ansie... il giorno dell'iniziazione che si avvicinava inesorabilmente, ormai mancavano soli due mesi. Il grande passo mi spaventava ma eccitava allo stesso tempo, una sensazione strana, come quando sei piccolo e vuoi saltare dal trampolino degli adulti in piscina ma sai che per farlo servono specifiche responsabilità e una buona dose di coraggio... ti fa paura ma ne sei terribilmente attratto ormai annoiato dai soliti scivoli ingombrati per bambini. Mi sforzai di aprire anche l'altro occhio e alzai la testa, Riccardo dormiva profondamente con un'espressione rilassata e felice... chissà cosa sognava... se mi sognava... Distorsi lo sguardo, arrossendo per aver pensato quanto fosse bello mentre dormiva, e cercai Irene con lo sguardo. Sulle sue spalle potevo vedere tutta la massa di capelli che possedeva... ricci castani morbidi e vaporosi. Assonata seguii con lo sguardo l'inizio e la fine di ogni boccolo non rendendomi conto cosa stesse guardano la mia amica. Il nulla, il nulla più assoluto dai colori verdi tipici dell'ospedale. Era in piedi davanti alla parete in fondo alla stanza, completamente assorta da qualcosa davanti a lei. Sospirava, come se stesse ammirando qualcosa di bellissimo oltre al solito muro anonimo. La testa piegata di lato con la guancia che accarezzava la morbida stoffa della sciarpa. Non osai fare rumore, non volevo che si distrasse da qualsiasi cosa stesse osservando... non riuscivo a capire... questo comportamento era collegato in qualche modo a ciò che era successo in cantina? Provai una fitta enorme al petto, terrore... terrore per lei, la mia migliore amica stava impazzendo? Cosa era successo davvero là sotto? Milioni di altre domande mi affollavano la testa e si sovrapponevano fra loro ad una velocità impressionante. Il mio telefono suonò di nuovo, niente... lei non si muoveva. Al terzo squillo sbuffò e, come se si fosse spezzato un magico filo invisibile, parve risvegliarsi e cominciò a girarsi chiamandomi, non sapendo cosa fare riabbassai immediatamente la testa fingendo di dormire. Sentii che rispondeva a dei presunti messaggi picchiettando con scatti veloci e precisi sulla tastiera, subito dopo che bloccava lo schermo, poi il metallo del cellulare vicino alla mia mano e i suoi passi che lasciavano la stanza.

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