Capitolo 13

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Urali con tutto il fiato che avevo in gola, o almeno così mi parve. Immagini confuse di luci e ombre passarono davanti ai miei occhi, come se fossero state su un nastro trasportatore e ben presto non riuscì più a distinguere la realtà dalla fantasia... "ero svenuta di nuovo? Eppure prima stavo bene... solo non vedevo con chiarezza...". Percepii una stretta su entrambe le braccia, decisa e forte... mi ronzavano le orecchie, un odore acre mi punzecchiava il naso... ricordava i boschi d'estate disseminati di pini... Mi faceva male l'incavo del collo, pulsava come quando  si veniva punti da un insetto... mi tornò in mente il capitolo sulle allergie dei Non Evoluti, che avevo letto nella biblioteca della scuola qualche giorno prima, e in particolare di come alcune foto di bubboni violacei, mi avessero disgustato. Avevo come la sensazione di fluttuare nel vuoto ma solo per metà, percepivo la parte inferiore del mio corpo che strisciava su una superficie dura e fredda, le suole degli anfibi bordeaux che stridevano sul pavimento. Improvvisamente una forza sconosciuta mi sollevò, stavo ondeggiando nell'aria ora con la testa rovesciata all'indietro che cercava di combattere contro la forza di gravità, per non staccarsi dal tronco. Non riuscivo a collegare le mie sensazioni con i ricordi, ero troppo confusa... provai ad aprire gli occhi ma la vista era offuscata. Un suono simile ad un risucchio d'aria, come di porte pesanti che vengono aperte con un colpo secco, anticipò l'arrivo di una brezza gelida che mi graffiò le guance e mi circondò le braccia nude, infilandosi sotto la canottiera nera. Odore di asfalto bagnato e benzina mi avvolgevano, il mio angelo della morte smise di camminare e aprì freneticamente quella che mi parve una portiera posteriore, dalle giunture arrugginite. Le sue mani mi adagiarono su qualcosa di morbido che puzzava di vodka e patatine al formaggio. Non riuscivo a muovere un muscolo ma la lucidità stava tornando, ero sdraiata su un sedile di una vecchia macchina e da quello che potevo vedere, parecchio disordinata. Ricordava dal volante rivestito in finto legno largo e lucido, una mustang del 1970..."proprio  come quella del nonno.".. riflettei. Provai a girare la testa per vedere meglio, ma lo sforzo mi causò una tremenda fitta alla testa, potevo sentire il pulsare del mio cuore rimbombarmi nelle orecchie, misi a fuoco un sedile di pelle con il poggiatesta  e poco più a destra il mio sguardo si incastrò in occhi scuri e fiammeggianti, solcati da sopracciglia aggrottate e... preoccupate? non mi diede la possibilità di pensarci molto perché la sua mano stava già premendo con forza un pezzo di stoffa bagnato e dal sapore acido sulle labbra e sul naso. Cercare di combattere avrebbe soltanto velocizzato l'inalazione del narcotico, così chiusi gli occhi e mi lasciai cullare verso il buio dalla vibrazione provocata dall'accensione dei motori, con la consapevolezza che al mio risveglio sarei stata chilometri lontana da casa con un ragazzo che mio padre non avrebbe mai approvato.

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