Capitolo 3

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Questa mattinata di cinque ore sembrava non avere una fine. Le lancette parevano incollate al quadrante bianco dell'orologio, appeso sopra alla grande lavagna di ardesia. I numeri, un tempo color ocra, si erano tramutati in un debole giallino sbiadito diventando perciò quasi illeggibili. I miei occhi stanchi vagavano dalle lancette al mio quaderno saturo di appunti, disegnini e frasi di canzoni buttate a caso lungo i bordi. Oggi non ne volevo sapere di stare attenta, non ci riuscivo. Aspettavo con ardore, mezza sdraiata sul banco con una mano a sorreggermi la testa, l'unica lezione che mi interessava veramente: storia e letteratura medievale. Adoro questa materia, ho una media alta e ne andavo fiera. Non mi sento in obbligo di studiarla, per paura di non essere dichiarata idonea dagli standard scolastici imposti nelle tredici regole del Nuovo Drago. Mi risulta naturale imparare tutti i suoi concetti, è come se il mio alter ego mi raccontasse storie su cavalieri impavidi e damigelle afflitte. Tanti racconti, di tante persone diverse che dividevano come me il loro vissuto. Al termine della lezione, finalmente la campanella suonò per l'ultima volta quel giorno. L'ora di pranzo era arrivata con una lentezza infinita. Raccolsi il più velocemente possibile tutte le mie cose e mi precipitai fuori dall'aula. Cercavo di sistemarmi la bretella dello zaino mentre, con la mano senza il guanto, prendevo il cellulare per accenderlo. Come ultima cosa mi chiusi la giacca e mi sistemai la lunga sciarpa grigia, con i gufetti, attorno al collo. Scendendo gli scalini, per andare a pranzo nella panetteria  dietro alla scuola, sento una voce familiare che mi chiama :<< Irene aspettami... andiamo al forno a mangiare? Oggi pomeriggio che lezioni abbiamo? Ehi hai visto come sta bene Riccardo, con la camicia da boscaiolo?>>. Lisa mi aveva raggiunto con passo veloce e agile, saltando due gradini alla volta e facendo ondulare i suoi lunghi capelli neri. Era la mia "speciale" compagna di classe, figlia del presidente del consiglio dell'Assemblea:<<parla piano, parleremo di questo quando saremo sole, o con gli altri del nostro gruppo. Per il momento siamo solo due normali ragazze che vanno a pranzo>>.  Uscimmo dall'edificio in una fredda giornata di gennaio, camminando una di fianco all'altra, le mani in tasca, i capelli al vento e gli scarponcini che battevano veloci sull'asfalto. Lisa aveva il suo solito passo lungo ed io dovetti quasi correre per stare dietro, non a caso lei era 10 centimetri più alta di me. Mi guardò sbuffando da sopra la sua sciarpa Peruviana e rispose:<<uffa Irene, come sei noiosa, non ci ha sentiti nessuno! D'accordo che sei figlia di un comandante, ma per una volta smetti di essere così rigida con il regolamento>>. Non la capivo, le regole ci permettevano di stare al sicuro, ti impartivano la disciplina. Se non ci fossero state, probabilmente i non evoluti ci darebbero ancora la caccia per violare i nostri segreti genetici, come accadde durante l'epoca medievale, soprattutto in Europa. Coloro che definivano streghe ed eretici erano semplicemente i nostri antenati. Persone come le altre, civili e innocenti, con qualche asso nella manica in più. Centinaia di vite distrutte, intere popolazioni sterminate. Morirono bruciati vivi, gettati nel fiume con pietre legate ai piedi e alle mani per farli affogare, alcuni prima di essere torturati venivano addirittura esorcizzati, poiché pensavano fossero posseduti dal diavolo. Ma il numero dei morti rimaneva sempre inferiore a quelli che resistevano, combattenti nati che difendevano le persone che amavano coi denti e con le unghie. Alcuni riuscirono a fuggire e a rifugiarsi sulle roccaforti di pietra, dove diedero vita ai primi clan. La leggenda racconta che fu l'alito del primo mostro alato delle montagne, a conferirci la nostra anima di drago, affinché diventassimo portatori di giustizia e sapere. Le norme che ci proteggono tutt'ora, furono create dai primi capi della resistenza, che in un secondo momento sarebbero divenuti l'Assemblea. È per questo motivo che sono così antiche e sacre. Sarebbe definito un sacrilegio contraddirle. C'erano però alcuni di noi, come in ogni stirpe, che avevano paura. Preferivano vivere nell'ombra, annullando la propria natura piuttosto che ribellarsi e combattere. Si isolavano, per cercare di non attirare l'attenzione di nessun uomo che non fosse come loro. Questi esiliati, per scelta, diedero vita ad un'organizzazione che non seguiva regole, vivevano la giornata cercando di sopravvivere: i mutanti.

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