Tempo perso

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La porta del negozio era già stata sfondata da qualcuno, giorni, settimane o, chissà, forse persino mesi prima, non ricordava più bene quanto tempo fosse passato. La ragazza adoperò il calcio del suo fucile a pompa per togliere uno dopo l'altro i vetri che sporgevano dallo stipite ed entrò. Lentamente, una 9 mm in una mano e un pugnale nell'altra, cominciò ad avanzare verso il bancone. Guardò dietro di esso, nessuno. Si mosse rapidamente perlustrando ogni angolo dell'unica stanza che costituiva il negozietto. Poi tirò un sospiro di sollievo, allentò la guardia e riposizionò le armi al loro posto, nella fondina e a lato dello zaino. Rimaneva allerta, al primo sottile rumore o alla prima variazione dell'aria che la circondava sarebbe stata pronta per combattere. E uccidere.

"Sei cazzuta. Sei una stronza cazzuta Elyza." si sussurrò e ridacchiò tra sé come se fosse una bella battuta.

Non sapeva bene neanche lei cosa cercasse lì dentro, un tempo le sarebbe piaciuto fare un salto in un posto come quello, ma le cose erano cambiate, il mondo era andato avanti e lei con lui. Una chitarra attrasse la sua attenzione: era nera con il classico stencil di una fiamma infernale sul davanti.

"Si adatterebbe bene alla nuova me." pensò mentre prendeva in mano la chitarra e cominciava a suonarla, in piedi, con naturale maestria. Una dopo l'altra fluivano ordinate le note di "Hallelujah", la versione di Leonard Cohen, ovviamente. Ci mancava poco che si mettesse persino a cantarla quando un profondo senso di nausea cominciò a sopraffarla. Le sembrava di sentire l'intero mondo intorno a lei contrarsi pronto a balzarle addosso come un animale in caccia, mentre quella assurda scena si consumava sotto i suoi occhi, come se quello non fosse stato neanche il suo corpo e le mani che pizzicavano le corde non le appartenessero affatto. Un mondo distrutto, putrefatto, puzzolente, marcio, ma ancora famelico, feroce, terribile. E lei, patetica preda e ferita del tempo, nel silenzio più totale, a suonare una canzone da funerale. Prese il manico della chitarra con la mano sinistra, la più forte e la più precisa e la scaglio con tutta la forza che aveva contro il pavimento. Una volta. Due volte, tre volte. Finché non la ridusse in mille pezzi. Aveva il fiato corto per quell'inutile sforzo e un sottile rivolo di sangue le rigava una guancia dove una scheggia impazzita l'aveva colpita.

Era arrabbiata, Elyza, anzi era proprio incazzata nera, con quel mondo di merda in cui le toccava vivere, con tutte le scelte sbagliate, le decisioni impossibili, i sacrifici inumani e... Più di tutto era incazzata con se stessa e con quello stupido sfarfallio che la tormentava in mezzo al petto accompagnato da quell'altrettanto fastidiosa aritmia.

Si risistemò i capelli dietro le orecchie e cominciò a respirare lentamente, cercando di calmarsi. Solo allora si accorse di uno strano ticchettio perfettamente ritmico che proveniva da qualche parte alle sue spalle. Si voltò lentamente con la mano sul calcio della pistola, non si sa mai. Vide la fonte del rumore: era un metronomo manuale, piccolo e perfettamente funzionante che chissà come in quel macello si era messo a ticchettare. Rimase incantata a osservarlo, rapita da quel ritmo così perfetto che riusciva inspiegabilmente a calmarla e a rendere quasi sopportabile ai suoi orecchi lo scostante perdersi di un battito del suo cuore ogni tre o ogni quattro.

Afferrò il metronomo, poco distante, sparpagliati su di uno scaffale, ce ne erano altri 10, tutti all'apparenza funzionanti. Li prese tutti e li infilò nella tasca davanti del suo zaino. Poi si affrettò ad uscire da quel posto, la puzza di muffa cominciava a intasarle il naso.

Una volta fuori notò un simpatico trio di zombie zoppicare senza meta in lontananza, non aveva di che preoccuparsi, ci avrebbero messo troppo ad arrivare. A passo svelto costeggiò il negozio e infilò nel vicolo accanto ad esso. Lì aveva parcheggiato la sua adorata Harley, rubata a Los Angeles poco dopo che tutto era cominciato, ma prima che le cose come quella cominciassero a diventare davvero preziose. Vi saltò sopra, la accese e con una sapiente breve serie di manovre girò la moto e partì.

La Volpe e La Cicogna [LEXARK]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora