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Presi il mio zaino e lo riempii dei libri che mi sarebbero serviti per svolgere le lezioni.
Scesi le scale e salutai mia madre che intanto si era un po' ripresa.
"Avvisami quando arrivi e ricordati che lui ti deve accompagnare a casa." il suo viso nel frattempo si era oscurato e ciò mi aveva un po' preoccupata.
"Tranquilla mamma, siamo solo amici, anzi, amici di studio. Niente di più. Non serve che ti preoccupi così tanto e in più è un bravo ragazzo, vedrai che ti starà simpatico." ma nel frattempo che pronunciavo quelle parole, la mia mente pensava il contrario di quello che stavo dicendo. Mi diedi uno schiaffo mentale e uscii di casa.

Il freddo mi penetrava le ossa, il cielo era di un azzurro terso e il sole splendeva alto in cielo. La neve scintillava e il suo rumore scricchiolante sotto le mie scarpe rompeva il silenzio di quella giornata.
Gli alberi spogli incorniciavano un vialetto che costeggiava il borgo dove si trovava la mia casa.
Un senso di malinconia e felicità, allo stesso tempo, si insinuò dentro di me.

Camminai per un quarto d'ora; il mio naso era di un rosso acceso e le mie guance erano dello stesso colore, donandomi quest'aria da ubriaca.
Non sentivo più le dita delle mani e dei piedi, avevo le gambe intorpidite e il viso paralizzato dal freddo polare di quella giornata.

Mi trovai davanti ad un'enorme casa bianca. I balconi e la porta di legno erano di una lavanda pastello, alle finestre erano appese delle tendine semitrasparenti che lasciavano intravedere appena l'interno della casa.
Il giardino era curato ma gli alberi spogli donavano ad esso un tocco in più, che trovavo suggestivo.
Alle spalle della casa si potevano intravedere le montagne innevate, chiaramente visibili grazie alla stupenda, ma fredda, giornata.

Mi avvicinai al cancelletto d'entrata e suonai al campanello.
Vidi qualcuno affacciarsi da dietro le tende, e sorrisi notando la tenerezza del volto che si trovava dall'altra parte.
Lo vidi sorridere.
Il respiro mi mancò.

Sentii il cancelletto aprirsi e in contemporanea anche la porta lavanda, mostrando al suo interno un Jimin più sorridente che mai.
Ma rimasi lì.
Incantata.
I suoi capelli.
Erano di un rosa pastello.
Gli cadevano morbidi sul volto, sembrava un fiore di ciliegio appena sbocciato.
"Vuoi rimanere fuori al freddo?"
urlò, disincantandomi dai miei pensieri.
"Non ci penso nemmeno" urlai a mia volta e entrai in quella casa.

Subito una gradevole fragranza di incenso mi accolse, insieme ad un caldo torpore che avvolse il mio corpo.
Mi guardai attorno e notai che la casa era tutta il legno, con un enorme camino di pietra incastonato nella parete laterale del salotto, davanti ad un divano grigio chiaro. Ma la mia attenzione si spostò immediatamente al ragazzo davanti a me, che mi guardava sorridente.
"Benvenuta a casa mia. Dammi pure il cappotto e il resto che li appoggio sull'attaccapanni"
Gli consegnai tutto e lo sentii sussurrare "quanto può essere carina".
Mi sentii avvampare.

"Vieni pure da questa parte"
urlò dalla stanza adiacente al salotto.
Mi incamminai e mi trovai davanti un bellissimo tavolo di vetro circondato da delle sedie di legno di noce.
Rimasi incantata dalla bellissima parete di pietra, incastonata da delle luci soffuse che provenivano da dei led posti al posto di alcune pietre, creando un'atmosfera calda, accogliente.

Lo sentii ridere e mi girai.
"Sembri una bambina..." i suoi occhi erano dolci, e il suo sorriso ancora di più.
"Con quelle guance arrossate e la tua espressione di stupore mi viene voglia di abbracciarti"
"E allora fallo" risposi senza neanche pensarci.
Quando mi resi conto di quello che avevo detto, era ormai già troppo tardi.
Le sue possenti braccia mi stavano circondando la vita e le sue mani mi accarezzavano la schiena.
Un brivido mi percorse quest'ultima e chiusi gli occhi.
Aspirai il suo dolce profumo dall'essenza vanigliata.
Appoggiai la testa sul suo petto e ascoltai il battito del suo cuore, aumentare secondo dopo secondo.
Il calore del suo corpo mi provocava piccole scosse di piacere, causate dalla differenza delle nostre temperature corporee.

E rimanemmo così. Per un tempo che sembrò un'eternità, troppo breve per essere chiamata eternità.

τнε lσsτ sϻιlε•ᑭᒍᗰDove le storie prendono vita. Scoprilo ora