12.

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15 gennaio

Louis era stato molto indaffarato per tutta la notte.
In reparto c'era il delirio, un caso peggiore dell'altro. Aveva passato un intero turno di guardia a gestire pazienti difficili, ed ora stava bevendo un pessimo caffè per affrontare le visite ambulatoriali.
Mentre attendeva che il PC si accendesse, spaziò con lo sguardo sul parco innevato, fuori dalla vetrata. Era veramente stanco.
Il primo appuntamento era con Harry. Sospirò, appoggiandosi indietro allo schienale della sedia. Quel ragazzo era un caso chiuso, ormai. Continuava a vederlo non perché necessitasse di essere seguito ancora da uno psicoterapeuta, ma perché la madre non si rassegnava della scelta di non usare l'impianto, ed Harry si era attaccato a quelle sedute come se non si rendesse conto che, oramai, non ne aveva più bisogno.
Aveva intenzione di dirgli che, per quel che lo riguardava, avrebbero potuto iniziare a vedersi più di rado.
Non voleva ammetterlo, ma la cosa gli dispiaceva in un modo che non sarebbe dovuto essere. Si era affezionato sinceramente... e gli dispiaceva non vederlo più.
"Sei un coglione, Louis" si rimproverò per l'ennesima volta. Di solito riusciva a mantenere un distacco professionale.
-È permesso?-
Eccolo lì, con quegli occhi verdi che, a volte, disturbavano il suo sonno.
-Ciao, Harry. Accomodati-
-Ciao, Louis- gli sorrise il ragazzo, presentandogli un caffè macchiato spolverato di cacao ed un sacchetto di panetteria.
-So che hai avuto il turno di notte, così ho pensato che avresti fatto volentieri colazione- disse Harry, sedendosi.
Louis, che aveva appena gettato via il contenitore dell'infimo caffè dell'ospedale, lo accettò sentendosi scaldare il cuore.
-Proprio come piace a me. Peccato che non tutti i miei pazienti siano come te- scherzò, mentre adocchiava un muffin ai mirtilli.
-Beh, cosa mi dici?Come vanno le lezioni?- Gli chiese, addentando subito dopo il dolcetto.
-Tutto bene. Sto seguendo le lezioni, capisco tre quarti di quello che viene detto perché la connessione è scadente, ma integro con le dispense e un paio di compagni mi stanno aiutando, abbiamo deciso di creare un gruppo di studio-
Louis, a quelle parole, sentì un morso di gelosia.
-...Bene. E tu come ti senti?-
-Louis, se parli con la bocca piena non capisco nulla-
-Oh, sì. Scusa. Dicevo: come ti senti?-
-In generale abbastanza bene, ma oggi non lo so- rivelò il ragazzo, guardando fuori dalla vetrata.
-E come mai?-
-Oggi è il quindici gennaio. Un anno fa è morto Adrien. Non so come mi sento. Come dovrei sentirmi?-
Louis lo guardò seriamente:
-Non ci sono emozioni giuste o sbagliate, in questo caso. Ci sono le tue emozioni, e in ogni caso vanno bene-
-Pensavo che oramai, Louis, potremmo vederci meno sovente. Cosa ne dici?-
La proposta spiazzò completamente il medico, che esitò.
-Ci stavo pensando anch'io, in realtà. Potremmo diradare gli appuntamenti. Te la senti?-
-Certo. Non sento più il bisogno di essere un tuo paziente-
-Ok, Harry. Ma come mai sei giunto a questa conclusione?- Volle sapere Louis, smarrito dalla velocità degli eventi. Non era pronto a non vederlo più.
-Perché da un po' non vedo più risultati, Louis. Vengo volentieri per chiacchierare con te, ma potremmo fare lo stesso anche davanti ad un caffè al bar. Quello che non capisco è perché la stiamo tirando per le lunghe. È per mia madre? Per l'impianto?-
Louis arrossì. Harry aveva perfettamente ragione, aveva prolungato le sedute per svariate ragioni, la maggior parte delle quali non era il caso che esponesse ad Harry. Pensò per un minuto a come formulare una risposta, prima di dire:
-In effetti, la ragione principale era capire quanto irremovibile fosse la tua decisione in merito. Tua madre la vede come qualcosa di insoluto, ed anche come un auto-ostacolarti nella vita. In questo anno io non ti ho mai chiesto perché hai preso questa decisione, abbiamo lavorato su di te, sul superare la tua agorafobia, ed anche sulle responsabilità che senti, o sentivi, per la morte del dottor Dumont. Abbiamo parlato tanto di voi, delle tue aspettative, ed hai convenuto con me che non è colpa tua. Ma tua madre è ancora convinta che tu la pensi così. Che sia il tuo modo di punirti. Lo capisci?-
Harry annuì.
-Io lo capisco. Però vorrei che se ne facesse una ragione-
-Harry, sinceramente. Perché non vuoi più sentire?-
Louis osservò Harry stringere le labbra, spaziare con lo sguardo fuori dalla vetrata, e stare in silenzio a lungo. Poi lo inchiodò con lo sguardo:
-Posso fartelo capire. Vieni con me nel parco-

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