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29 marzo

-Senti, Harry, dobbiamo sbloccare questa situazione. Capisci anche tu che non puoi continuare così. Se non per te stesso, fallo per i tuoi. Per tua madre. Dalle un piccolo motivo di speranza. È realmente angosciata per te. So che in questo momento non te ne frega niente, ma è tua madre. Se vuoi continuare a non usare la protesi, ok. Puoi anche continuare a non parlarmi. Ma falle vedere un piccolo miglioramento, almeno scendiamo in atrio. Vengo con te. Rimango con te tutto il tempo. Non ti chiedo di uscire fino al parco, soltanto in atrio-
Louis parlava, e gli occhi di Harry erano incollati al suo viso, ma totalmente assenti.
-Mi piacerebbe sapere perché non vuoi più usare la parte esterna dell'impianto...-
-Coccinella- lo interruppe il ragazzo.
-Come dici? Cos'hai detto?- Si stranì Louis, più per la sorpresa di sentire la sua voce per la prima volta che per l'affermazione insensata.
-Ho detto: si chiama coccinella. La parte esterna dell'impianto-
-Ah... davvero? E perché?-
-Perché è tonda e ci assomiglia- rispose Harry, distogliendo lo sguardo da Louis, che subito mosse le braccia per richiamare di nuovo la sua attenzione.
-Cosa ne pensi di quello che ho detto prima? Te la senti di provare?-
-Perché hai più paura del mio non voler uscire, che non del voler tornare sordo?- Chiese Harry.
-Te lo dico se ora scendi con me. In atrio. Due minuti. È qui sotto, vicinissimo. Che ne dici?-
Harry lo guardò a lungo, facendo spaziare il suo sguardo fino ai capelli di Louis, tutti spettinato per la mania che aveva di passarsi le mani in testa, al profilo della mascella, di nuovo agli occhi blu.
-Ok- rispose finalmente.
Il sollievo nell'espressione di Louis la disse lunga sulla speranza che aveva di riuscire nell'intento. Si alzò subito:
-Dai. Ora, o mai più-
Harry si alzò a sua volta, sovrastandolo di una buona quindicina di centimetri.
-Porca miseria. Quanto sei alto?-
Ma Harry non lo stava guardando, per cui non sentì. Stava fissando nervosamente la porta dell'ambulatorio.
Louis gli passò una mano dietro alla schiena, sospingendolo.
-Dai. Un passo avanti all'altro-
Ma anche questo si perse nel vuoto. Gli strinse brevemente un braccio per rassicurarlo, mentre apriva la porta e lo guidava lungo il corridoio. Notò con la coda dell'occhio che Harry posava continuamente una mano al muro, per rassicurarsi, e iniziava a mostrare segni di nervosismo.
Lo bloccò per farlo girare verso di sé:
-Sono qui con te. Non ti succederà niente-
-Mi sento malissimo-
-Harry, guardami. Non sta succedendo niente. Va tutto bene-
-Voglio tornare in camera mia-
-Harry, o lo fai adesso, o non lo fai più. Stiamo giù un minuto. Te lo chiedo per favore. Non succederà niente-
Harry lo fulminò con lo sguardo, puntandogli addosso le iridi verdi come se volesse incenerirlo.
-Fidati. Vieni-
-Non posso-
-Sono qui, con te. Non succederà niente-
-Ti parlo, non è già un passo avanti?- Sbottò Harry.
-Non è abbastanza. Forza-
-Ti odio-
-Me lo dicono spesso i miei pazienti, per cui la cosa non mi turba. Forza-
-Louis, seriamente. Mi viene da vomitare-
Il colorito di Harry, in effetti, confermava. Era pallido e sudorante.
-Harry, diamo un calcio a questo problema. Dammi le mani e guarda me. Non lascerò che ti succeda nulla-
-Cazzate. Non hai questo potere-
-Cosa hai paura che succeda, in atrio?-
-Vomiterò, mi sentirò male, avrò un infarto, e tu non potrai fare nulla perché non dipende da te-
-Non succederà nulla di tutto ciò. Forse vomiterai, ma non avrai un infarto. Sei giovane ed il tuo cuore è perfetto. E poi sei in ospedale, per cui non c'è posto migliore per sentirsi male-
-Ti odio. Perché mi fai questo?-
-Perché sono il tuo medico e perché è la cosa giusta da fare, e lo sai anche tu-
-Oddio, mi sento male...-
Harry si chinò in avanti, mentre Louis spostava tempestivamente davanti a lui un cestino col piede. Il ragazzo ebbe dei conati, vomitando. Gli passò delle salviette, mentre delle infermiere si avvicinavano.
-Per favore, vorrei un sacchetto per il vomito, dei telini e dell'acqua- chiese loro Louis.
Poco dopo, Louis passò ad Harry la bottiglietta.
-Sciacquati la bocca e passati questo telino bagnato sulla nuca e sul viso. Funziona-
Il ragazzo borbottò, eseguendo. I ricci sudati gli si appiccicarono ancora di più sulla fronte, ed a Louis fece quasi tenerezza.
-Dai. Vieni con me-
Lo prese per un braccio, tirandolo leggermente verso le scale.
Sapeva di star calcando la mano, ma voleva dimostrargli che era in grado di farcela, di reagire, di tirar fuori la testa da sott'acqua.
Passo dopo passo, lentamente, arrivarono giù. Louis ignorò colleghi e pazienti che lo salutarono nel tragitto, tenendo gli occhi in quelli di Harry e prestando attenzione soltanto ad Harry.
-Va tutto bene. Arriviamo a quella panchina-
-Ti ucciderei- si lamentò Harry.
-Mi ringrazierai per questo-
-Ho bisogno di vomitare, mi sento male, basta!-
-Vieni. Ce l'hai fatta, sei già in atrio. Vedi? Siamo qui. Non succede niente- lo confortò Louis, sedendosi sulla panchina. Harry vomitò di nuovo nel sacchetto, iperventilando.
-Sei bravissimo. Ce l'hai fatta. Ora fai dei respiri profondi, e prova a calmarti. Focalizzati su qualcosa-
Harry era agitato ed aveva gli occhi dilatati dalla paura. Si girò attorno, e poi fissò Louis.
-Stai fissando me? Bene. Concentrati solo su di me. Vedi? Non succede niente. Siamo qui seduti, e va tutto bene. Focalizzati su questo pensiero-
Harry degluti', cercando di regolarizzare il respiro, che aveva affannoso.
-Possiamo tornare indietro?-
-Solo un momento. Voglio che tu capisca che sei al sicuro. Non ti succede niente. Calmati-
Harry continuò a fissarlo a lungo,  patendo le pene dell'inferno, ma Louis vide che un barlume di consapevolezza aveva iniziato a farsi strada.
-Perché è più importante questo, che non la coccinella?-
-Perché anch'io sono stato agorafobico, e ancora adesso soffro di claustrofobia. So cosa stai patendo-

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