XVIII

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-"Sei ubriaca!" si accigliò Marcus impossessandosi del mio bicchiere.
-"Che razza di gentiluomo sei, non si ruba il cocktail di mano a una donna" miagolai infastidita seduta sui talloni con indosso una casacca troppo corta per essere considerata un maxi vestito e troppo sopra le righe per essere indossato senza un pantaloncino o un collant sotto. Ovviamente non era un vestito adatto a me, ma era sicuramente un pezzo pregiato e senza dubbi particolare della collezione primaverile di Savannah e mi spiaceva che la mia paranoia delle cosce troppo grasse stesse sformando quel indumento più unico che raro. Da un momento all'altro l'avrei trasformata in una tunica.
-"Sei ubriaca" disse d'un tratto Marcus infastidito e inginocchiandosi di fronte al mio nuovo regno di super alcolici fallito.
-"È impossibile!" singhiozzai.
-"Sicura? Quanta vodka hai bevuto?"
-"Dei bicchieri piccolissimi" risposi mettendo a fuoco la tazzina da caffè che avevo in mano.
-"Quanti bicchierini piccolissimi hai bevuto di grazia?" continuò sogghignando. Dio questo è il suo sorriso strappamutande. Non posso. Non devo. Quanto è bello però.
-"84" singhiozzai vergognandomi.
-"Ah Rossa" sospirò "sei un lavoro a tempo pieno" disse cercando di tirarmi su ma come bruciata da fiamme incendiarie mi alzai da sola.
-"Io non sono un lavoro"  risposi barcollando e tenendo stretto il parapetto del frigo bar per non perdere l'equilibrio. Dannazione, era tutto troppo traballante per i miei gusti.
-"Sei un lavoro particolarmente affascinante" mormorò al mio orecchio "Il più bel lavoro della mia vita"
-"Allora lasciami dire che hai vissuto una vita davvero schifosa" dissi quando le sue mani mi avvolsero la vita e scivolai nuovamente tra le sue braccia. Scacciai nuovamente quel contatto inatteso.
-"Molto più schifosa di quanto tu possa pensare"
-"Non ne parli mai. Perchè non racconti mai alcun particolare del tuo passato?" domandai cercando di frappore una cospicua distanza fra noi.
-"Non è una bella storia"
-"Non vado matta per le storie a lieto fine"
-"Cosa vuoi sapere?" sbuffó dolcemente e cercando di svestirmi.
-"Ehi cosa fai?" urlai come morsa da una tarantola.
-"Non puoi andare a dormire conciata così" e continuò a togliermi i vestiti come se nulla fosse senza che ci fosse alcun contatto fra noi "ti ho già visto in déshabillé. Smetti di coprirti"
-"Be non voglio che tu mi riveda come mamma mi ha fatta"
-"Troppo tardi. Indossa questa" disse infilandomi una delle sue camicie. "Mi spiace che i tuoi abiti siano andati distrutti nella baraonda".
-"Non è colpa tua ma di uno spirito odioso e antipatico" e misi il broncio seduta sul bordo del letto.
Di colpo Marcus iniziò a ridere. Una risata vibrante, calda, rinvigorente.
-"Perché ridi?" dissi seria.
-"Una volta avevo un cane che metteva il broncio proprio come te. Dopo che mia madre mi rimboccava le coperte, poggiava la testa sul bordo del letto e metteva il broncio perché non poteva dormire al mio fianco" disse perdendosi nei ricordi e cambiando espressione. "Alle volte però cedevo alle sue lusinghe e dormiva sotto le coperte con me. Ho preso molte bastonate per questo" e un lieve sorriso sghembo comparve sul suo volto ma subito quella piccola ruga triste fece capolinea sulla sua fronte portando molta tristezza e amarezza. "Non pensavo ad Arnica da millenni. Che stranezza!"
-"Dovresti rimodernare il tuo arsenale. Darmi della cagna non è un bel complimento"
-"Amavo quel cane come non mai" e continuò a fissarmi.
-"Dovrei andare a dormire" proferii a disagio.
-"Si dovremmo andare a dormire" disse spogliandosi.
-"Fermati"gridai
-"Cosa diavolo ti prende?"sbottó mostrando i suoi dorsali da nuotatore incallito e poi guardandomi negli occhi mi trovai di fronte il suo petto villoso.
-"Non puoi spogliarti qui e sicuramente non possiamo dormire nello stesso letto"
-"Dio Santo Selene l'alcool uccide i tuoi neuroni a tal punto? Ti ricordo che abbiamo anche già scopato. Cos'è tutto questo pudore!"
D'un tratto come una matta iniziai a camminare sul letto avanti e indietro e con la vista annebbiata iniziai uno sproloquio spropositato.
-"Marcus cosa non capisci di tutto quello che è successo? Mio padre uccide mia madre a sangue freddo e poi cerca di uccidere i suoi stessi figli. Senza volerlo mi trovo ad essere accusata dell'omicidio di mio padre e scopro non solo che mio fratello è un succhialinfa che può sterminare un intera razza di esseri umani ma che faccio anche parte di una congrega segreta di cui guarda caso sono l'unica supersiste, che non solo può salvare il suo stesso fratello da morte certa ma anche il futuro dell'umanità dipende da capacità di cui non sono stata a conoscenza per 24anni. Poi come se non bastasse, mi trovo a collaborare con un morsit mandato ad uccidermi che invece finisco per scoparmi. Mi ritrovo nuovamente alle strette quando baratto la mia vita con il volto angelico più letale del mondo e mi tocca sorbirmi non solo una scenata di gelosia da parte tua per la mia incapacità di portare avanti un piano che addetta tua era infallibile,dubito di ciò, ma vengo anche posseduta da un cazzo di fantasma psicopatico che è stata violata ripetutamente da diversi morsit e poi bruciata viva" prendo fiato e con le lacrime agli occhi salto giù dal letto e lo osservo dritto negli occhi. Deglutisco e senza esitare continuo il mio discorso ormai in ascesa:
"l'unica cosa che mi rimaneva era il controllo di me stessa. Tutto è finito fuori controllo, tutto. Adesso ho anche paura di toccarti perché senza volerlo Sophia potrebbe tornare fra noi e far fuori anche te. E questo non potrei sopportarlo. Non potrei" dissi sussultando.
Marcus non dava segni di vita. Non rispondeva. Non fiatava. Le lacrime continuavano a solcarmi il viso veloce e salate. Non riuscivo a placarmi, ero un ammasso di lacrime e irritazione. Maledizione. Il morsit era paralizzato. Ma perché l'alcool mi scioglie la lingua a tal modo. Avevo bisogno di un momento, di un dannato momento con me stessa. Corsi in bagno chiudendo la porta alle mie spalle. La situazione non migliorava, continuavo a piangere senza sosta e poi la porta si aprii spostando il mio corpo insieme ad essa.
-"Selene fammi entrare per favore"
-"Va via Marcus ho bisogno di un momento per calmarmi"
-"No"disse.
-"Perché diavolo non mi lasci in pace?"gridai contro di lui. Ma di nuovo nessuna reazione riuscii solamente a bisbigliare
-"Selene calmati"
Cercava di cancellare le lacrime con i suoi polpastrelli sottili ma li scacciai malamente.
-"Cosa non capisci delle parole LASCIAMI IN PACE?" e inizia a colpirlo. Prima sul petto e poi sul viso. Pugni, schiaffi, graffi, stava subendo tutto come una statura di ghiaccio impassibile.
-"Hai finito?" rispose quando la mia ira molesta si placó.
-"Ti odio" urlai contro di lui a un palmo dal naso.
-"Non lo pensi davvero"
-"Ti odio. Ti odio per essere così dannatamente protettivo con me, ti odio per come mi fai sentire, ma sopratutto ti odio perché mi sto innamorando di te e non dovrei farlo. Secondo le regole che regolano l'universo, dovrei semplicemente odiarti, tutti si aspettano questo dall'eletta. Ma odiarti, odiarti è la cosa che più mi sfinisce. E non posso odiarti, non posso".
-"Non farlo"
-"Devo. Per questo non voglio che tu dorma con me, per questo non voglio che tu mi tocchi perché con te non riesco ad essere lucida. Penso a come mi fai sentire e avrei voglia di mandare tutto a puttane e rimanere sola con te. Ma non posso"
-"Non devi mandare tutto al diavolo per stare con me. Non te l'ho chiesto"
-"Ma lo farai. Arriverà il momento in cui mi chiederai di scegliere tra te e il mio nuovo essere l'eletta. Io non posso scegliere. Non so scegliere, non so neanch'io chi sono. Adesso so solo che sono un incidente stradale vivente e tutti rallentano per vederne i rottami e rubare i pezzi ancora utili".
-"Ti prometto che non ti metterò mai davanti a una scelta del genere. Non sono mai riuscito a sentirmi parte integrante in nessun luogo o razza in particolare. Mi sono sempre sentito un alieno. E da quando ti ho incontrato mi sono sentito come un alieno a cui viene concesso per la prima volta la possibilità di provare emozioni umane. Amore, gelosia, rabbia, euforia, potrei andare avanti per ore" disse afferrandomi per le braccia "Dio donna non capisci che ti amo"
Cercai nuovamente di liberarmi da quella stretta.
-"Non lo pensi davvero. Non puoi dirlo davvero" tuonai cancellando quelle parole dalla mia mente. "Se stai con me ti farò solo del male, chiunque mi sta vicino fa una brutta fine" dissi quasi minacciando me stessa.
Marcus iniziò a scuotermi e poi parlò in maniera calma e ferma:
"Smetti immediatamente di pensare certe cose. Selene smettila" ma continuavo a urlagli contro. Senza rendermene conto mi trovai sotto il getto gelido della doccia. Il morsit  aveva trascinato il mio corpo nel lussuoso box doccia in cristallo della suite.
-"Calmati Ragazzina. Per favore calmati" disse accarezzandomi sotto il getto dell'acqua.
Iniziai a singhiozzare sul suo petto persa in quell'abbraccio caldo e umido.
-"Shh amore mio. Basta. Smetti di piangere".
Ero ancora accasciata su di lui quando finalmente smisi di piangere. Marcus non aveva smesso un attimo di accarezzarmi e baciarmi. Non mi aveva abbandonato un attimo. L'acqua continuava a scorrere sui nostri abiti eppure quello strano calore umido era rassicurante.
Alzai finalmente la testa per incontrare il suo sguardo e lo baciai in punta di piedi per sentire il suo tocco. Dio adoravo il suo profumo inebriarmi i sensi.
-"Fai l'amore con me Selene"chiese implorante e approfondendo il bacio casto appena scambiato.
Le sue mani avevano travolto il mio ammasso di capelli ormai fradici e senza ulteriori indugi slacciai i suoi pantaloni. La risposta di Marcus non si fece attendere, sfilò la camicia che indossavo e la biancheria intima in pochissimi secondi. Con la schiena contro il marmo freddo e le gambe avvinghiate alla sua vita mi ritrovai la sua verga pulsante dentro di me. Un senso di completezza e pace mi stava divorando. Le sue spinte erano possenti, non c'era nulla di delicato in tutto ciò. La sua bocca non si staccava dalla mia se non per fissare bene il concetto che continuava a esprimere da ore:
-"Ti amo Selene ti amo".
Poi quasi ravveduto disse: -"Non così, dovrebbe essere diverso".
D'un tratto ero distesa su un costoso letto di piume d'oca di un hotel stellato con un un uomo fermo e immobile dentro di me che mi mordicchiava il collo.
-"Voglio che tu capisca quanto io abbia bisogno di te. Quanto io faccia sul serio" e poi mi prese con una lunga e possente spinta che mi fece innarcare la schiena. La sua bocca era scesa sui miei capezzoli turgidi e dolenti. Di nuovo un'altra lenta e lunga spinta vigorosa che mi fece percepire in tutta la sua vorace lunghezza la virilità dell'uomo che mi stava possedendo.
-"Marcus ti prego" ansimai muovendomi contro di lui e facendolo sussultare.
-"Io mi sento cosi. Spezzato, a metà senza di te. Capisci come mi fai sentire? Devi parlare con me Selene solo cosi potremo stare bene entrambi. Lo capisci?" disse iniziando a muoversi con una lenta e tortuosa andatura.
-"Marcus" ansimai.
-"Quando siamo insieme invece ..." sbiascicó al mio orecchio insinuando  due dita in cerca del mio clitoride e spingendo il suo membro sempre più in profondità e iniziai a muovermi convulsivamente sotto di lui. Dio sapeva assolutamente dove mettere le mani. Un ondata di piacere animalesco mi investí e senza trattenermi mi aggrappai alla sua schiena per non perdere ogni centimetro del suo ritmo. Poi la sua mano lasció spazio al suo membro ormai pronto ad esplodere.
-"Dillo Selene di cosa provi quando siamo insieme. Dilloo" gridò venendo in un'ultima spinta e senza alcun preavviso urlai: "Ti amo" e mi accasciai sotto di lui esausta e sudata.
-"Ti amo Rossa".

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