Taehyung

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Un tempo, in una città, vivevano un Re e una Regina che avevano tre bellissimi figli: due figlie di cui la bellezza poteva essere celebrata con lodi umane, ma la bellezza del terzo figlio non poteva essere lodata da parole mortali poiché risultavano insufficienti e limitate a descrivere tale bellezza.

Una bellezza che poteva essere solo divina.

Sia la gente della città che i forestieri, attratti in gran numero dalla fama di tanto prodigio, restavano meravigliati dinanzi ad un simile miracolo di bellezza: portavano la mano destra alle labbra e lo adoravano con religioso rispetto come se fosse stata Venere in persona. Si era, infatti, sparsa la voce nelle città vicine e nelle terre confinanti, che la dea nata dai profondi abissi del mare e allevata dalla spuma dei flutti, volendo elargire la grazia della sua divina presenza, fosse discesa fra gli uomini - o anche che - da un nuovo seme di stelle celesti la terra avesse sbocciato un'altra Venere di sembianze maschili, bellissimo, anche se tale parola non dona giustizia alla sua bellezza.

***

Il tempo passava e quelle voci cominciarono a diffondersi nelle isole vicine e poi più lontano in molte regioni del continente. Folle di pellegrini sempre più numerose facevano lunghi viaggi, attraversavano mari profondi per vedere la sua straordinaria bellezza, il miracolo del secolo. Nessuno faceva più visita ai santuari di Venere; alla dea non si facevano più sacrifici, i suoi templi erano abbandonati a loro stessi, i suoi sacri cuscini calpestati, le cerimonie trascurate, vuoti i suoi altari e ingombri di cenere spenta. Al signorino si innalzavano preghiere, e si placava il nume di una dea potente come Venere adorando un volto umano.

Al mattino quando il giovane usciva, a lui si apprestavano vittime e banchetti invocando il nome di Venere assente e, quando passeggiava per le vie, il popolo gli si affollava supplice intorno con fiori e ghirlande. Tutto questo rattristava il giovane che, conservando la sua gentilezza - seconda solo alla sua stessa bellezza - sorrideva a tutti ma l'immagine di quei poveri animali sacrificati per lui lo tormentavano ogni notte. Lui non era Venere e non voleva esserlo, alcune volte avrebbe voluto nascere come la persona più brutta solo per poter vivere felicemente la sua vita e non esser costretto a vedere tali atrocità.

Questo eccessivo tributo di onori divini ad un giovane mortale suscitò lo sdegno violento della dea Venere che, scuotendo fieramente il capo e mal celando la collera, cominciò a ragionare:

"Ecco che io, l'antica madre della natura, l'origine prima degli elementi, la Venere che dà vita all'intero universo, sono ridotta a dividere con un misero mortale gli onori dovuti alla mia maestà e a veder profanato il mio nome. A nulla è valso allora che quel pastore, la cui giustizia e lealtà fu riconosciuta dallo stesso Giove, scelse me, per la straordinaria bellezza, fra dee tanto più illustri. Ma non se li godrà a lungo costui, chiunque sia, osa usurparmi gli onori: gli farò pentire della sua bellezza immeritata."

E chiamò il suo alato figlio, che infischiandosene della pubblica morale, ha la pessima abitudine di andarsene in giro armato di torce e di frecce, di entrare di notte nelle case della gente a profanare letti nuziali insomma era un combina guai. Sebbene fosse un briccone e uno sfacciato per natura, lei questa volta lo incoraggiò con le sue parole: lo condusse fino alla città del giovane e gli raccontò gemendo e fremendo d'indignazione tutta la storia.

"Ti prego. - gli diceva - in nome dell'affetto che provi per me, fa' che tua madre abbia piena vendetta, punisci senza pietà questa bellezza insolente. Fa' che quel ragazzo si innamori pazzamente dell'ultima persona, della persona a cui la sfortuna l'ha particolarmente colpita nella posizione sociale, nel patrimonio, nella stessa salute, caduto così in basso che sulla faccia della terra non se ne trovi nessuno come lui disgraziato."

Così gli parlò stringendosi forte al seno quel suo figliolo e baciandoselo a lungo. Poi si diresse alla spiaggia vicina e sfiorando con i rosei piedi celesti la cristallina acqua salata, stette sulla calma superficie del mare; il mare le rese omaggio, ad un suo cenno, com'ella desiderava. Le figlie di Nereo le danzarono intorno cantando in coro, e Portuno con l'ispida barba azzurra e Solacia col grembo colmo di pesci e il piccolo Palemone che cavalcava un delfino. Qua e là fra le onde esultavano a schiera i Tritoni, l'uno soffiava dolcemente nella conchiglia sonora, un altro con un velo di seta faceva schermo all'ardore molesto del sole, un terzo sosteneva uno specchio dinanzi gli occhi della dea, gli altri nuotavano a coppie aggiogati al suo cocchio.

Un tal seguito scortava il viaggio di Venere verso l'oceano.

Così la vendetta di sua madre era stata affidata a lui, Jungkook, chiamato da tutti Eros il dio dell'amore, che non aveva osato dire alla madre del suo segreto innamoramento per quel bellissimo mortale che competeva in bellezza con Venere.

Ma intanto il giovane chiamato Taehyung, bellissimo com'era, non ricavava alcun frutto dalla sua grazia. Tutti lo ammiravano, lo lodavano, eppure nessuno lo amava veramente, si fermavano tutti alla sua perfezione non andavano oltre. Restavano lì a contemplare quelle divine sembianze come si ammira una statua di suprema fattura ma lui non era un dio, non era Venere era solo un mortale che desiderava amare ed essere amato.


Un giorno le due sorelle più grandi, la cui modesta bellezza era passata inosservata al gran pubblico, si fidanzarono con principi e celebrarono nozze felici mentre Taehyung, rimasto vergine, solo nella vuota casa, piangeva triste e sofferente finendo per odiare la sua stessa bellezza, quella che tutti ammiravano. Suo padre, il Re, intristito dalla sventura di suo figlio, temendo una maledizione celeste e la collera degli dei, interrogò l'antichissimo oracolo del dio Milesio che con preghiere e con vittime chiese a questa potente divinità per il vergine delle nozze.

L'oracolo disse al Re:

"Come a nozze di morte vesti la tua fanciulla ed esponila o re su un'alta cima brulla, non aspettarti un genero da umana stirpe nato ma un feroce, terribile, malvagio drago alato che volando per l'aria ogni cosa funesta e col ferro e col fuoco ogni essere molesta. Giove stesso lo teme, tremano gli dei di lui, orrore ne hanno i fiumi d'Averno e i regni bui."



*Angolo del bradipo*

Non so come ma è venuta molto più lunga di quanto avessi programmato e quindi l'ho divisa in vari capitoli ma non temete l'ho scritta tutta quindi non vi farò aspettare molto.

Detto questo scappo fatemi sapere come vi sembra ^-^

PS: se ci sono errori o qualcosa che non va fatemelo sapere grazie <3

PS: se ci sono errori o qualcosa che non va fatemelo sapere grazie <3

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Più bello di Venere no?

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