Morte

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Sul far della notte Venere tornò dal banchetto un po' brilla, ma odorosa di balsami e con il corpo tutto inghirlandato di rose meravigliose. Vide il lavoro compiuto e cominciò a gridare: "Questo lavoro non l'hai fatto tu, furfante che non sei altro, ma è opera di colui al quale per tua e soprattutto per sua disgrazia tu sei piaciuto!" E gettandogli un tozzo di pane perché non morisse di fame se ne andò a dormire.

Jungkook: il grande Cupido, intanto, era stato isolato in una stanza tutta d'oro, la più interna del palazzo e tenuto sotto chiave, sia perché, con la sua sfrenata libidine non aggravasse la ferita, sia perché non si incontrasse con il suo amato. E così, i due amanti, passarono una notte triste, divisi e separati l'uno dall'altro sotto lo stesso tetto.

Ma quando l'Aurora spinse innanzi i suoi cavalli, Venere, chiamato Taehyung, gli ordinò: "Vedi quel bosco laggiù che si stende fin sugli argini del fiume e i cui rami più bassi quasi toccano l'acqua e vi si specchiano? Ebbene là pascolano in libertà pecore bellissime dalla lana d'oro lucente e non vi è alcun guardiano. Io voglio che tu mi porti subito, vedi un po' tu come fare, un poco di quella lana preziosa."

Taehyung si avviò, certo non per eseguire quell'ordine, ma per trovare rimedio ai suoi dolori gettandosi da una rupe giù nel fiume; ma dalla sponda una verde canna, di quelle da cui si possono trarre le melodie più soavi, quasi fosse ispirata da un dio, così gli parlò: "Oh, Taehyung, afflitto da tante pene, non profanare le mie acque sacre con la tua morte miseranda e non avvicinarti, ora, a quelle terribili e selvagge pecore, perché la vampa ardente del sole le rende ferocissime e con le loro corna aguzze e con le loro fronti dure come il macigno, talvolta addirittura con morsi velenosi, esse si avventano sugli uomini per ucciderli. Intanto finché il sole del meriggio non avrà mitigato il suo ardore e le pecore non si saranno ammansite alla fresca brezza che sale dal fiume, tu puoi nasconderti sotto quel grande platano che, insieme con me beve alla stessa corrente. Quando le pecore si saranno quietate, allora recati nel bosco vicino e scuoti le fronde e troverai la lana d'oro rimasta attaccata qua e là nell'intrico dei rami." Così quell'umile canna umanamente indicava al povero Taehyung la via della salvezza e questo non si pentì di averle dato ascolto né indugiò a seguire a ogni sua istruzione, tanto che gli fu facile compiere il furto e tornare da Venere addirittura con il grembo colmo di soffice lana d'oro. Ma nemmeno questa seconda prova, così rischiosa per giunta, gli valse il favore della sua padrona la quale, aggrottando la fronte e sorridendo amara, disse: "Non è che io non sappia chi sia stato l'autore furfantesco anche di questa impresa, ma voglio metterti ancora alla prova, proprio per vedere se hai veramente tanta forza d'animo e tanta saggezza. Vedi lassù la cima a strapiombo di quell'altissimo monte? Là c'è una sorgente le cui acque cupe scorrendo giù nel fondo di una valle vicina vanno a finire nella palude Stigia e alimentano le vorticose correnti di Cocito. Voglio che tu vada là in cima, proprio dov'è la sorgente, e che mi rechi all'istante, in questa piccola anfora, un po' di quell'acqua gelida" Così dicendo non senza minacciarlo di pene ancora più gravi, gli consegnò un'ampolla di levigato cristallo. E Taehyung a rapidi passi e l'ansia che faceva da padrona al suo animo irrequieto, si diresse alla cima del monte sicuro che lassù almeno avesse termine la sua infelice vita. Ma appena giunse nei pressi della vetta, si rese conto del rischio mortale che comportava quell'impresa smisurata.

Quella cima, infatti, enorme e altissima, liscia e a strapiombo, inaccessibile, vomitava dalle sue viscere un orrido fiotto che irrompendo dai crepacci e scorrendo poi giù per il pendio, finiva in un angusto canale sotterraneo per poi scrosciare invisibile nella valle sotto stante. A destra e a sinistra, tra gli anfratti rocciosi, orribili draghi strisciavano e rizzavano i lunghi colli, sentinelle vigilanti dagli occhi sempre aperti, dalle pupille eternamente spalancate alla luce. Del resto quelle acque che erano parlanti, da se stesse provvedevano alla loro difesa: "Vattene!" gridavano incessantemente. "Che fai qui? Bada a te! Che vuoi? Guardati! Fuggi via! Sei perduto!" Così Taehyung rimase come impietrito nella sua impotenza, presente col corpo, ma lontano coi sensi, schiacciato dall'enormità di un pericolo senza via d'uscita. Ma il tremore di quell'anima innocente non sfuggirono all'occhio attento della buona provvidenza. E così l'uccello regale del sommo Giove, l'aquila rapace, spiegò le ali e in un attimo gli venne in soccorso, memore dell'antica obbedienza, quando sotto la guida di Amore, rapì per Giove il coppiere frigio. Ora, volendo ancora una volta offrire i suoi servigi a questo potente dio e meritarsi il suo favore col soccorrere il suo sposo in pericolo, lasciò le eteree cime dell'eccelso Olimpo e cominciò a ruotare intorno al fanciullo: "O tu, ingenuo e inesperto come sei di tali cose, speri, proprio tu, di poter portar via o soltanto toccare una sola goccia di quest'acqua sacra e tremenda insieme? Non sai, almeno per sentito dire, che queste acque infernali fanno paura anche agli dei, perfino allo stesso Giove, e che se voi di solito giurate sulla potenza degli dei questi sogliono giurare sulla maestà dello Stige? Ma dammi questa anfora" E tenendola stretta si librò sulle grandi ali remiganti e volteggiò a destra e a sinistra fra denti aguzzi e lingue triforcute dei draghi riuscendo ad attingere di quell'acqua riluttante che gridava anche a Taehyung di fuggir via finché era incolume e alla quale però egli rispondeva che per ordine di Venere sua padrona era venuto ad attingere; per questo gli fu più facile avvicinarsi.

Taehyung con gioia prese l'anfora colma d'acqua e di corsa la portò a Venere. Ma neppure questa volta riuscì a placare la collera della dea crudele che, infatti, minacciando tormenti ancora più terribili, con un sorrisetto velenoso gli fece: "Credo proprio che tu sia un gran mago, di quelli malefici dal momento che hai eseguito come niente i miei ordini; ora però, mio caro, dovrai farmi anche questo: prendi questa scatola e di corsa arriva fino agli Inferi, fino al lugubre palazzo dello stesso Orco e consegna a Proserpina questo cofanetto dicendole che Venere la prega di mandarle un poco della sua bellezza, almeno quanto basti per un sol giorno perché quella che aveva l'ha consumata e sciupata tutta per curare il figlio malato. Però cerca di tornare alla svelta perché io devo proprio farmi una ripassatina prima di andare a una rappresentazione teatrale degli dei."

AlloraTaehyung comprese che per lui era davvero finita e si rese chiaramente contoche ormai Venere voleva mandarlo a morte sicura, comandandogli di andare nelTartaro con i suoi stessi piedi. Senza indugiare oltre salì allora su una altissimatorre per gettarsi a capofitto pensando che questo fosse il modo migliore e piùspedito per giungere agli Inferi.


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Amore e Psiche aka TaeKookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora