4 | dolce come il miele

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Come se non bastassero i ricordi della cannuccia e della stizza da parte di Antonella la bidella, la professoressa di matematica stava pure per darmi una nota per essere arrivata in ritardo ma fortunatamente alcuni miei compagni testimoni di ciò c...

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Come se non bastassero i ricordi della cannuccia e della stizza da parte di Antonella la bidella, la professoressa di matematica stava pure per darmi una nota per essere arrivata in ritardo ma fortunatamente alcuni miei compagni testimoni di ciò che era successo a mensa, mi giustificarono e io ne fui grata.
Le ultime due ore di lezione finirono bene senza interrogazioni nè verifiche e richiami per la mia disattenzione.
Uscii per prima dalla mia classe, tenendo una sola cinghia sulla spalla e venni così bruscamente spinta da qualcuno, rischiando di perdere l'equilibrio.
Sospirai, mantenendo la mia posizione e cercando di calmarmi fino a quando sentii la voce di Denise urlare il mio nome. Mi guardai furiosamente intorno e per fortuna non c'era traccia di Lorenzo.
La mia migliore amica mi affiancò e decisi quindi di avvertirla, prima che le cose potessero peggiorare, «Denise, perfavore non urlare più il mio nome», dissi, lasciandola confusa.
C'incamminammo verso l'uscita e il sole quasi mi accecò. Era davvero una bella giornata ed era un peccato doverla sprecare stando a casa tutto il giorno.
«Perché?», domandò la ragazza, portandosi una ciocca di capelli neri dietro l'orecchio.
«Fallo e basta, ti spiegherò più avanti», dissi casualmente e improvvisamente sentii delle mani aggrapparsi bruscamente alle mie spalle, facendomi quasi cadere.
«Ma che avete tutti voi oggi?!», urlai, voltandomi e trovandomi faccia a faccia con Lorenzo.
Mi allontanai immediatamente, sentendo le guance andare a fuoco. Mi affiancò e quando mi girai alla mia destra, non trovai traccia di Denise che in quel momento assunse il premio della miglior traditrice del mondo.

Proseguimmo la nostra strada verso la fermata dal tram silenziosamente, io con lo sguardo chinato a terra, mordicchiandomi il labbro inferiore e come sempre persa tra le mille conversazioni che potrei iniziare.
Arrivammo in meno di cinque minuti alla fermata, questa volta non dovevamo aspettare tanto per l'arrivo del tram e ne fui grata. Appoggiandomi contro il muretto, osservai i binari e sospirai.
«Com'è andata oggi?», domandò vagamente il ragazzo accanto a me e io feci spallucce.
«Non c'è male», dissi, portando poi lo sguardo al cielo, dove il sole splendeva come non mai, illuminando il viso pallido di Lorenzo davanti a me che a sua volta, rivolse il volto verso in alto, socchiudendo gli occhi e sorridendo.
«Perché sorridi?», domandai, curiosa e lui si voltò a guardarmi negli occhi.
«Mi sono ricordato una storia che mi raccontò mia nonna da piccolo, le chiedevo sempre di raccontarmela prima di dormire, anche se la sapevo a memoria», fece, mettendosi le mani in tasca e appoggiandosi come me al muretto.
«Che storia era?». Sembrava felice che io gliel'avessi chiesto, come se se lo fosse aspettato.
«Del Sole, sposato con la Luna e si amavano. Ma quando si crearono il giorno e la notte dovettero vivere separatamente, il Sole a illuminare il mondo con i suoi raggi e la Luna di notte doveva stare a osservare il mondo silenzioso che dormiva. Si sentì sola, il Sole non poteva però fare nulla se non osservarla da lontano, non potendo raggiungerla».

Agrottai la fronte confusa, «E finisce così?», domandò.
Lorenzo scosse la testa e rise, «No, in realtà non era neanche cosí, ma non me lo ricordo più».
Dovetti trattenermi dal ridere e così dalle mie labbra uscì uno sbuffo. Intanto il tram non era ancora passato, ma più ascoltavo alla risata di Lorenzo, meno ci pensavo.
Rimasi ad osservare la sua figura indietreggiare per ridere e dopodichè ritornò serio, guardandomi negli occhi.
«La Luna è bella come il Sole. Sai quanto è magico vederla nel cuore della notte, camminando tra le strade silenziose, come se fossi l'unica persona esistente al mondo?», le parole mi uscirono una dopo l'altra automaticamente e dovetti abbassare lo sguardo, portandomi tutti i capelli sul viso, in imbarazzo.
Lorenzo ridacchiò, «Hey il tram è qui», mi distrasse dai miei pensieri e io mi affrettai a salire seguita da lui non appena il mezzo di trasporto aprì le sue porte.

Non c'erano posti, come al solito. Io e Lorenzo dovemmo stare attaccati come sardine contro la porta e l'unico apposito sostegno più vicino, non riuscivo neanche a raggiungerlo.
«Attaccati a me», mormorò il moro e io annuii frettolosamente, afferrando il suo braccio saldamente.
Mi sembrava di stare in quelle fanfiction amorose in cui l'autista improvvisamente faceva una frenata epica e la protagonista si ritrovava spiaccicata contro il ragazzo, eppure nella vita reale era tutt'altra roba. Intorno a noi c'era altra gente che mi spingeva un fianco, altri che si muovevano senza sosta, colpendomi la schiena, testa e chi ne ha più ne metta.
Il mio viso si stava spiaccicando contro il petto magro di Lorenzo e potei inalare il profumo che emanava, pareva tanto quella di una dolce caramella che si scioglieva nella tua lingua, lasciandoti gustare il sapore. Chiusi per un po' gli occhi, lasciandomi coccolare dal mormorio della gente nel tram, dal rumore dei binari sotto di noi e da un forte battito che sentivo di fianco al mio orecchio. Eppure non era il mio cuore.
Alzai lo sguardo incrociando lo sguardo di Lorenzo che colto alla sprovvista, si voltò immediatamente da un'altra parte, facendomi ridacchiare.

Non dissi niente, mi voltai verso la porta da dove potei vedere attraverso il finestrino il solito paesaggio che vedevo ormai da anni, siccome prendevo sempre lo stesso tram. Sospirai, osservando poi il riflesso e notando che accanto a me avevo una signora bassa e robusta di origini spagnole che stava guardando qualcosa al telefono, con il viso corrucciato.
Sentii qualcuno picchiettare sulla mia spalla e mi voltai verso Lorenzo, «Hai programmi per stasera?», alzò un angolo della sua bocca, formando un ghigno.
Scossi velocemente la testa.
«Neanche io», rispose vagamente, «Ti va di andare da qualche parte?».
Quasi mi soffocai con la mia stessa saliva e il mio cuore prese a battere forte come se fossi stata colta di sorpresa a rubare delle caramelle in un negozietto con una vecchietta come proprietaria.
Per quanto volessi uscire anche per prendere un po' d'aria fresca, sapevo che i miei genitori non me lo avrebbero mai permesso, soprattutto con un ragazzo.

«Boh, vedo se posso», risposi. Dentro di me sentii come delle dita pizzicare allegramente sopra i tasti di un pianoforte, lasciando uscire da esso una forte melodia che tamburellava nel mio stomaco.
Mi morsi il labbro inferiore cercando di trattenere il grosso sorriso che stava per spuntarmi dal viso e girai subito il capo verso la finestra del tram, guardando l'orizzonte.

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