2 | la scelta decisiva

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«Perfavore, possiamo parlare?», affrettai il mio passo verso la mia classe appena sentii la voce di Lorenzo

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«Perfavore, possiamo parlare?», affrettai il mio passo verso la mia classe appena sentii la voce di Lorenzo. Tutti gli studenti ormai ci guardavano, curiosi di sapere cos'era successo, tanto per aggiornare le voci di corridoio dell'istituto.
Per poco non urlai quando sentii la sua mano afferrare saldamente la mia spalla, costringendomi a girarmi verso di lui.
Non ebbi neanche il coraggio di guardarlo negli occhi, l'immagine di quello che era successo la sera prima più apparivano nella mia mente più mi faceva sentire come se tra di noi due ci fosse veramente qualcosa. Eppure ero fuggita, senza neanche guardarlo negli occhi, avevo lasciato le sue labbra assaporare di nuovo l'aria fresca ed ero scappata dalla sua visuale, cercando di scacciarlo via dalla mia mente ma con scarsi risultati.

Mi morsi il labbro inferiore, abbassando lo sguardo.
«Perfavore, guardarmi», mi afferrò improvvisamente la mano ma io lo scansai via, scuotendo la testa e notando come gli studenti stavano camminando lentamente apposta per ascoltare la nostra conversazione.
«Ho bisogno di parlarti», disse, «Ho bisogno di te».
Scossi ancora la testa, scacciando i pensieri del suo viso vicino al mio.
«Non abbiamo nulla di cui parlare».
«Federica».

Fu in quel momento in cui capii che la situazione tra di noi due era più di quello che pensavo stesse succedendo.
Alzai lo sguardo, con fronte corrugata, i suoi occhi erano lucidi, «Federica, perfavore».
«C-come hai fatto a sapere il mio nome...», sussurrai, allontanandomi di qualche passo da lui.
«Federica, devo parlarti, perfavore».
Mi morsi il labbro inferiore e annuii lentamente. La campanella suonò e tutti gli studenti intorno a noi ritornarono a muoversi come macchine verso le loro rispettive classi e Lorenzo invece, mi afferrò la mano trascinandomi verso la porta d'emergenza.
La chiuse delicatamente e io appoggiai lo zaino tra le scale, sospirando e sedendomi, il viso coperto dai miei capelli corvini, Lorenzo in piedi a me picchiettava con la suola della scarpa.

«Federica, mi dispiace», ripetè per la terza volta, ma questa volta sapevo che qualcosa non andava, c'era qualcosa che dovevo ancora scoprire, «Federica, perfavore guardami».
«Cristo, Lorenzo, cosa vuoi!», mi alzai, affrontandolo faccia a faccia, lacrime celavano di uscire ma cercai di fermarmi, prendendo un grande respiro e guardare l'orizzonte dietro di lui che ispiravano tranquillità.
«Tu non capisci cosa sta succedendo, Federica, non capisci».
«Cosa devo capire? Sei arrivato di nuovo nella mia vita e me la stai rovinando di nuovo?».
«Federica, io ti voglio nella mia vita».

Capelli svolazzanti per colpa del vento e uno sguardo corrucciato, sembrava tutto un film, in cui la telecamera girava un angolo di 360 gradi verso i due protagonisti per creare un'atmosfera di tensione.
«Ma non posso».
Chiusi gli occhi e sospirai, «Allora... Vattene», sbottai, voltandomi dall'altra parte e guardando il cielo privo di nuvole.
«Ti ho nascosto troppe cose e voglio che tu mi ascolti».
«Cosa devi dirmi, Lorenzo? Che non posso stare nella tua vita per altri stupidi motivi? Meglio così, sin dalla terza media stare nella tua vita era anche il tuo peggior incubo, o sbaglio?».
«Non mi hai conosciuto troppo bene, Federica ti credevo più brava ad osservare».

Inarcai un sopracciglio, guardandolo male. Lorenzo sospirò, afferrò il mio braccio e mi aiutò a sedermi tra le scale, la sua mano delicatamente prese ad accarezzarmi.
«Ti ho apprezzata per quello che sei, Federica, sin dalla prima volta in cui ti ho vista. Ma ogni volta che ti guardavo e ti guardo, il mio cuore si spezza in mille pezzi e la rabbia ricopre tutto l'amore che
provo per te, l'immagine di mia madre riflette completamente su di te».
Guardò l'orizzonte, rivolgendomi le spalle.
«L'immagine di mia madre descritta da mio padre era come un pezzo di puzzle che si collegava con il tuo viso e fu così che scoprii la verità. Capii anche che amarti non era possibile, era insano.
Perchè sei mia sorella».

In quel momento, il mondo si fermò.
Era indescrivibile il sentimento che provavo o almeno, il sentimento che non provavo. Era come se non avessi un cuore che batteva all'impazzata, i brividi che mi percorrevano lungo la schiena facendomela raddrizzare. Sentii ad un certo punto le lacrime rigare le mie guance.
Lorenzo si voltò e chinandosi verso di me come se sapesse già che lacrime avrebbero ricoperto la nostra conversazione, mi afferrò saldamente le mani per l'ennesima volta, «E mi dispiace perché non sono riuscito a impedire i miei sentimenti e mi sono innamorato di te, Federica».
Appoggiai la mano sulla sua nuca e presi ad accarezzargli delicatamente i capelli, iniziando a singhiozzare.

L'intera atmosfera era ricoperta dai nostri respiri corti, come se la notizia che aveva in mano la nostra vita ci avesse lasciato talmente scioccati da non saper più cosa dire.







«Che diamine ti prende?», fu la prima cosa che sentii da mia madre non appena sbattei la porta di casa e buttai a terra il mio zaino.
«Perché hai saltato scuola senza avvisarmi, ma sei scema?», mia madre apparì dalla cucina e io mi bloccai.
«Non me ne frega un cazzo», risposi e in men che non si dica, ricevetti uno schiaffo da parte sua.
Non sentii dolore, poichè quello che avevo giá portato a casa faceva più male.
La guardai negli occhi e fu in quel momento in cui il mio cuore prese a lavorare di nuovo, battendo all'impazzata, come se stesse per uscire dal mio petto e le mie gambe iniziarono a tremare.
Mi diressi di corsa verso la mia stanza, sentendo i suoi passi raggiungermi e riuscii in tempo a chiudere la porta e ad appoggiare la mia schiena su di essa, lasciando copiose lacrime scendere di nuovo dai miei occhi.

«Federica, apri questa porta, dobbiamo parlare», la sentii borbottare e bussare da fuori.
«Non abbiamo niente di cui parlare».
«Non so cosa ti sta succedendo, Federica, apri questa porta, ho detto».
Mi ricomposi e aprendo la porta, provai delusione per mia madre. Non provai nè rabbia nè tristezza, ma delusione.
«Mi hai nascosto un parte fondamentale della mia vita», fu l'unica cosa che dissi.
«Di c-cosa stai parlando?».
«Lorenzo è mio fratello».

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