1 | hai ancora tempo

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Dopo le parole che avevano definitivamente fatto traboccare il vaso, casa mia non era più casa mia

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Dopo le parole che avevano definitivamente fatto traboccare il vaso, casa mia non era più casa mia.
Mi sentii spoglia, ogni stanza di cui ci eravamo presi cura per anni con amore, si stavano dipingendo in un mare di bugie che venivano a galla.
Lacrime, urla e oggetti che cadevano erano i protagonisti principali di tutto.
Avevo vissuto la mia vita ignara di avere un fratello, delle doppie facce che mia madre aveva e della grande sensibilità che mio padre nascondeva.

«Pensi che possiamo ancora risolvere?», sentii ancora la voce di mio padre, «Se non fosse nato probabilmente ora ci sarebbero stati meno problemi!», alzò il tono e io sentii una scarica di brividi percorrermi per tutta la schiena, il cuore prese a battere forte non appena un altro oggetto cadde, ma il tutto si silenziò; mi immaginai l'oggetto misterioso sospeso nell'aria, per via del campanello di casa.
Sapendo di chi si trattava, alzandomi da terra e scaraventandomi alla porta come se ci conoscessimo da anni, aprii la porta a Lorenzo.
Non riconobbi più lo sguardo di un lontano ragazzo di cui mi ero innamorata alle medie, ignara che fosse mio fratello.
«Federica», sentii i passi di mio padre che si fermò non appena ci raggiunse.
Potei sentire il suo respiro diventare più pesante, come se volesse crollare da un momento all'altro.
Eravamo stati entrambi feriti e nessuno voleva affrontare la situazione, era come se preferissimo entrambi rimanere all'oscuro di tutto.

«Sono qui per Federica», sentii Lorenzo borbottare e un'altra scarica di brividi percorse la mia schiena, lasciandomi quasi cadere a terra per via del dolore che stavo provando.
Mio padre annuì e se ne andò, come era suo solito, non voleva affrontare ciò che avrebbe confermato la sua sensibilità.
Io e Lorenzo andammo in camera mia, chiudendo la porta a chiave, ci accomodammo silenziosamente sul mio letto, senza proferire parola, come se entrambi stessimo affrontando il litigio tra i nostri genitori e consolarci a vicenda, come fratello e sorella.
«Vorrei che mia madre l'avesse detto», dissi, «Vorrei essere stata più intelligente quando mia madre mi lasciò per nove mesi dai miei nonni mentre mio papà era a lavorare all'estero e capire che stavi nascendo tu».
Ci fu una grande pausa, lasciai Lorenzo tra i suoi pensieri e come se davvero lo conoscessi bene, sapevo che stava pensando a qualcosa da dire.
«Vorrei amarti come una sorella», fu l'unica cosa che riuscì a dire e io mi morsi il labbro inferiore.

Tutto era sbagliato in quel momento, era come se non ci fosse più nessuna soluzione a tutto e io e Lorenzo stavamo combinando più guai di quanto ne stavano combinando i miei genitori.
«Non voglio perderti, Federica», borbottò, «Sei entrata nella mia vita di nuovo e nonostante sapessi che eri mia sorella, mi sono comunque innamorato di te. So che è totalmente sbagliato, ma non riesco a toglierti dalla mia testa, soprattutto dopo quello che è successo ieri. Volevo che tu mi perdonassi, ma ho peggiorato soltanto le cose e me ne rendo conto», si passò una mano tra i capelli, sospirando. Improvvisamente la sua mano ossuta prese la mia, attorcigliando le mie dita con le sue e accarezzandone il dorso con il pollice.
Rimanemmo così per un'infinità di tempo e volevo che il mondo si fosse fermato lì, con un problema senza una soluzione e i miei genitori con le lacrime agli occhi e feriti.

«Tutto si risolverà, te lo prometto».
Avevo perso fiducia in mia madre, come pretendeva che mi sarei fidata di lui?
Sospirai e portai giù con dolore il groppo in gola, sentendo che tra poco sarei scoppiata in un mare di lacrime, eppure stavo trattenendo tutto.
Le mie braccia circondarono immeditamente il suo corpo magro e in poco tempo scoppiai in lacrime.
La spalla di Lorenzo coperta dal tessuto della sua maglietta si stava completamente bagnando ma da come lui costringeva la mia testa a rimanere appoggiata, non gliene importava niente.

Chiusi gli occhi, lasciandomi andare a dei singhiozzi che echeggiavano per tutta la stanza e che probabilmente pure i miei genitori sentivano.

[una settimana fa]
third person's pov

Lorenzo agrottò le sopracciglia appena mise piede fuori dall'auto e osservò con disinteresse l'edificio scolastico.
Suo padre scese a sua volta dall'auto e dopo averla chiusa, affiancò il figlio che, ormai cresciuto, era più alto di lui.
Si diressero silenziosamente all'interno della scuola e intanto il ragazzo, osservandosi intorno, s'immaginò centinaia di studenti raggruppati all'entrata e altri tra i corridoi.
Sperava di trovarsi bene, come in tutte le scuole.
Non gli dispiaceva mai cambiare scuola, per via del lavoro del padre che comprendeva un continuo spostamento di appartamenti e scuole ogni anno, doveva tenersi in testa che non doveva affezionarsi troppo alla gente.

«Va in questa scuola».
Spostò lo sguardo verso il padre che, con le mani appoggiate al bancone della segreteria, osservava davanti, impedendo di avere un contatto visivo con il figlio.
«Chi?», chiese il ragazzo, confuso.
La stanza della segreteria era più silenziosa che mai e se non fosse per il padre che aveva appena tirato fuori un argomento, si sarebbe spazientito del ritardo della segretaria che doveva solamente dargli informazioni e la classe in cui doveva passare l'anno.
«Tua sorella», fece l'uomo, la voce si spezzò. Palpò leggermente il pomo d'Adamo, sempre guardando davanti, «Tua sorella va in questa scuola».

Lorenzo sentì una scarica di brividi percorrergli per tutta la schiena. Le sue spalle si raddrizzarono, voleva dirgli che non gli interessava, ma avrebbe solo rovinato di più il piccolo rapporto intimo che lui e suo padre avevano.

Dalla fine della terza media, suo padre gli aveva confessato che l'assenza della madre era dovuto al fatto che lui era stato l'amante di lei. Aveva confessato che Lorenzo aveva una sorella, Federica, era il suo nome.
Ogni volta che ne parlava, a volte anche fuori dal nulla, sembrava come se i loro cuori di unissero in un grande silenzio, Lorenzo cercando di afferrare il dolore del padre e il padre a sua volta, cercando di coprire l'assenza di una figura materna.

«Voglio che tu ti prenda cura di lei, Lorenzo...», fece, «Non è mia figlia e non l'ho mai incontrata di persona, ma voglio che tu come fratello, ti occupi di lei».
«Vedrò mamma, se mi occuperò di lei?».
Il padre si voltò a guardarlo negli occhi.
Soffriva.

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