3 | non cambiare per piacere

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La sera rimasi in camera mia a contemplare la visuale di un bellissimo tramonto che segnava la fine di un'altra giornata

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La sera rimasi in camera mia a contemplare la visuale di un bellissimo tramonto che segnava la fine di un'altra giornata. Sospirai, chiudendo il libro di scienze della terra e mi alzai, aprendo le porte del balcone. Uscendo, sentii l'aria fresca sfiorarmi delicatamente, come se mi stesse accogliendo per esser uscita.
Erano quasi le otto di sera e come ogni giovedì i miei genitori erano in salotto a godersi un film, essendo domani l'unico giorno libero che entrambi avevano, dormire tardi era l'unica cosa che avevo preso da loro.
Mi sarebbe piaciuto aver preso magari la bellezza interiore che mio padre aveva e la disponibilità di mia madre nei miei confronti quando ero ancora piccola. Ero cosciente del fatto che a cambiarli ero stata io, respingendoli via dalla mia vita e dalle sofferenze che ho passato.
Per questo mi dovevo aspettare le conseguenze, ovvero perdere la fiducia nei loro confronti ed essere praticamente incollata nella mia stanza.

Sospirai, osservando come il cielo era dipinto di diversi colori e il sole stava lentamente sparendo.
Sentii improvvisamente qualcosa pizzicare contro il mio braccio e per poco non urlai dallo spavento nel vedere Lorenzo sotto dal balcone ad allungarmi un ramo preso da un albero.
Il mio cuore prese a battere più forte, lasciandomi una sensazione fastidiosa che sapevo di non poter evitare e aumentarono i battiti appena i nostri guardi si incrociarono.
«C-Che diavolo ci fai qui?», sussurrai.
Buttò a terra il ramo e appoggiò le mani sul balcone, sorridendomi.

Non potei di certo nascondere il mio sorriso, mentre i miei occhi erano incastrati completamente ai suoi, intorno sembrava che il mondo si fosse fermato.
«Ti porto a mostrarti la luna».
La sua frase rimase in sospeso nell'atmosfera calma che si era creata tra di noi. Osservai come il viso di Lorenzo splendeva sotto la luce del sole che stava sparendo tra le case nell'orizzonte e come la sfumatura del cielo si mischiava con la luminosità del suo viso.
«Me lo permetti?», alzò un sopracciglio, allungando la mano verso di me. La guardai esitante; sapevo che comunque i miei genitori non sarebbero venuti a controllare e in più avevo voglia di uscire a respirare un po' d'aria fresca e stare lontana da casa mia per un po'.

Senza dire parola, balzai in un attimo giù dal balcone, facendo indietreggiare Lorenzo che, colto di sorpresa mi prese per i fianchi, ritrovandomi così faccia a faccia con lui.
Distolsi immediatamente lo sguardo dai suoi occhi e appena sentii il mio cuore prendere a battere più forte sciolsi la sua presa dalla mia vita.
«Sei così abituata ad uscire di nascosto?», ridacchiò, mettendosi le mani in tasca. Feci spallucce e iniziai a camminare come se sapessi la strada. Intanto i lampioni si stavano lentamente accendendo mentre il sole era completamente sparito dalla nostra vista, lasciando il cielo scuro.
Lorenzo si mise di fianco a me e prendemmo a camminare per una strada sconosciuta da entrambi.

«Vieni», disse ad un certo punto fermandosi su degli scalini e salendo fino all'ultimo gradino.
«Dove porta?», chiesi, inarcando un sopracciglio e seguendolo a mia volta.
«Alla luna!», esclamò alzando le braccia e facendomi scoppiare a ridere.
Lorenzo mi afferrò saldamente il braccio, portandomi verso un muretto, «Se ci sediamo più in alto, riusciremo a vedere meglio la luna», indicò un punto in alto in cielo e solo ora mi accorsi della luce rotonda che illuminava la città insieme alle stelle.
Con cautela, ci sedemmo al muretto, lasciando i piedi a penzoloni e osservando sopra di noi.
«Hai mai pensato di salire sulla luna?», trovai ridicolo vedere il giovane ragazzo che preferiva prendersi gioco della sua vita e di chi gli stava intorno, fare una domanda del genere.

«So che non ti interessa», borbottai, osservando le mie gambe oscillare e colpire lievemente con il tallone il muretto. Lo sentii sospirare, «Sai che mi conosci troppo bene per non avermi rivisto dopo anni?», lo guardai e venni accolta calorosamente da un sorriso.
Feci spallucce, «Sto solo attenta alle piccole cose», dissi, «Comunque non hai bisogno di fare colpo su di me se quella è la tua intenzione, puoi piacere o non piacere alla gente per quello che sei, non devi cambiare».
«Ti piaccio?».

La domanda rimase sospesa nell'aria fresca di Milano delle otto di sera, lievi clacson si sentivano dall'altra parte della città e passi di passanti dietro di noi erano gli unici rumori che si sentivano.
«Fa nulla, non rispondere», si fece scappare una risatina e io annuii lentamente, alzando lo sguardo verso la luna che stava diventando più visibile alla nostra prospettiva.
«Posso chiederti una cosa?».
«Dipende da cosa», picchiettai le mie dita sul muretto, sempre attenta ad osservare la luna e il cielo intorno diventare sempre più scuro.
«Cosa ti piaceva di me, per esserti dichiarata in quel modo?».
Sorrisi al ricordo delle mie mani tremanti davanti agli occhi del ragazzo che il cuore mi faceva battere all'impazzata, mentre mi preparavo mentalmente ciò che dovevo dirgli, sapendo dentro di me che niente sarebbe successo, eppure avevo fatto un passo avanti e mi ero lasciata prendere in giro dalle conseguenze inaspettate.

«Tutto», mi limitai a rispondere.
«Ma io ti ho trattata male».
Se lo ricordava.
Feci spallucce, sospirando, «A volte tendiamo a voler bene ad una persona nonostante continui a non darci altro che dolore».
«Mi dispiace».
«Non ci saremmo incontrati ancora se non mi avessi trattata male», gli feci l'occhiolino e scoppiammo in una risata, lasciando la tensione nell'atmosfera.

«Mi dispiace», ripetè ad un certo punto, ma questa volta sul suo viso era stampato un sorriso sincero che valeva più di mille parole. Annuii, «Non c'è nulla di cui scusarsi».
«No, intendo che mi dispiace per questo».
Poter formulare una domanda era troppo tardi, non appena sentii le sue labbra appoggiarsi delicatamente sulle mie.
Sentire il suo viso vicino al mio e le labbra che avevo sognato per tanto di assaporare erano finalmente divenute realtà, ma nel momento e nel tempo sbagliato.
Decisi di non farci caso, non appena mise entrambe le mani sulle mie guance, cercando più contatto fisico, come se ciò che era successo tra di noi due dipendesse solo dalle nostre labbra unite per poter risolvere ogni problema.

Non volevamo fermarci.
Perchè sapevamo entrambi che non saremmo riusciti ad affrontare i nuovi problemi che si sarebbero creati dopo questo.

3 anni fa
[third person's pov]

Coda alta che balzava ad ogni grande passo che faceva, percorreva la stradina che portava a casa sua finchè vide una figura familiare con la coda dell'occhio.
La ragazzina si bloccò appena i suoi occhi incrociarono quelli del ragazzo che in così poco tempo le aveva cambiato la vita in peggio, ma il suo cuore ancora batteva più forte che mai ogni volta che aveva l'opportunità di avere una traccia di lui.
Sorrise dolcemente ma il ragazzo continuò a guardarla, fino a quando le voltò le spalle.

Le piaceva così.

❝STILL GOT TIME.❞ Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora