Chapter 1-Not only in my mind.

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Scrutavo il soffitto cercandone un difetto, ma a quanto pareva quella parete situata nella parte più alla della stanza, era perfetta come tutte le cose qui dentro.

Tutte le cose tranne me.

Mi sentivo dannatamente fuori posto.

Durante la notte mi ero pentita di quello che avevo detto ad Antonia o Antonella, il suo nome era un tabù.

Non avevo ripensamenti su quel che era uscito dalla mia bocca, di quello non avevo niente da dire.

Mi dispiaceva solo che mio padre avesse sentito tutto e mi avesse cacciata in camera come una dodicenne che si mette in punizione.

Avrei voluto parlarne con lui, anche discutere, urlare, qualunque cosa, ma non che mi trattasse così.

Il suo era stato un comportamento che non riuscivo ad accettare.

Insomma, mi ero solo difesa, forse alzando un po' i toni della voce, ma non ero in casa a fare la cameriera ieri sera, sono la figlia dell'uomo che l'ha accolta come una tale.

Sono sicura al cento per cento che lei sapesse chi io fossi, l'ha fatta apposta, voleva infastidirmi?

Beh ce la fatta, di brutto oserei dire.

Poi quello strano sogno di questa notte.

Forse il mio subconscio voleva dirmi qualcosa ma cosa?

Certo era stato molto piacevole, non tanto per il bellissimo ragazzo mezzo nudo.

Cioè anche, ci mancherebbe, un ragazzo mezzo nudo è pur sempre un ragazzo mezzo nudo.

La parte migliore era stata quando mi guardandomi negli occhi, mi chiese perché fossero gonfi.

Mi ero sentita anche se solo per un attimo, calcolata da qualcuno.

Nessuno si era mai accorto del mio malessere interiore e forse, quel sogno era riuscito a farmi capire che prima o poi qualcuno ci farà caso.

Chiusi d'istinto gli occhi smettendo di osservare il soffitto, quando qualcuno aprì piano la porta.

Non avevo voglia di vedere nessuno al di fuori di mia zia, ma lei non era qui, per cui sospirai mentalmente per il mio stupido pensiero.

La porta si richiuse con uno scatto metallico, tipico di ognuna di loro, e senti dei passi leggeri avvicinarsi al letto.

Ogni film horror guardato mi ricordava che avrei potuto rischiare la vita da un momento all'altro, ma erano solo le sette, ed un serial killer o un pagliaccio in pieno Torino a quest'ora non riuscivo proprio ad immaginarlo.

Un peso sul morbido arredo su cui ero sdraiata e una mano sulla mia spalla.

Nessuna risata malefica ne rumore di coltelli affilati sul parquet, bene, non era ancora il mio momento.

-So che sei sveglia-.

Perfetto, le mie doti d'attrice non erano bastate a farmi riposare in pace.

-Cosa vuoi?- chiesi scocciata all'uomo seduto dinanzi a me, alzando le sopracciglia.

-Non puoi stare tutto il giorno chiusa in casa-, peccato questa era proprio il mio piano.

-Infatti avevo voglia di uscire più tardi, fare un giro in centro magari-, mentì spudoratamente.

-Non se ne parla, non conosci la città, ti perderesti e non saprei come ritrovarti- sbuffai scocciata.

-Cosa dovrei fare allora, illuminami- dissi, mettendomi seduta ed appoggiandomi alla spalliera in finta pelle del letto.

Ciento ochenta y cuatro días para amarla. |Paulo Dybala|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora