Chapter 11-It can't be real.

931 54 11
                                    

Lo guardo negli occhi, per una volta, cercando di non essere intimorita da quel verde smeraldo misto all'azzurro che ti scava nell'anima.

Per una volta, cerco di goderne fino in fondo, mentre sento il suo sguardo studiarmi con una sguardo tra il soddisfatto e l'interrogativo.

Quel sorrisetto, leggermente accennato, mi fa pensare che tutto questo sia anche un suo desiderio.

L'imbarazzo e la timidezza se ne sono andati, più o meno, credo che il rossore sulle mie guance dica il contrario, ma devo già combattere contro il mio buon senso, figuriamoci se posso instaurare una guerra con i miei cambi di colorito.

Non aspetta che sia io ad avvicinarmi, ma fa scontrare le nostre labbra, in un bacio che sa di voglia di ritrovarsi l'uno con l'altro in quel modo così intimo, delicatamente ma allo stesso tempo passionalmente.

Le sue mani, che prima stringevano i miei fianchi, scivolano piano sul mio lato b, e così facendo mi spinge più vicina a lui, per quanto sia possibile, eliminando anche l'aria tra noi, ed obbligandomi ad avvolgere il suo collo con le mie braccia.

-Non sai da quanto aspettavo questo momento-, sussurra quando ci stacchiamo di poco millimetri l'uno dall'altro per riprendere aria.

Mi ritrovo a guardarlo negli occhi, mentre il suo pollice accarezza le mie labbra, sfiorandole.

-Perché non hai fatto niente per farlo arrivare prima allora?-, chiedo, sostenendo il suo sguardo.

Ricevo una risata smorzata da lui, mentre intorno a noi regna il silenzio: siamo soli; avevo deciso di raggiungere quest'area del luogo del ricevimento per schiarirmi le idee.

Adesso che ci penso bene, non mi ricordo neppure su cosa volessi riflettere.
Cosa mi fa questo ragazzo.

-Non l'ho fatto, perché sono uno stupido.
Y luego, cuando estoy a tu lado, no entiendo nada...-, conclude la frase in spagnolo, con quel suo accanto marcato, che gli dà un'aria più sensuale del solito.

Decido di reggergli il gioco; parlare nella nostra lingua madre è come entrare in una piccola parte di mondo dove ci siamo noi.

Questo perché in Italia, parlando in spagnolo abbiamo la massima comprensione del discorso solo da noi stessi; ad esempio, mio padre non avrebbe mai compreso la frase pronunciata da Paulo in circostanze torinesi.

-Yo tampoco entiendo nada cuando estoy a tu lado.
Es por eso que lo hice.-, mi appoggio sulla sua spalla, nascondendo il volto nel suo completo scuro, beandomi del suo profumo.

Lui d'altro canto, lascia risalire le sue mani sui miei fianchi, dove si avvinghia con una stretta salda.

Avvicina la sua testa ai miei capelli, e lo sento respirare profondamente: ci troviamo nelle stessa posizione, beandoci entrambi della nostra vicinanza e della situazione stranamente tranquilla.

-Tutto questo è bel casino-, sento il suo fiato caldo vicino al collo, e mi chiedo spontaneamente come abbia fatto, in questa posizione, ad avvicinare la sua bocca in quella zona sensibile del mio corpo, estasiata da brividi più o meno forti.

-Già, cosa faremo?- chiedo insicura; a volte preferisco non avere risposte da persone importanti della mia vita: meglio rimanere con qualche dubbio che soffrire, mi ripetevo a volte.

-Non lo so, noi cosa siamo?- chiede mentre il mio cuore perde un battito.

Gli ultimi minuti sono stati i più intensi della mia piccola ed insulsa vita e tu mi chiedi cosa siamo?!

Per me possiamo già organizzare un matrimonio in grande stile Paulo!

Mi allontano di scatto; non so perché una semplice frase di sei parole sia riuscita ad influire così tanto su di me ed il mio maledetto umore da donna mestruata.

Ciento ochenta y cuatro días para amarla. |Paulo Dybala|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora