3. Il fatto.

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E così, ogni giorno scoprivo una sfaccettatura di Thomas Brake.

Ma il culmine si raggiunse quel giorno.

Era il 24 Ottobre.

Un alunno della fila più esterna, vicino la finestra, Sam, alzò la mano e chiese: "Prof., vi posso dire una cosa?"

Il sentir parlare Sam mi rimase sconvolta.

Già, perché Sam non parlava quasi mai, né con i professori né con i compagni, e quelle rare volte in cui decideva di parlare di certo non era "per dare aria ai denti".

Almeno, quella era l'idea che mi ero fatta allora.

"Certo Sam" risposi, un po' inquieta.

Si alzò e disse: "Sappiate, prof., che qualcuno mi ha lanciato un borsellino addosso! Mi stava per colpire in un occhio!
Ecco, io ve l'ho detto!"

E da qui si generò una confusione pazzesca in classe, ma che, fidatevi, in quel momento non era nemmeno paragonabile alla mia confusione interiore in quel momento.

Inutile dire che la notizia mi rimase sconvolta; non tanto la notizia in sé per sé, a dirla tutta, ma il fatto che avessi capito la gravità della situazione.

Sam non sprecava le parole, e questo mi fece capire che se aveva deciso di denunciare il fatto, la cosa era seria.

E dopo questa insolita notizia, la mia risposta fu immediata quanto maledettamente lenta.

Lo ricordo ancora.

Dalla posizione in cui ero, con lo sguardo verso Sam, mi rivolsi alla classe e dissi: "Chi è stato?"

Il mio tono era pacato, seppur con qualche sfumatura di nervosismo e inquietudine.

"Il colpevole alzi la mano. Tranquilli ragazzi, non ho intenzione di mettervi note se confessate adesso. Forza! Chi è stato?"

Più insistente, questa volta.

Dentro di me sentii la rabbia che partiva da sotto ai piedi e che ribolliva piano fino ad arrivare alla testa.

Mi rendo conto che probabilmente non state capendo il perchè della mia inquietitudine.

Ma immedesimatevi per un attimo in un'insegnante che alle spalle ha avuto una situazione del genere.

Ma che, quella volta, il Sam di turno ci abbia rimasto le penne.

E, fidatevi, in pochi anni di servizio, due situazioni del genere non sono il massimo.

Perchè, se la prima situazione la avevo vissita da spettatrice, quest'ultima mi stava lasciando l'amaro in bocca e i segni sulla pelle.

"Chi è stato?", urlai alla fine.

Silenzio totale.

"Ah, è così?" continuai, urlando "prima di tutto vi beccate una bella nota di classe, e seconda cosa ora chiamo il preside e vediamo cosa ne esce fuori!"

Così dicendo, furiosamente, me ne uscii dalla classe sbattendo la porta, nella speranza che il colpevole, chiuso in quella che ormai era diventata una gabbia di matti che mi ero lasciata alle spalle sbattendo furiosamente la porta, uscisse allo scoperto.

Lo Straordinario caso del BorsellinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora