11. Clarissa.

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Quando posai lo sguardo su Clarissa, la vidi che fissava intensamente Catherine, ma non seppi decifrare il suo sguardo.

Clarissa faceva parte del gruppo delle altre ragazze, non di quello delle oche, e aveva la faccia simile a un ovale perfetto da cui sporgevano solo il mento e le orecchie.

Ultimamente avevano iniziato a sporgere anche i brufoli.

Portava i capelli marroni all'altezza delle spalle, sempre liscissimi.

Il naso minuto sosteneva i suoi occhiali dalla montatura nera, perfettamente uguali a quelli di Catherine, che si adattavano bene ai suoi occhi castano scuro.

Dalla sua bocca dalle labbra sottili uscivano tutto sommato poche parole, il più delle volte pensate.

Aveva uno strano comportamento.

Oscillava dall'infantile al pienamente maturo, dal sincero al doppiogiochista.
Non era lunatica, semplicemente era come l'acqua: cambiava e si adattava a seconda delle circostanze.

Il più delle volte era tra le nuvole, estremamente impacciata.

Lo era anche mentre raccoglieva i colori nel suo borsellino, prima che sentisse Catherine parlare.

Durante il discorso di Catherine, uscì dall'immediata impacciataggine che gli veniva mentre la sua testa atterrava dov'era il corpo, nel tragitto nuvole-terra.

Dopo di che si alzò con calma, cercando di reprimere l'ansia, la rabbia e l'agitazione interiore, riuscendoci solo in parte, e chiese docilmente: "Scusate preside, posso sedermi?", indicando la sedia dove era seduta Hanna, che nel frattempo era tornata a posto.

Si sistemò meglio sulla sedia, posò le mani sulle coscie e iniziò a parlare: "Devo essere sincera, è vero che sono andata verso il banco di Hanna, o meglio, mi ci sono proprio seduta al posto di Hanna, perché devevo dire una cosa a Mary e a Allison. Però ve lo posso giurare, ci sono anche loro come testimoni," indicò Mary e Allison "io non ho lanciato proprio niente! Figuratevi che interesse avevo facendo fuori Sam!"

Avrei voluto fargli la ramanzina per il fatto che si era alzata per andare dalle sue compagne, ma mi trattenni.

Di sicuro non era il momento, avrebbe portato solo a confusione, e non ne avrei sopportata altra.

Il preside si alzò, rivolse lo sguardo verso Mary e Allison allungando il collo e disse: "È così?"

L'immagine del preside che allunga il collo mi ricordava molto la mia tartaruga mentre prendeva il sole su una pietra che era nella sua vaschetta e si stiracchiava.

La conferma delle ragazze arrivò subito.

Mary aggiunse: "Certo, di sicuro non abbiamo lanciato nessun borsellino, ci possiamo difendere a vicenda!"

"Quindi," continuò il preside "non aggiungereste niente a quanto ha detto Clarissa? Voglio dire, dovete dire qualcos'altro a riguardo?"

"No." risposero le ragazze quasi in coro, scuotendo la testa.

Il preside si sedette e abbassò lo sguardo, pensieroso.

"Vi vedo perplesso, preside." disse una voce che avrei riconosciuto fra mille "C'è qualcosa che non va?"

In tutto questo Thomas Brake era rimasto al suo posto, non aveva spiccicato parola, e aveva riempito forse due o tre pagine della sua agendina.

"Beh... sì... alcune cose..." il preside era molto incerto.

Probabilmente si era accorto che qualcosa non andava, ma non capiva cosa.

"Io farei così." disse Thomas Brake con aria sicura "Chiederei a Clarissa: c'erano per caso dei libri sul banco di Hanna?"

Clarissa ci pensò un po' su.

"Ehm... non mi pare... Voi che vi ricordate?"

Mary rispose: "No, non ce n'erano."

Allison confermò: "Infatti."

"Bene," riprese Thomas Brake "allora ci sono un paio di cosette che non quadrano..."

Lo Straordinario caso del BorsellinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora