10. È tutta colpa mia

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Delle luci abbaglianti si accesero. Meke'ba giaceva ancora al suolo; aprì lentamente gli occhi, strizzandoli per mettere a fuoco una porzione di muro completamente bianco. Ma...questo...Tentò di rimettersi in piedi, pentendosene subito: barcollò, assalito dalle vertigini. Dopo aver riacquistato equilibrio, si guardò intorno. ...Questo non è il ponte di volo.
Si trovava al centro di uno stanzino circolare, con un lucido pavimento nero e una sola porta aperta, oltre la quale vi era il buio più fitto. Continuava a girare su se stesso, osservava le pareti, il pavimento, il soffitto, senza trovarci nulla che gli potesse far ricordare, anche vagamente, come arrivò lì. Sono...sono forse morto?

-Bosma...dimmi, dimmi chi è stato...Chi vi ha ridotto così...?- disse una voce sconosciuta alle sue spalle, rotta come quella di un fanciullo sul punto di scoppiare in lacrime. Il nativo, voltandosi in direzione della porta, dove pochi secondi prima non c'era che spazio vuoto, notò con suo grande stupore i due corpi inerti di Bosma e Hux, adagiati sul pavimento con le facce rivolte l'una verso l'altra; le loro mani sembravano quasi cercarsi a vicenda. Inginocchiato vicino a loro, c'era qualcun altro, qualcuno che egli non aveva mai visto né incontrato: un bambino vestito di cenci, che accarezzava premurosamente la testa della downiana; ogni tanto tirava su con il naso, e riprendeva a porre la medesima domanda:-Chi vi ha fatto del male?
-Kahlan...È stata Kahlan- gli rispose il ragazzo azarino, camminando verso di lui, adagio. Quella personcina, però, non lo degnò di uno sguardo; sembrava che per lui esistesse soltanto Bosma, nonostante includesse anche il generale nel suo monologo. -Sono stato io, è tutta colpa mia- continuò il piccolo sconosciuto; all'orfano si strinse il cuore. -No, no, non dire così, piccoletto. Non è colpa tua, assolutamente.- Le sue parole vennero nuovamente ignorate. Meke'ba iniziò a pensare che lo stesse facendo apposta, ma scelse di non mettergli pressione.

Qualche breve attimo trascorso senza muovere un dito e, tutto d'un tratto, il bambino allargò le braccia: una mano fu posizionata appena sopra il dorso martoriato di Bosma, l'altra venne puntata verso il taglio nel ventre di Hux. Delle parole apparentemente insensate gli uscirono dalla bocca:-Devo trovare un rimedio...a tutti i miei errori.- Le bruciature, piano piano, sparirono, e la ferita si rimarginò. Li aveva guariti. -...Come...come ci sei riuscito...?- balbettò il giovane; di tutte le stranezze a cui aveva assistito in vita sua, quella fu di gran lunga la più strabiliante. -Insomma, utilizzare la Forza per curare una persona richiede...uno sforzo enorme, e-e tu sei una creatura così fragile...sei solo un bambino...
Fu solo a quel punto che il ragazzino sollevò la testa, e cominciò ad osservarlo. Quegli occhi gli si fissarono nella mente: erano enigmatici, profondi...diversi...pareva quasi che emanassero un'aura di leggenda, di sconfinata potenza. I due si guardarono ancora per pochi attimi; poi, il piccolo si alzò, avviandosi verso la porta; venne inghiottito mano a mano dall'oscurità, fino a scomparire completamente. La stanza svanì.

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