2. Arancione come il tramonto

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Era mattina inoltrata quando Meke'ba fece visita al sarcofago di pietra grigia: per lui, quella non era solo la tomba della madre, morta dodici anni prima, ma anche il simbolo del disonore e dell'egoismo più spietato. La colpa era solo sua. Lui l'aveva uccisa, lui l'aveva lasciata lì a morire, senza nemmeno un'arma per difendersi. Eppure la Forza lo aveva scelto, inspiegabilmente. Perché non qualcun altro? Io...io non sono che un mostro... si chiedeva ogni maledetto giorno. -Io sono il responsabile della tua scomparsa, madre...sono arrivato perfino a rubare un pezzo di armatura ad un cadavere...Era una donna, KR-2531...era così lucente, la sua armatura...- raccontava Meke'ba, con la mano che sfiorava il coperchio del sarcofago, quasi nella speranza di raggiungerla, almeno con il pensiero. -Ti prego, perdonami. Troverò un modo per redimermi...te lo prometto.

Durante le due ore che seguirono, il ragazzo si mise ad ammirare le scaffalature e tutte le varie cose che le riempivano: taniche di carburante, un cesto pieno di Zadarii, o "molluschi delle rocce", come erano solitamente definiti, un corno da battaglia di Yatabe, l'isola di Gor Gor abitata da un clan di guerrieri...Esse servivano per l'attività da collezionista che suo padre svolgeva; una persona onesta e diligente, che perse la vita in una sparatoria ad opera di un gruppo di contrabbandieri.

Il giovane sonnecchiò un po', poi prese uno Zadari e andò a sedersi su una piccola sporgenza appena fuori la grotta. Aprì il guscio del mollusco, prese un pezzo di quella gelatina viscida e se lo mise in bocca; rabbrividì: non era di certo una delle sue pietanze preferite, ma al momento era troppo stanco per uscire di casa e procurarsi del cibo.

All'improvviso qualcosa di piccolo e duro gli andò di traverso. Un sassolino? No, non può essere. Meke'ba tossì coprendosi la bocca, e quel qualcosa finì nella sua mano. Dopo aver osservato attentamente ciò che gli diede così fastidio, rimase incredulo, meravigliato: due cristalli Kyber, che emettevano una luce tenue, arancione come il tramonto.

Il giovane si alzò, e si diresse a passo veloce verso una delle tante mensole. Cominciò a rovistare tra vari pezzi di ferraglia, fino a quando non trovò l'impugnatura, stranamente corta, di una spada laser a doppia lama. Una volta svitati tutti i pezzi facilmente danneggiabili, con la massima cautela e aiutandosi con una bacchetta di legno, infilò i due cristalli al centro dell'elsa nera e dorata; rimontato il tutto, però, si accorse dell'assenza di un pulsante di accensione. Sospirò, rassegnandosi al fatto che avrebbe dovuto usare la Forza per azionarla. Si concentrò, lasciando che essa gli incendiasse le vene e scorresse libera nel suo corpo. Andiamo, Meke'ba, ce la puoi fare! Le ore passate ad esercitarti dovranno pur servire a qualcosa!
Un lampo abbagliante uscì dal tubo metallico, facendolo trasalire. Egli guardò la lama arancione, ascoltò il ronzio che essa emetteva, più acuto di quello delle altre spade. Essa era meravigliosa nella sua unicità, e Meke'ba decise che sarebbe stata sua da quel momento in avanti.

Star Wars - La rinascita della ResistenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora