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- Continua a sorridere così, quando lo fai sei bellissima.- mi accarezzò la guancia nel pronunciare tale smancieria.

- Simon, hai mai sognato di vivere una vita completamente parallela? Una vita diversa in ogni dettaglio dalla tua?- lo interrogai.

- Si, non è probabilmente solo un sogno ma anche un desiderio, perché mi chiedi questo?- inarcò il sopracciglio disorientato.

- Era così..per sapere.- chinai il capo mentre con le dita giocherellavo con le punte bionde dei capelli.

Con una leggera curva sul viso mi voltai. Justin. Appoggiato al tronco di legno, seduto a lato di Tessa, alzò lo sguardo, ci fu un impatto, un secondo dove con gli occhi fissi sui suoi sentii i battiti del suo cuore agitato.

Si alzò; con non curanza, a gran passi, si avvicinò alla riva. Da lontano lo vidi lanciare calci alla sabbia, stritonarsi i capelli, infuriarsi senza dire una parola.
Pensai fosse per Tessa, starle accanto, dopo la rottura, poteva infastidirlo.

- Tutto bene fra voi? Justin mi pare parecchio agitato- dissi avvicinandomi alla mia migliore amica, che zitta guardava il fuoco e il picchiettio di quest'ultimo sul legno.

-Emma, sei così premurosa, capisco solo ora perché..., non mi farà sentire meglio la tua carità- parlava, forse urlava, parole che non comprendevo.

- Io Tessa, non riesco a capirti, dimmi cosa succede - volevo aiutarla.

- Ma non te ne accorgi? Sei diventata così importante per tutti, io non sono più nulla!- sbraitò, si alzò anche lei, corse verso l'auto, si accasciò sulla strada.

Mi sentivo inutile, sentivo di non essere più la Emma disponibile di prima.

- Dai torniamo a casa, non mi sembra vi stiate divertendo molto- Simon ci mise poco ad accorgersi dei nostri tre musoni arrabbiati.

- Guidi tu - urlò Justin tornando verso i suoi amici.

Simon ubbidì senza pensarci.
Diretti verso l'auto Trisha fece per aprire la portiera quando il co-capitano Smith intervenne.

-Emma si siede qui, Trisha puoi andare dietro- comandò lui.

Con mio stupore subito in seguito alla decisione di Simon, Justin parlò.
- No, Emma si siede al posto di prima, come tutti. - disse con sguardo fulmineo verso l'amico.

Per un attimo credetti che la mia cotta mi volesse accanto a lui durante questo breve tragitto. Arrossì.

- Non fate i bambini, lasciatela decidere da sola. - mi difese Trisha, Tessa rimase addolorata per la nostra discussione e non mi rivolse parola per il resto della notte.

Mi sedetti sul sedile posteriore. Justin affacciato al finestrino ed io nel posto accanto al suo, con i corpi distanti, il più possibile.

Simon accese la radio. Rizzarono i peli sul volante, l'aria scompigliò i pochi capelli sul suo capo e le dita tamburellavano a ritmo della musica.

Trisha era impegnata a intrattenere conversazioni sul cellulare, ogni tanto accennava un sorriso guardando lo schermo.
A Tessa, seduta a braccia conserte, le tremavano le ginocchia.
Gli occhi lucidi trattenevano le lacrime.

E poi c'era sempre lui. Rilassò il corpo, lasciò che le gambe scivolassero sul sedile. Le cosce si sfiorarono. Ma il suo interesse era sempre occupato all'esterno dell'automobile. Guardava fisso il paesaggio, come se gli volesse attribuire un significato astratto, personale.

- Smettila di guardarmi - impose Justin, con basso tono di voce, come per non farsi sentire dal gruppo.

Sentii la mia amica, al mio fianco, borbottare qualcosa, ma feci finta di niente. Ignoravo il suo dolore, il suo bisogno di sfogarsi con qualcuno capace di riportarla alla felicità.

Sbagliavo. Dopotutto non ero mai abbastanza l'amica perfetta. Mai abbastanza grande. Mai abbastanza matura. Mai abbastanza giusta. Mai abbastanza.

- Chi mai guarderebbe uno come te- risposi a tono. Fui fiera della mia prontezza nel replicare.

Non volle controbattere. Capì che non sarebbe servito.

- Domattina alle 7:40 tutti e cinque giù al bar, ragazzi. Ok?-

Simon era entusiasta di questa nuova compagnia che lui stesso aveva riunito.

Eravamo persone troppo differenti, non riuscivo a trovare un punto di incontro comune a tutti.

Tornammo fortunatamente sani e salvi al dormitorio.

- Svegliati bambolina!!- urlò Trisha saltandomi addosso.

- sono solo le sette perché mai mi dovrei alzare?- controbattei, cercando di nascondermi sotto le lenzuola.

- Simon vuole trovarci pronti tutti quanti alle 7:40 - annunciò con fierezza.

- Oddio, non gli avrai mica dato retta, io non mi sposto di qui.- biascicai sul cuscino.

- Che venga lui ad alzarmi ahaha- continuai.

Trisha rimase in silenzio, con un sorrisetto maligno sul viso.

Solo venti minuti dopo compresi il senso della sua poca insistenza.

Di scatto Simon tirò vie il piumone da sopra il mio corpo e subito dopo una ventata di freddo mi travolse.

La mia ironia era stata presa alla lettera e il mio buon amico aveva interrotto il mio amoreggiare con il letto.

- Oddio non ci credo! Cosa ci fai qui??- gridai accucciata sul materasso.

- Alzati fannullona!- comandò. Sì buttò sopra di me e iniziò a farmi il solletico, sui fianchi, sul collo, sotto le ascelle... fino allo sfinimento.

- va bene va bene, ma non vi sopporto sappiatelo- mi arresi.

Compiaciuti guardarono la "fannullona" alzarsi e dirigersi al bagno.

Nel frattempo pensai quanto in realtà fosse stata una scena fantastica, recitata da tre amici pazzi ma unici.
Iniziai a credere che il progetto di Smith, quello di unire tutta questa diversità in un gruppo unico saldo e duraturo, poteva funzionare, nonostante i dubbi che ancora circolavano in testa.

Il mio pensiero mutò nel giro di pochissimo tempo, quando, scesa al punto di ritrovo, ad attendermi ci fu il peggio.

Tessa non si limitava a sedersi sulle cosce di Justin nel bar, dove vi erano tutti, o quasi, gli studenti del college, in modo provocante e poco decoroso, ma non appena mi vide, cominciò il suo spettacolo, fece di tutto e di più, iniziò a baciarlo, a mordergli il collo, a toccare la maglietta aderente, a infastidire la clientela con urletti di gioia o di piacere.

Il rancore che provai in quell'attimo nei confronti della mia migliore amica fu indescrivibile

Eppure, il mio "amato", non fece altro che ricambiare, sorriderle come speravo facesse con me. Sprofondai nelle mattonelle del pavimento.
Soffrivo. Scoppiai in lacrime.
Nessuno vide la mia dolorosa reazione, feci di tutto per nascondermi, uscì da lì, e con me portai i pezzetti del mio cuore caduti a terra.

Tessa mi aveva sconvolto.
Mi aveva umiliata, colpita, disintegrata in meno di qualche secondo.

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