Epilogo: La bicicletta

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Era una giornata calda di piena estate, l'asfalto scottava e una lieve patina di sudore imperlava la fronte delle due ragazze divenute ormai donne. Portavano entrambe i pantaloni corti, una canottiera leggera e i capelli raccolti per scappare a quel caldo afoso.

Ego teneva arrotolato attorno al polso il cordone della macchina fotografica e aspettava il momento adatto per scattare. Negli ultimi cinque anni non era cambiata molto fisicamente, ma era maturata tanto. Alcuni mesi dopo la gravidanza era riuscita a perdere tutti i chili presi e a tornare in forma, aveva lasciato allungare i capelli che ora le arrivavano oltre la metà della schiena e aveva aggiunto altri tatuaggi sulla sua pelle.

Insieme alla sua ragazza avevano continuato a crescere il bambino che di giorno in giorno si era fatto più grande e bello e mai si era pentita di aver scelto di portare a termine la gravidanza.

Dopo il primo anno di vita di Ars, e dopo aver lavorato per mettere da parte un po' di soldi, avevano deciso di lasciare la casa del signor Foster per cercarsene una tutta loro, anche se non erano andate molto lontano e si erano trovate una villetta in fondo alla via. Per diversi mesi avevano lottato contro la madre di Mad per questo e la donna all'inizio era irremovibile sulla sua decisione di voler adottare il bambino pur di non farlo vivere con due madri.

Solo dopo continui litigi e aver visto il modo in cui le ragazze si occupavano di Ars aveva lasciato perdere quell'assurda idea mettendosi il cuore in pace.

La famiglia di Ego faceva parte appieno della loro vita, in particolar modo Venetia che era una zia presente e che amava viziare il nipote. Lo teneva spesso quando la sorella e Zen erano impegnate e si divertiva a portarlo al parco o giocare con lui.

Ego scosse la testa leggermente per ridestarsi da quei pensieri e si chinò sulle ginocchia per poter scattare qualche foto al bambino, guardando Zen alcuni metri più in là mentre allacciava il casco ad Ars sopra la sua massa di capelli neri e lo aiutava a salire sulla bicicletta. Stava per imparare ad andare senza rotelle e le due ragazze erano più emozionate di lui. 

La bionda provò una grande tenerezza nei confronti di Zen perché per tutto quel tempo le era stata accanto, l'aveva amata e si era presa cura di lei e di Ars.

Il ricordo di Mad era indelebile, ma aveva smesso di fare male ed era riuscita a perdonarlo. Aveva parlato di lui al suo bambino quando gli aveva chiesto perché i suoi amici avessero una mamma e un papà mentre lui no, e Ego era stata contenta di raccontargli una storia d'amore bellissima.

<<Sei pronto piccolo?>> domandò la ragazza tatuata ad Ars.

<<Sì, mamma>> rispose annuendo convinto. <<Però tienimi.>>

<<Non ti preoccupare>> gli disse dandogli un buffetto sulla guancia. <<Ora pedala forte e vai verso mamma Ego.>>

Ars salutò la bionda e poi mise i piedi sui pedali. Zen teneva la sella della bicicletta con una mano e lui con l'altra e gli diede una piccola spinta per aiutarlo a partire. Ego cominciò a scattare non appena lui si mosse, ma quando il bambino le fu più vicino si alzò e arretrò di qualche passo per fargli fare più strada.

<<Provaci da solo, Ars.>> gli disse sorridendo.

Zen prima lasciò andare il suo corpo e quando lui fu stabile mollò la presa anche sulla sella. Il piccolo barcollò leggermente e per un breve tratto andò storto, ma poi capì il meccanismo e riuscì ad arrivare dritto da Ego.

<<Sei stato davvero bravo, micino.>> gli andò vicino e lo fece scendere dalla bicicletta. La ragazza tatuata li raggiunse e i tre si strinsero in un abbraccio.

<<Voglio rifarlo.>> disse Ars ancora carico di adrenalina e le sue mamme risero.

<<Ti serve aiuto?>> gli domandò Ego, ma lui scosse la testa e le due lo guardarono mentre a fatica risaliva in sella e pedalava per la via. <<Ora puoi insegnargli ad andare in moto.>>

<<Tra qualche anno.>> replicò Zen con un sorriso.

Ego infilò il cordone della macchina fotografica sulla spalla, le passò un braccio attorno alla vita e la fece avvicinare a sé. Le stampò un bacio sulla tempia e poi le afferrò il mento per baciarle anche le labbra.

Le passò una mano sulla spalla scoperta, scese lungo il braccio e andò ad incrociare le dita con le sue.

<<Anche io voglio un bacio!>>

Ars si era tolto il casco e lo faceva dondolare sulle dita. Le guardò con i suoi occhi grigi così simili a quelli di Ego e allungò le braccia verso di lei per farsi prendere. Non era proprio leggero, e il peso della macchina fotografica di certo non aiutava, ma alla ragazza piaceva sentire il profumo dolce della sua pelle e quel senso di protezione che la prendeva quando lo teneva. 
Entrambe lo baciarono sulle guance, gli fecero il solletico e poi la bionda lo mise a terra.

<<Perché non arrivi fino a casa del nonno con la bici?>> gli propose Zen scompigliandogli i ricci neri.

<<Posso fare merenda quando arrivo?>>

<<Sì, micio, mettiti il caschetto però.>> rispose Ego.

Lo tennero d'occhio mentre si allontanava ancora incerto sulle due ruote e si presero per mano. Camminarono fino in fondo alla via facendo attenzione ad Ars e che la strada fosse libera dalle macchine e arrivarono davanti al cancello della casa del signor Foster. Il bimbo scese dal mezzo e aspettò che le sue mamme lo raggiungessero. 

<<Siete lente!>> gridò ridendo. 

<<Noi non siamo veloci come te>> replicò Zen facendogli la linguaccia. <<Parcheggia il bolide così andiamo a vedere se il nonno ha del gelato in freezer.>> 

Gli occhi di Ars si illuminarono e accostò la bicicletta alla cancellata. 

<<Mi sembrava di aver sentito delle voci.>> disse il signor Foster uscendo dalla porta e andando ad aprire il cancelletto. 

<<Ciao nonno!>> il bimbo gli corse in contro e l'uomo lo prese in braccio. 

<<Ciao piccolo>> replicò lui. <<Allora, hai imparato ad andare senza rotelle?>> 

<<Sì>> annuì indicando poi la bici. <<Mamma Zen mi ha tenuto per un po' e dopo mi ha lasciato andare da solo.>> 

<<Bene, ti meriti un premio.>> 

<<Il gelato?>> domandò Ars con voce sottile e occhi dolci. 

<<Vada per il gelato.>> rispose suo nonno facendolo scendere e dandogli una spintarella verso la porta. 

Il signor Foster andò a salutare la figlia e la sua ragazza che erano rimaste in disparte a guardare la scena. Era molto orgoglioso di quello che erano diventate e di quello che avevano costruito e vedere Ars così felice rendeva sereno anche lui. 

Dopo essersi abbracciati, tutti e tre entrarono in casa per ripararsi dal caldo e andando in cucina trovarono il bambino che teneva in una mano un cucchiaino e nell'altra il barattolo di gelato, la bocca tutta sporca di cioccolato. 

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