Il marchio

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Sollevai le palpebre pesanti e subito fui costretta a richiuderle per la luce troppo forte.
Girai la testa dall'altra parte, pensando che in questo modo sarebbe stato più facile per i miei occhi abituarsi a quel cambio repentino di luminosità, ma me ne pentii subito quando mi accorsi di uno strano formicolio sul collo.
Non era doloroso o spiacevole.
Solo estremamente strano.
E la pelle era troppo sensibile.
Appena quella zona aveva toccato il cuscino, mi ero dovuta ritrarre di scatto.
Feci qualche respiro profondo, provando a scacciare la sensazione che quel contatto mi aveva provocato, e poi riprovai ad aprire gli occhi.
Questa volta, pur lacrimando un po', riuscii nel mio intento.
Ero nella stanza di Trent e sembrava mattina inoltrata.
Dovevo proprio essere crollata, la sera prima.
Un sorriso stupido mi si aprì in volto, quando ripensai al mio ritorno al castello.
Non avevo fatto in tempo ad arrivare che già Trent mi aveva attaccata ad un muro e aveva iniziato a baciarmi.
Dio, stavo proprio facendo un casino con lui.
Mi ero ripetuta milioni di volte di restare distaccata e poi che facevo? Lo incoraggiavo a buttarsi su di me come se fossi stata l'ultimo pasticcino rimasto sul vassoio?
Non che non fosse stato piacevole...
Accidenti.
Piacevole non rendeva minimamente l'idea, però dovevo ritrovare un contegno.
Tornare ad essere la donna fredda di un tempo.
Con Marco non mi ero mai lasciata andare così tanto, cavolo. Che mi succedeva? La fase adolescenziale degli ormoni ballerini l'avevo passata da un pezzo.
O almeno credevo...
Certo che se Trent fosse stato meno... meno... bello? Sexy? Intenso?
Sbuffai.
Se quel maledetto licantropo fosse stato meno tutto di sicuro non mi sarei trovata in questa situazione.
Mi alzai lentamente a sedere, sobbalzando di tanto in tanto quando la maglietta bianca che indossavo si scontrava con la parte sinistra del collo.
Alla fine decisi di tirarla fin sotto alla spalla, così da evitare altri incidenti.
In fondo era talmente larga, che non si stava rivelando per niente difficile.
Probabilmente era di Trent, pensai arrossendo.
Perché tutte le volte mi svegliavo con qualcosa di suo addosso?
Maledetto lupo pervertito.
Mi avviai verso il bagno e, cercando di non bagnare la pelle sensibile, mi lavai frettolosamente.
Sospirai sollevata, quando uscii dalla doccia e cominciai ad avvolgermi il corpo con un grande asciugamano bianco.
Passai una mano su uno degli specchi rotondi affissi al muro. Era completamente appannato dopo la doccia più lunga che avessi mai fatto.
Aprii la confezione del nuovo spazzolino che Trent aveva appoggiato sul bordo del lavandino, facendo finta di non compiacermi per il fatto che aveva riorganizzato l'intero bagno per renderlo più adatto anche ad una donna, e cominciai a lavarmi i denti, sovrappensiero.
Nel box doccia avevo trovato diversi prodotti per il corpo e per i capelli, tutti con una profumazione alla vaniglia -cosa che mi aveva lasciata abbastanza stranita, ma non infastidita: avevo sempre amato la vaniglia- e nel mobile bianco dove di solito sistemava gli asciugamani, c'erano più trucchi di quanti ne avessi mai usati, accanto ad una piastra per capelli, un set per la ceretta, un epilatore laser e delle lamette usa e getta. Per non parlare della pila di creme che avevo intravisto sul fondo.
Cominciavo a chiedermi se non avesse trascorso quegli ultimi giorni a girare per negozi, mentre io ero bloccata in una grotta con una fata pazza e un cacciatore dalla doppia personalità.
Dopo un attimo, però, scossi la testa. Avevo visto chiaramente il suo dolore, la sera prima. E non avrei mai potuto accusarlo di indifferenza.
Alzai lo sguardo, scontrandomi con due occhi azzurri resi più dolci al suo pensiero.
Appena me ne accorsi, distolsi lo sguardo e cercai di concentrarmi su altro.
Cominciai ad analizzarmi per capire in che stato pietoso mi fossi ridotta in quei giorni.
E inutile dire che quello che vidi non mi piacque.
La pelle intorno al naso aveva assunto un colorito giallognolo.
Feci una smorfia.
Non sentivo dolore, quindi mi ero dimenticata della caduta che Cale mi aveva fatto fare.
Però, pensai d'un tratto, è strano che sia guarita così in fretta. E non mi ero fatta male anche alle labbra?
I capelli erano forse l'unica cosa messa bene, dopo la maschera che avevo usato.
Mi ripromisi di passarmi una crema idratante, perché decisamente la mia pelle faceva schifo.
Poi, improvvisamente, la mano con cui tenevo lo spazzolino si fermò e sentii la mia bocca piena di dentifricio spalancarsi, insieme agli occhi.
Qualcuno mi aveva fatto... un tatuaggio? Non sembrava uno di quelli veri. Era più simile ad un hennè color carne, di quelli che ti fanno sulla spiaggia per pochi euro.
Era bello, con tutti quei ghirigori intrecciati, ma quale razza di psicopatico ti faceva una cosa del genere mentre dormivi? Era da malati, dannazione.
Finii di lavarmi il viso, mi misi più crema idratante del dovuto, mi truccai leggermente per cercare di coprire i lividi, e una volta rubata una tuta a Trent, mi avviai verso la porta.
Feci un respiro profondo.
Se fosse stata chiusa a chiave l'avrei ammazzato con le mie mani.
Girai il pomello con cautela, e spinsi.
Espirai, sollevata.
Non ero chiusa dentro.

Cappuccetto rosso e il lupo [#wattys2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora