Voglio conoscerti

2.3K 141 2
                                    

Restai immobile, come se un mio minimo movimento potesse far rinchiudere Trent in sé stesso ancora una volta, e aspettai per qualche minuto, lottando contro il sonno.
Quando però vidi che il lupo non accennava a continuare, gli chiesi in un sussurro si spiegarsi meglio.
«Non c'è molto da spiegare» cominciò lui «mio padre è sempre stato un guerriero. Anche quando vivevamo tutti nel mondo umano e nascondevamo la nostra vera natura per sopravvivere, ha partecipato ad ogni guerra gli si presentasse davanti, in qualsiasi forma. Era un generale molto stimato, anche se non era spinto dall'amore per la patria o dalla giustizia, quanto dalla sete di sangue...» trattenni un brivido immaginando quello che un tempo doveva essere stato l'Alpha, godere della sofferenza altrui «ad ogni modo, era quasi sempre lontano da casa e al tempo la donna non poteva neanche pensare di unirsi all'esercito. Doveva essere una matrona. La persona che gestiva la casa, la servitù e i figli e, nel caso della Luna, anche il branco. Per questo mio padre... non fu sempre fedele».
Sobbalzai «anche tra i licantropi esistono i tradimenti?» quasi urlai, sollevandomi di scatto.
«Pensavi di no?» Trent mi guardò, alzando un sopracciglio.
«Ecco...» mi sentivo una stupida «ma voi avete questa storia dei compagni...».
«Noi, piccola. Ormai ci sei dentro anche tu» puntualizzò con tono severo.
«Sai cosa intendo!».
«Non è sempre così semplice» mi confessò dopo qualche istante «certe volte bisogna aspettare molto per trovare la propria compagna o il proprio compagno, e nel frattempo è possibile innamorarsi, anche se non ha nulla a che fare con i sentimenti che nascono dopo la percezione».
Lo guardai in silenzio per un attimo, indecisa se porre o no la domanda che mi stava rimbalzando in testa.
«No» disse lui, precendendomi «io non ho mai amato nessuna».
Mi rilassai visibilmente.
«Però hai avuto delle storie» non era una domanda.
Lui annuì «ho vissuto molto, molto a lungo, piccola. Ma non sono mai andato oltre il piacere fisico e l'affetto che potrei provare per delle sorelle».
«Capisco».
Non volevo fare la parte della ragazza gelosa del suo passato, ma non avevo mai pensato che l'opzione tradimento fosse contemplata, con un licantropo.
E anche se ci stavo provando, non riuscivo a non provare una punta di risentimento nei suoi confronti.
Era totalmente insensato.
Pura pazzia.
Ma non potevo farci niente.
I sentimenti non hanno mai avuto niente a che fare con la razionalità.
«Quindi tuo papà ha tradito tua mamma» dissi, sdraiandomi a pancia in su, al suo fianco.
Non avevo intenzione di affrontare il suo passato in quel momento.
Forse non sarei mai stata abbastanza distaccata per una chiacchierata tranquilla, ma ero sicura che dopo aver metabolizzato quelle rivelazioni, sarei stata in grado di essere più oggettiva di quanto non sarei mai riuscita ora.
Così tornai a domandargli di una parte del suo passato che forse sarebbe stata più digeribile.
«La sua compagna non era mia mamma» disse gelido.
«Tua mamma è stata la sua... amante?» chiesi esitante.
«La incontrò dopo essere partito per una delle tante battaglie, ma era romana proprio come lui» si limitò a dire «non so se fu solo una cosa di una notte o se la loro relazione fu importante, ma a dirla tutta, non ha rilevanza.
«Quello che è certo è che la allora Luna, dopo aver scoperto la mia esistenza, chiese a mio padre di... uccidermi».
Cercai la sua mano, nel buio, e la strinsi forte, mentre osservavo, senza venderle davvero, le ombre che si formavano sul soffitto della camera.
«Ma lui non lo fece» constatai.
«Venne con quella intenzione, ma alla fine si limitò ad uccidere mia madre e a nascondermi».
Mi si strinse il cuore al pensiero di un bambino dagli occhi dorati al quale viene strappata improvvisamente la madre «quanti anni avevi?».
«Più o meno dodici» rispose subito «a quei tempi una donna non poteva permettersi di vivere da sola con suo figlio, quindi ci eravamo sistemati con la parte di branco che preferiva stare lontano dalla città. Vivevamo come una tribù indigena: tra la natura e in una società di sostentamento».
«E come aveva fatto la Luna a sapere di te?».
«Una madre single era strana anche all'interno del branco. Inizialmente mia madre, che non era cresciuta tra quei lupi, aveva mentito dicendo di essere vedova, ma l'uomo a cui mio padre aveva affidato la gestione del piccolo villaggio li aveva visti incontrarsi».
«Ma in ogni caso non poteva essere sicuro che tu...».
«Infatti all'inizio non penso che avesse collegato le due cose... vedi» cominciò a disegnare dei semicerchi immaginari con il pollice, sul mio palmo «mio padre era famoso per le sue storielle, tra le altre cose, e anche se non era una cosa ben vista da tutti, lo rispettavano. Aveva sempre protetto i suoi. Ma... avere un figlio al di fuori del legame... questo è considerato un tradimento nei confronti del branco».
«Anche se il figlio illegittimo non ha alcuna mira al torno?» chiesi.
«Alcuna mira al trono...» quasi rise «per uno come me conquistare il potere è l'unico modo di sopravvivere».
Mi girai nella sua direzione «non se non viene scoperto» riflettei ad alta voce.
«Queste cose vengono sempre alla luce» si voltò per guardarmi «e comunque, un lupo solitario, senza branco, è la feccia più miserabile che esista in questo mondo».
Sussultai «perché?».
«Un conto è passare da un branco all'altro a causa del proprio compagno, oppure tramite il volere di un Alpha come nel caso di mia madre, ma è estremamente difficile farsi accettare in altri casi.
«Un solitario è sempre visto come fonte di pericolo. Se viene cacciato dal suo branco si pensa che abbia fatto qualcosa di molto grave e se fugge diventa un disertore, un codardo che non può contribuire alla sopravvivenza degli altri».
«Ma non hai mai pensato di vivere tra gli umani?» chiesi.
«Pensi che potrebbe funzionare?».
«Io... credo che se si incontrasse la persona giusta...» mi morsi il labbro, incapace di terminare la frase.
Chi non avrebbe paura di una creatura così forte e diversa?
«Qualcuno lo ha fatto, in passato. E sono sicuro che anche adesso, mentre parliamo, c'è qualcuno che fugge dai propri simili per nascondersi tra gli umani...».
«Ma adesso ci sono i confini».
Mi sorrise, paziente.
Dovevo proprio sembrargli un idiota con tutte le mie domande.
«Niente affatto» disse all'improvviso, serio «mi piace il fatto che ti interessi del mio mondo, mi fa sperare che un giorno ti convincerai di voler restare».
Di nuovo, mi aveva letto nel pensiero.
Mi sarei mai abituata?
Gli feci un sorriso timido prima di chiedergli di continuare.
«I confini non imprigionano tutti» mi ricordò «e, inoltre, anche se la maggior parte delle persone muore attraversandoli, ci sono sempre le eccezioni. Creature che sono state in grado, dopo mesi passati tra la vita e la morte, di sopravvivere. Io stesso ho assistito a qualcosa di simile. E queste persone a volte sono così fortunate da trovare un proprio simile e da costruirsi una famiglia».
Ero a bocca aperta «quindi mi stai dicendo che esistono dei licantropi anche nel mio mondo? Che io avrei potuto incontrarli molto tempo fa?».
Sorrise per il mio sgomento «non sono in tanti, piccola, ma si, immagino che sia possibile incrociarli».
«E io non mi sono accorta di niente...».
«Neanche i lupi a volte se ne accorgono, sai? I solitari che vivono tra gli umani sono molto prudenti e fanno di tutto per nascondersi».
Lo fissati con occhi spalancati.
Era proprio vero che questo mondo era molto più strano di quanto non sembrasse.
E pensare che molte persone vivevano a lungo senza mai sospettare nulla.
Mi intristii un po' a quella realizzazione.
Di sicuro quella dei licantropi e di tutte le altre creature che avevo incontrato, non era una società semplice. La loro realtà si rivelava più dura di giorno in giorno, ma c'erano anche tante cose meravigliose che avevo avuto il privilegio di scoprire. E l'idea che il resto del mondo non avrebbe mai potuto nemmeno immaginare la bellezza che poteva celarsi dietro ad invisibili confini magici, era deprimente.
«Ad ogni modo» mi riportò alla realtà Trent «anche i nobili possono voler fuggire, anche se è decisamente raro, visti i loro privilegi».
«Capisco» dissi «quindi tu non hai mai preso in considerazione l'idea di fuggire e di nasconderti» constatai.
«All'inizio non sapevo di essere il figlio dell'Alpha... e quando l'ho scoperto è diventato troppo tardi per scappare».
«Non lo sapevi?» mi girai su un fianco, nella sua direzione.
Lui scosse la testa «mia madre mi aveva detto di aver visto mio padre morire in una lotta tra branchi poco prima della mia nascita e di essere quindi stata presa sotto l'ala protettiva dell'Alpha che poi si è rivelato essere mio padre» rimase in silenzio per qualche secondo «a ripensarci adesso... questa storia non regge molto, ma all'epoca ero giovane e senza alcuna esperienza in fatto di politica e di guerra, un po' come il resto del nostro villaggio che si distingueva per la sua natura sostanzialmente pacifica».
«Quindi... quando l'hai scoperto? Che l'Alpha era tuo padre, intendo».
«È stato... la notte in cui è morta mia madre» disse in un sussurro «lei aveva capito che qualcosa non andava ed era tornata a casa per prendermi e fuggire.
Ha fatto in tempo a dirmi solo poche cose prima che l'Alpha e il capo villaggio ci raggiungessero e una di queste era che mio padre in realtà era ancora vivo ed era proprio il re indiscusso di quel territorio».
«E poi cosa successe?» la mia voce uscì talmente sottile che per un attimo, dimentica dell'udito potente dei licantropi, pensai di ripetermi.
Trent, però, interruppe ogni mio dubbio, rispondendo senza esitazione «mio padre la uccise con la facilità di un pasticcere che taglia a fette una torta.
Ricordo che mia madre mi urlava di scappare, ma io non riuscivo a muovermi. Non capivo che cosa stava succedendo. E poco dopo cadeva a terra, morta, senza più il cuore nel petto».
Mi avvicinai al suo corpo ancora in posizione supina e, appoggiandogli la testa sul petto, gli circondai la vita con un braccio.
Non avevo mai conosciuto qualcuno che, come me, aveva assistito alla morte dei propri genitori e, anche se sapevo quello che si provava, non sapevo con certezza come comportarmi.
Mi sembrava che le parole sarebbero state allo stesso tempo troppo e troppo poco, in quel momento.
Così, mi limitai ad ascoltare in silenzio il battito del suo cuore e a fargli presente, con quel contatto, che io ero lì.
«Poi ricordo che l'Alpha ha ucciso anche il capo villaggio e so solo che mi sono risvegliato un paio di giorni dopo in una stalla, venduto come schiavo ad una famiglia abbiente».
«Ti ha venduto? Che... che...».
«Bastardo?».
«No non rende bene l'idea. Eri suo figlio, maledizione! Come ha potuto essere così crudele?» quasi urlai.
Non mi rispose, forse troppo preso dai ricordi per darmi ascolto.
«Trent?» richiamai la sua attenzione quando finalmente mi calmai un po' «grazie».
«Grazie?» mi chiese stupito.
Io annuii «per veramente parlato... so che non dev'essere facile».
Lui, in risposta, mi strinse ancora più forte.

Cappuccetto rosso e il lupo [#wattys2018]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora