Capitolo 3

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Cinque anni prima.


Marinette dormiva con la finestra aperta.
Chat Noir era rimasto per un po' sulla soglia della sua stanza chiedendosi se entrare oppure no. Aveva detto di non volerlo vedere, l'aveva sentita, però lui aveva bisogno di sapere che stava bene.
L'avrebbe sbirciata di nascosto, non se ne sarebbe nemmeno accorta.
Era stato furtivo, Marinette era raggomitolata sul divano, appoggiata al fianco che non aveva riportato ferite.
Era ancora bendata quasi del tutto, il suo viso, il suo braccio, le fasciature si diramavano lungo il busto. Adrien realizzò che se la vedeva era perché era nuda e fece un passo indietro.
Marinette aprì gli occhi e lo guardò con accusa e per un attimo Chat Noir si sentì come se quell'incendio l'avesse appiccato lui.
«Perché sei qui?» gli aveva chiesto furiosa stringendosi addosso una coperta.
«Volevo sapere come stavi.»
Marinette lo aveva fissato seria, Chat Noir lesse nel suo sguardo la possibilità di cacciarlo a male parole, allontanarlo, escluderlo di nuovo: fu sul punto di supplicarla di lasciarlo restare.
«I medici dicono che a parte le bruciature sto bene.»
Chat Noir sorrise. «È una bella notizia, no? Le bruciature guariranno!» cercò di incoraggiarla.
Marinette abbassò lo sguardo e tirò su con il naso, si asciugò una lacrima sotto all'occhio destro. Poi tremando si scostò la benda dal viso.
Chat Noir rabbrividì tutto e... sì, che il cielo potesse fulminarlo, rabbrividì per il disgusto. Il viso di Marinette era ricoperto di piaghe, croste, in alcuni punti si trovò a guardare la carne viva. La sua pelle una volta liscia, delicata, era completamente massacrata e il suo viso appariva gonfio e grottesco.
Ma il mostro non era lei, era lui.
Aveva distolto lo sguardo. «Non...» c'era riuscito, non poteva. «Potrai nasconderlo, potrai... sai, con il trucco e...» avrebbe supplicato che lo uccidessero in quel preciso momento.
Marinette però aveva sospirato. «Non preoccuparti, Chat. Parto fra una settimana, io e i miei genitori andiamo in Cina.»
Chat Noir aveva sollevato lo sguardo su di lei sorpreso. «E Ladybug?»
Era stata una domanda stupida, un palliativo da codardi, avrebbe dovuto chiedere "e noi?"
«Non sono l'unica a essere rimasta ferita, non sono sicura che Tikki possa ancora trasformarmi» aveva raccontato. «Forse Ladybug finisce qui.»
«Ma Papillon...»
«È tuo padre. Penso che tu possa gestire la situazione da solo.»


Cinque anni dopo. 



Adrien si fermò davanti a quella che era stata casa DuPain rimanendo in sella alla bicicletta. Sapeva guidare e aveva una macchina, ma viveva in una delle città più trafficate al mondo ed era una cosa infinitamente frustrante per qualcuno che aveva passato la propria adolescenza a saltellare sui tetti.
Aveva sperato di trovare le luci accese, ma in realtà aveva capito quanto fosse folle quella possibilità a ogni pedalata che lo avvicinava.
Come al solito casa Du Pain era silenziosa e disabitata.
Adrien ci era passato davanti molto più spesso di quanto fosse necessario e Chat Noir era rimasto appollaiato al suo balcone a lungo.
In entrambi i casi solo.
Parigi era una città grande, troppo grande da battere a tappeto in bicicletta. Avrebbe dovuto chiamare Alya, forse lei sapeva qualcosa, era la sua migliore amica dopo tutto a lei doveva averlo detto.
Sospirò mentre il proprio cellulare vibrava in tasca.
Lo tirò fuori dalla tasca per studiarne lo schermo: Marcey gli aveva mandato un messaggio "Sto iniziando senza di te" e una faccina con la lingua di fuori.
Marcey era carina e comunque poteva anche cenare con lei e basta, da amici. Ci pensò per alcuni secondi tamburellando con le dita sul manubrio: poteva andare a casa sua, potevano cenare insieme e chiacchierare davanti alla tv senza che succedesse niente che non volesse.
Il problema era quanto fosse difficile capire cosa volesse e cosa no.
No, non era proprio così.
Se si fosse accesa una luce a casa DuPain avrebbe saputo esattamente cosa fare: avrebbe suonato, tanto da consumare il campanello, ma Marinette non avrebbe risposto; quindi sarebbe tornato a casa avrebbe preso il Miraculous di Chat Noir e si sarebbe trasformato e sarebbe passato dal balcone.
Se Marinette avesse chiuso la finestra, l'avrebbe distrutta a suon di Cataclisma.
Rimase ad aspettare.
Si tirò il cappuccio sulla testa perché faceva freddo.
Aspettò ancora, pregando che si accendesse quella luce.
Marcey gli mandò un altro messaggio.
Adrien rimase a guardarlo poi le rispose che stava arrivando.


***


Marcey abitava nello stesso quartiere dove era scoppiato l'incendio anni prima, ma il sindaco di Parigi aveva investito molto perché quel tragico incidente fosse cancellato dalla sua bella città.
Rimanevano poche tracce del fuoco, monumenti per le vittime, muri scuriti dalle fiamme dove i turisti potevano scattare foto e lasciare bigliettini o fiori. Spazzatura in definitiva.
Le case erano state ricostruite, le mura imbiancate di nuovo.
Non c'era niente che un'abbondante pennellata di vernice non potesse nascondere.
A parte le cicatrici di Marinette, a quanto pare quelle erano impossibili da dimenticare.
Marcey gli aprì la porta con la stessa felpa e gli stessi pantaloni da tuta che aveva indossato sul set. Tra le mani aveva un pezzo di pizza e la bocca vagamente sporca di rosso.
Gli sorrise allegra. «Ce ne hai messo di tempo» osservò scostandosi per lasciarlo entrare.
«Dovevo passare in un posto.»
«Torbido appuntamento con la sarta?» insinuò.
Adrien scosse la testa a occhi bassi. «Vivi da sola qui?»
Lei annuì chiudendo la porta e facendogli strada fino al soggiorno, una lampada accesa proiettava ombre sul divano e sui muri immacolati e vuoti.
Adrien aveva un buon fiuto, o meglio, Chat Noir lo aveva, quella casa odorava di bruciato.
La televisione era sintonizzata su un canale musicale, sembrava acceso per farle compagnia, per non starsene sola in una casa vuota.
Suo padre era un uomo estremamente impegnato ed esageratamente freddo: ci era cresciuto con i canali musicali di sottofondo.
«Stai bene?» gli chiese Marcey studiandolo. «Sembri un po'... assente.»
Azzardò un sorriso. «Sarà la fame.»
Marcey si lasciò cadere sul divano e addentò la pizza. «Serviti pure» offrì indicandogli il cartone aperto davanti a loro.
Adrien si sedette e ne prese un pezzo: c'era stato cinque anni senza di lei, non poteva essere tanto tragico continuare a farlo.
«Hai mai lavorato per Gucci?» gli chiese.
Adrien la guardò e annuì piano.
Marcey raccolse le gambe sotto di sé e si tirò indietro i capelli con la mano. «La mia agenzia mi ha proposto per il loro prossimo set fotografico, ma non so... una modella mi ha detto che si era trovata male.»
«Sono un po' noiosi in effetti, dei perfezionisti» si fermò per masticare con calma. «Però le foto vengono sempre molto bene e ti danno parecchia visibilità come modella. Se sei alle prime armi può essere un buon trampolino di lancio...»
Marcey lo osservò divertita. «Mi stai trattando da novellina?» lo prese in giro.
«Sei una novellina?»
Alzò gli occhi al cielo abbozzando un assenso. «Più o meno» ammise. Si raddrizzò e si sporse verso di lui. «Pensi di poter chiedere alla tua agente di partecipare al set, così saremmo di nuovo insieme.»
«Non lo so» osservò con una smorfia. «Posso provare.»
Marcey annuì contenta e si tirò indietro.
Per alcuni secondi continuarono a guardare lo schermo televisivo in silenzio: Adrien avrebbe voluto raccontarle che conosceva quel cantante, gli aveva salvato la vita in realtà. Non da solo certo, lui e Marinette... Ladybug... lui e lei e basta.
«Quindi ora che siamo quasi amici avrò dettagli sul tuo amore svedese?»
Adrien rise e lanciò un'occhiata divertita a Marcey.
Ora non c'era bisogno di Ladybug né di Chat Noir, poteva anche essere soltanto Adrien. Qualsiasi fosse il motivo per cui si trovava lì Marinette, magari non coinvolgeva lui o quella parte di vita che avevano condiviso.
«Te ne concedo uno: non le piacciono i ragazzi.»
Marcey scoppiò a ridere, poi tornò lo sguardo su di lui. «Quindi se volessi potresti restare» insinuò.
Se volessi...
«Vuoi che resti?» chiese fingendosi molto più a suo agio di quanto fosse in realtà.
Marcey annuì.
«Ci conosciamo poco» osservò Adrien.
Marcey lo studiò per alcuni secondi, poi posò la pizza sul cartone e si pulì le mani e la bocca in un tovagliolo. Adrien la imitò incerto.
Scivolò lentamente seduta sulle sue gambe e Adrien ci mise un bel po' a trovare il coraggio di posare le mani sui suoi fianchi.
Marcey sorrise avvicinandosi alle sue labbra. «Mica dobbiamo sposarci» lo prese in giro.


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Niente...

Ha fatto prima Marcey, mi dispiace...

Ma non disperiamo!
Ricordatevi il #trustthewriter e ricordatevi che io li shippo e una ship è per sempre!
Non perdete la speranza!!!
Baci&coccole

Margherita

Another Ladybug Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora