Capitolo 9

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è un capitolo cortino... lo ammetto.

però ci sono delle cose importanti... tipo Marcey... scherzoscherzoscherzo!

comunque fatemi sapere che ne pensate, il prossimo sarà sicuramente bello succoso... sotto molti punti di vista...

baci&coccole

Margherita

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Suo padre era in piedi davanti alla finestra senza guardarla, distrattamente Adrien si chiese se avesse già chiamato l'avvocato o aspettasse il suo via libera.

Probabilmente lo aveva già chiamato.

Per un attimo Marinette rimase ferma, quasi scomparve accanto a lui, poi gli sfiorò il dorso della mano e gli concesse un sorrisetto. «Io vado a dormire» annunciò e per un attimo Adrien pensò che l'unica cosa che avesse senso fare fosse seguirla, infilarsi nel letto con lei e rimanergli abbracciato fino alla mattina dopo.

Non aveva mai pensato che avere una fotomodella in soggiorno potesse dargli tanto fastidio.

La lasciò andare rimanendo a guardarla dal fondo delle scale finché non scivolò fuori dalla sua visuale, in corridoio.

Raggiunse Marcey ma non si sedette, rimase in piedi ad alcuni passi da lei. «Hai un bel coraggio» osservò.

Lei sollevò gli occhi su di lui mortificata, erano acquosi e arrossati, sembrava aver pianto. «Non sono stata io.»

Adrien distolse lo sguardo a disagio, quella ragazza lo aveva ripreso in un momento molto intimo, lo aveva venduto per diventare famosa. Trovava offensivo anche soltanto che si trovasse lì, nella speranza di essere perdonata.

«Sono di là» lo avvertì. «Se hai bisogno di qualcosa.»

Adrien annuì piano e lo guardò allontanarsi, poi si sedette sul divano accanto a Marcey, ma in qualche modo troppo lontano perché la sua fosse stata una scelta naturale. Non voleva starle vicino, tutte le volte che lo faceva, si rivedeva spogliarla e stringerla e come lo faceva lui, lo facevano anche tutte le persone che avevano visto quel video.

«Guardavi in camera» la accusò dopo un po'.

Lei deglutì e lo fissò sorpresa che se ne fosse accorto, ma lo considerava così ingenuo? Non era stupido.

«Ho fatto le foto...» ammise.

Adrien sollevò le sopracciglia sfidandola a negare.

«Okay, anche i video» confessò. «Ma non intendevo venderli.»

«Che volevi farci?» domandò senza sapere nemmeno perché lo stesse facendo.

«Mi piace riguardarmi quando faccio sesso. Ti sembra tanto grave?»

Sì. Non glielo disse. Non si sentiva particolarmente puritano, ma anche in quel modo, anche se la sua versione fosse stata vera, si sarebbe comunque sentito tradito. Comunque lei sarebbe stata quella che gli aveva rubato qualcosa, qualcosa di privato e personale per riutilizzarlo a suo piacimento.

«Anche fosse avresti dovuto chiedermelo» disse.

«Ho pensato che non fosse un problema tanto grande» disse lei in difficoltà. «Ci scattano foto di continuo.»

Adrien la guardò inorridito. «Sì, ma non scattano foto a me» la rimproverò.

Marcey rise. «E a chi le scattano? Sei tu quello sulle copertine, Adrien, sei tu quello rincorso dai giornalisti.»

Non lo era. Ed era ridicolo che lei pensasse il contrario. Lui era quello che chiamava Chloé ogni volta che aveva un problema con i giornalisti, era quello che giocava con i videogiochi in casa di Nino. Lui era Chat Noir, lui...

«Avevi davvero una tresca con la sarta» osservò Marcey con un cenno del capo verso il corridoio.

Scosse la testa. «Il mostro di Parigi le ha distrutto la casa, le do una mano.»

Marcey assottigliò lo sguardo. «La mia casa è andata a fuoco anni fa, nessun fotomodello mi ha ospitato nella sua.»

«Magari avevano tutti paura che li seducessi e girassi un filmino a luci rosse con cui trastullarti successivamente» ribatté, poi scosse la testa, affatto fiero di aver fatto il suo gioco. «Marcey, non ti credo, ma comunque non cambia niente. È stato un errore passare quella notte con te e lo è stato per molti motivi. Mi dispiace.»

«La sarta è uno di quei motivi» insistette lei. «Quella piccola cosa sfigurata.»

Cataclisma. A volte la risposta alle sue domande era semplice.

«Non ho una tresca con lei» disse fissandola furioso. «Sono innamorato di lei e non ci sarà mai niente che tu possa dire o fare per farmi cambiare idea. Quindi, ti prego, vattene.»

Marcey lo fissò per un lungo momento, ma alla fine si alzò in piedi. La accompagnò alla porta e si assicurò che fosse ben chiusa, prima di salire al piano di sopra. Non lo aveva mai detto, be', aveva detto di amare Ladybug un milione di volte e in effetti una volta scoperto che erano la stessa persona il passaggio avrebbe dovuto essere istantaneo, ma sapeva che "amo Marinette" era una cosa diversa.

Si stupì un po' quando la trovò seduta sul suo letto ad aspettarlo. La guardò pensieroso.

«È fuoriluogo chiederti di non tornare con lei?» domandò. «O di... be', di non farci di nuovo sesso?»

Adrien pensò che il suo cuore stesse per esplodere, perché sembrava gonfiarsi e gonfiarsi e faceva paura. Scosse la testa piano e fece un passo verso di lei chiudendosi la porta alle spalle.

Marinette si alzò in piedi e lo guardò indecisa. «So che è davvero molto carina, ma penso che non dovresti perdonarla per quello che ha fatto.»

Adrien si avvicinò abbastanza da doverla guardare dall'alto.

«Qualsiasi cosa ti abbia raccontato, lei quei video li ha fatti e quelle foto le ha scattate. Ti ha messo in difficoltà e ti ha ferito...»

E Adrien la baciò. Stavolta non le diede il tempo di scostarsi, si chinò sulle sue labbra e chiuse gli occhi. I secondi si protrassero mentre pensava che lo avrebbe allontanato, spinto via, lo avrebbe guardato turbata chiedendogli di non farlo più, si preparò a quella possibilità.

Poi Marinette gli si strinse addosso, allacciandogli le mani alla nuca, mentre lui posava le sue in vita.

Dischiuse le labbra e il mondo perse concretezza. Il suo cuore batteva all'impazzata e in ogni battito si alternavano fragilità e onnipotenza. Poteva fare tutto, loro potevano fare tutto se erano insieme e non era una sensazione, lo sentiva vibrargli sulle dita.

Erano fatti per stare insieme, era la distruzione che si sottometteva alla creazione, era la creazione che si piegava ai capricci della distruzione.

Lo sentiva.

Aprì gli occhi e Marinette lo guardava dietro una mascherina bruciata che lasciava metà occhio sinistro e la tempia scoperti. Guardò le mani con cui la stava toccando, coperte di vinile nero.

«Strano» osservò.

Lei lo baciò di nuovo. Luccicavano come se si stesso trasformando, come se stessero tornando normali, come se fossero rimasti incastrati a metà e le loro tutine scricchiolavano mentre si stringevano.

Non era più strano. Chat Noir si chiese se lo fosse mai stato perché improvvisamente era tutto normale. Normalissimo.

Another Ladybug Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora