capitolo work in progress

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Un coltello.

Iniziai a sudare.

 Aveva ancora il coltello in mano rivolto verso di me in attesa di una risposta, ma io non riuscivo ad aprire bocca. Cos apotevamo fare? Lui era più forte di noi, non saremmo mai riuscite a bloccarlo. Quando ti trovi in una situazione del genere è difficile agire e non importa quante volte hai immaginato di vivere una situazione simile o casa pensavi potessi fare per difenderti, perchè quando giunge il momento la tua mente si svuota. Volevo essere coraggiose, forte e spavalda come nella mia immaginazion, ma guardando in faccia alla realtà ho capito che non lo ero. Mi sentii paralizza e, per quanto odi ammeterlo, mi sentii egoista per aver pensato a come salvare prima me stessa. Ma non è così l'essere umano? Egoista? Solo una patetica scusa per sentirmi meglio.

Mia madre appena lo vide dalla cucina corse verso di me, entrambe in attesa della sua prossima mossa. In quel momento Lui alzò il coltello, colpendo il mobile all'ingresso. Dai suoi occhi, però, si capiva che nella sua mente quel mobile erano i nostri corpi. Ci guardò come a dire che stavolta eravamo state fortunate, ma la prossima volta niente lo avrebbe fermato dal commettere una strage.  Dopo di che se ne andò in bagno.

In quel momento arrivò mia sorella a cui spiegammo tutto, mentre lui si avvicinava dopo averla sentita entrare. Subito lei cercò di parlargli per calmarlo, anche se sembrava alquanto impossibile visto che Lui non voleva ascoltarla, almeno all'inizio. Dopo essersi calmato, inizio una conversazione con lei, come niente fosse accaduto perchè tanto l'unica cosa che a Lui importava era stare al centro dell'attenzione, credere che avesse ancora il controllo totale su tutto e tutti. 

 Quanto avrei voluto buttarlo giù dal balcone, aggredirlo con la stessa violenza che vedevo sempre nei suoi occhi durante la sua solita scenata, perché alla fine Lui creava tutto questo trambusto, queste messe in scena solo per ottenere attenzione senza pensare alla gravità delle sue azioni. Come a ricordarci che Lui era ancora lì, che ci avrebbe continuato a rovinare la vita se non fossimo ritornate ad essere accondiscententi come lo eravamo un tempo. 

Un esempio della sua eccentricità, accadde l'otto dicembre.

Eravamo tutti a casa perché era festa. Era tutto tranquillo fino a quando non lo sentii urlare. Non so cosa fosse successo, quale sia stato il motivo scatenante perché ero chiusa in camera. Quando arrivai nel salotto, però, lo vidi scagliarsi contro mia madre. La scaraventò contro il muro, intrappolandola tra quest'ultimo e sé stesso. Le disse "Prova ancora una volta a chiamare la polizia e ti uccido, sarà lultima cosa che farai hai capito? " e le prese il telefonino che aveva in mano buttandolo a terra, calpestandolo con forza, rompendolo in mille pezzi. A quel punto mia sorella intervenne e Lui lasciò mia madre correndo in cucina dicendo "Ora ti faccio vedere io" e  nel mentre cercava qualcosa. Non capii cosa finche non lo sentii mormorare "un coltello, un coltello, un coltello".  Ma era solo una messa in scena che, secondo lui, avrebbe reso le sue minacce più realistiche. Era solo un un essere codardo ed insignificante che non avrebbe mai fatto un gesto tanto eclatante, perchè altrimenti chi gli avrebbe preparato da mangiare? Chi gli avrebbe comprato le sigarette? Chi, altrimenti,gli avrebbe fatto vivere la vita di un re, servito e riverito? Nessuno.

Io rimasi lì immobile, ad osservare la scena. E ancora oggi sento il rimorso per non aver fatto niente. Se quel giorno non ci fosse stata anche mia sorella con noi non so cosa avrei fatto. Ho ancora impresso il volto di mia mamma, l'espressione che aveva quel giorno. Guardandola avevo capito che era stanca, che non ce la faceva più, che non le sarebbe importato se quel giorno Lui l'avesse uccisa, perché così le avrebbe dato finalmente la pace ponendo fine a quest'incubo che continuava da anni ormai. 

E quell'espressione gliel'avevo già vista, quando si operò per la seconda volta alla tiroide. Ero piccola, andavo ancora all'elementari, ma non potrò mai dimenticare il suo viso, il suo collo che era diventato viola ed enorme, i medici che la riportarono nuovamente in sala operatoria a causa di un'emorragia interna. Ho rischiato, mia sorella ed io abbiamo rischiato di perderla, rischiato di rimanere sole e in trappola con un mostro. E io non potevo fare niente.


Quella sera non riuscii a dormire, come tutte le sere ormai. Avevo paura che entrasse in camera e che potesse fare del male a mia madre e non sarebbe stato tanto difficile visto che, purtroppo, non c'era una chiave con cui chiudere la porta. Ebbi gli incubi tutta la notte ma uno mi rimase impresso particolarmente.

Ero in camera a leggere, quando sento mia sorella chiamarmi per dirmi che la cena era pronta e così mi diressi in salotto. 

In quel periodo la casa era divisa a metà, da una parte noi in salotto e dall'altra Lui in cucina. Quando arrivai in salotto però, non trovai nessuno. La tavola era pronta, la televisione accesa, ma di mia madre e mia sorella nessuna traccia. Le chiamai più volte ma nessuno mi rispose, fino a quando Lui non entrò. "Dove sono?" gli dissi appena lo vidi e Lui mi rispose "Perché non vai a guardare in cucina?" Lui mi guardò con un ghigno, puntando i suoi occhi freddi su di me. Era strano perché non restavano troppo tempo in quella stanza, anche quando cucinavano non rimanevano fisse lì in attesa che fosse pronto, ma ogni volta facevano avanti e indietro.

Lo sorpassai e mi diressi verso la cucina. Non ero ancora entrata ma riuscivo a scorgere un'ombra riflessa sul mobile e più mi avvicinavo più l'ombra si faceva più nitida. In realtà erano due le ombre che vedevo, sembravano due corpi messi luno sopra l'altro. Mi fermai con il cuore che mi batteva all'impazzata, come a volermi uscire dal petto, avevo la gola secca e il respiro che mi si bloccò in gola.

Non era la prima volta che facevo quell'incubo e mai una volta sono riuscita ad andare avanti. Mi svegliavo sempre in quel momento perché non avevo la forza, il coraggio di entrare. Anche se non avevo visto la scena con i miei occhi, avevo già capito cosa avrei trovato in quella cucina.


È uno di quei sogni che ancora oggi non riesco a dimenticare, che mi sono rimasti dentro, che ancora mi causano attacchi di panico, se ci ripenso e che ancora oggi mi tormentano nonostante la nostra vita in questo momento sia relativamente più tranquilla.

Si dice che i sogni fatti al mattino non si avverino mai e spero vivamente che sia così, perché non riesco a immaginare come sarebbe la mia vita senza di loro.

Solo una cosa posso ammettere con sicurezza, ovvero che senza mia mamma e mia sorella sarei solo i guscio vuoto di una persona che cerca di sopravvivere, ma che non vivrebbe più. 

Un corpo che si muoverebbe come un automa, con un vuoto che niente e nessuno potrebbe mai colmare.

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Spero che il capitolo vi piaccia.

Buon fine settimana a tutti!!

Serena :)

Questa è la mia storia [In revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora