Capitolo 6 (aggiornato)

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Ciao cari lettori! Come state?

Ecco a voi un nuovo capitolo!

Buona lettura :)

Serena

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Qualche girono dopo, arrivarono a casa i miei nonni. Da una parte ero contenta perché finalmente non sarei rimasta più sola, ma dall'altra ero preoccupata perché non volevo mettere anche loro in pericolo. Mia nonna fu irremovibile. Abbiamo provato a dissuaderla dal venire insieme al nonno, ma non è servito a nulla. Hanno preparato le valigie e sono venuti con il primo treno disponibile.

Non li ringrazierò mai abbastanza per questo, per essere stati gli unici a rimanermi accanto in un momento così difficile della mia vita. Sono e saranno sempre i miei eroi.


La tensione in casa sembrava essersi attenuata, sembrava quasi più vivibile o forse era solo una mia sensazione dovuta alla loro presenza, che colmò quel vuoto dentro di me che ormai era diventato insostenibile. In casa si respirava aria di gioia, un po' assurdo forse da dire ma era così. Passavamo il tempo a ridere e scherzare, facevamo giochi stupidi come l'impiccato oppure nomi cose e città che ci aiutavano a non pensare a ciò che avevamo intorno per qualche ora. Ci sentivamo spensierati, ci sembrava di essere una famiglia normale. Magari fosse sempre stato così. Da quando ero piccola, non ho mai avuto la possibilità di passare molto tempo con loro, sia perchè vivevano lontani e sia perché tutte le volte che ci presentavamo per le feste Lui riusciva a rovinare la giornata a tutti. Dovevamo stare attenti a quello che si diceva o si faceva, per evitare che Lui si alterasse.

E solo in quel momento mi resi conto di cosa mi ero persa, di quanto tempo ho sprecato senza poter conoscere meglio queste due persone fantastiche, che da quel momento erano diventate due delle personi più importanti della mia vita insieme a mia mamma e mia sorella. 


Dal loro arrivo Lui non aveva più fatto scenate, non aveva detto più nulla. Insomma vivevamo nello stesso appartamento, ma era come se vivessimo due vite parallele. Eravamo degli sconosciuti che vivevano nello stesso posto, ma ovviamente a noi stava bene così.

Passarono giorni relativamente tranquilli, fino a quando Lui una sera non decise di dare di matto.

Inizialmente non fece niente di che, se non passare avanti e indietro la porta del salone con un cucchiaio in mano, pretendendo che sopra ci fosse della droga. Un dettaglio importante: quella non era veramente della droga.  Quando entrai in cucina per prendere un bicchiere lo vidi ancora con quel cucchiaio in mano posto sopra la fiamma dell'accendino, l'odore che c'era nell'aria era simile al caramello e non sarò un'esperta, ma non credo che la droga abbia quell'odore. Lui egocentrico com'era, pensava di essere una persona astuta mentre noi delle povere ingenue che non avrebbro mai capito questo suo "fantastico piano". Si era autoconvinto di essere più intelligente di quanto effettivamente fosse.

Questa messa in scena non fu niente a confronto con quello che fece quella sera. Lasciò la porta della cucina aperta per farci vedere cosa stesse facendo. Accese il gas posizionandovi sopra padelle e pentole vuote, chiuse il balcone mettendo un asciugamano, vicino alle ante, per non far passare l'aria. Capendo le sue intenzioni mia sorella e mia mamma cercarono di entrare in cucina per spegnere il gas, ma Lui le spinse fuori e si barricò dentro.

L'unica cosa possibile da fare fu chiamare la polizia.

Appena arrivarono i poliziotti, subito cercarono di parlargli per farlo ragionare e aprire la porta. La sua risposta fu "Non so perché vi hanno chiamato. Non sto facendo niente di male. Sto solo guardando la televisione, accendendomi una sigaretta."

Quello stupido voleva farci saltare tutti in aria e sono ancora convinta che quella sia stata l'unica volta in cui avrebbe davvero avuto il coraggio di ucciderci tutti. Non gli importava se avrebbe fatto saltare in aria il condominio, se avesse ucciso persone innocenti e cosa peggiore senza alcuna motivazione. Stranamente in quel caso non gli importò neanche di se stesso. 

Il poliziotto cercò di aprire la porta prendendola a spallate, dopo aver sentito la sua risposta. Quella sera, per puro miracolo, siamo sopravvissuti perché nel momento in cui il poliziotto entrò Lui stava per accendersi la sigaretta.

Quella sera la polizia chiamò anche l'ambulanza, dopo aver discusso sul da farsi. Purtroppo, seguendo la legge, gli hanno dato una scelta: andare in prigione o andare in un ospedale psichiatrico. Codardo, o intelligente a seconda dei punti di vista, scelse la seconda opzione. Lui andò via con l'ambulanza, mentre i poliziotti andarono via poco dopo, appena ebbero finito di farci delle domande per capire come eravamo arrivati a quel punto. 

 Ci calmammo.

Aprimmo le finestre per far andare via l'odore di gas, mettemmo tutto apposto e ritornammo in salotto per parlare su ciò che dovevamo fare. Da quella sera decidemmo di trovare un appartamento e andare via da lì, perché dopo questo la situazione era diventata più grave di quanto non lo fosse prima, era tutto diventato più grande di noi. Non potevamo più stare lì.

Può sembrare strano ma quella sera la paura fu sostituita dalla felicità. Saremmo andate via da lì, avremmo potuto avere una vita relativamente tranquilla. Potevamo tornare a casa senza avere l'ansia su come e quando fosse tornato a casa, se fosse stato ubriaco oppure no, se ci avesse fatto qualcosa oppure no. Per noi era un sogno che speravamo si avverasse presto.

A fine discussione andammo a dormire, per la prima volta, serenamente.

Quella per me fu una sera speciale. Ero così contenta di vedere finalmente una svolta positiva nelle nostre vite. Quasi non riuscii a dormire per l'emozione, mi sentivo più felice di un bambino a Natale. Ricordo la speranza che piano piano si stava spegnendo, riaccendersi all'improvviso prepotentemente. 

Il mio ultimo pensiero fu che finalmente la  fortuna girava dalla nostra parte e che, forse, era vero che la speranza era l'ultima a morire. 

Mi addormentai con il sorriso sulle labbra.


Questa è la mia storia [In revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora