23 Giugno 1928

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Ovunque, luccicante e trepidante si poteva sentire l'emozione ballare in tutta la villa. I piedi delle ragazze, ornati da tacchi lucidi, danzavano in corsa su ogni piano. Ed era tutto un ticchettio di scarpe, un fruscio di merletti, un tintinnare di collane, eccitazione e profumi. Edith fissava la sua immagine riflessa nello specchio, immobile nel suo nuovo abito, il volto truccato da Yves mentre Camden le aveva lisciato i capelli indomiti, ora, acconciati morbidamente su un solo lato del volto, appena ondulati nel cadere sulla spalla destra. Respirava profondamente, cercava di mantenere la calma per quanto fosse difficile. La donna che vedeva nello specchio quella sera avrebbe fatto il suo ingresso in sala con il braccio intrecciato a quello di Grossman, si odiava per questo e odiava il mondo per averle insegnato solo come ringhiare per sopravvivere.
<< Edith, sei splendida...>> disse improvvisamente Pauline apparendo nel riflesso. La rossa si voltó lentamente e la osservò con un sorriso tirato e vuoto. Pauline era rimasta sull'uscio, con i piedi uniti e i pugni stretti, temeva che Edith non volesse parlarle, il giorno precedente dopo la punizione di Helen nessuno l'aveva più vista e quando furono tutte in camera dopo la cena, lei, si era finta addormentata.
<< Ho una cosa per te Lin.>> Estrasse una lettera dal cassetto poco distante e la porse a Lin con mano ferma.
<< Promettimi di leggerla domattina!>>
<< Che significa Edith?>> la ragazza non allungò la mano, rimase immobile, con i pugni sempre serrati e gli occhi improvvisamente lucidi.
<< Significa quello che ho detto. Domattina Lin!>>
<< Edith, ti conosco troppo bene ormai... non osare...>>
<< Lin, ti prego, domattina...>>
Pauline tremó furiosa, le lacrime sgorgarono come fiumi impetuosi e le labbra tese vibrarono in un singhiozzo.
<< Vorrei non averti mai amata Edith! >>
Le parole scoppiarono sulla sua bocca come saette infuocate, Edith sgranò gli occhi e per poco non perse l'equilibrio, poggiandosi con la schiena allo specchio.
<< ...cosa hai detto? >> sibilò con un fil di voce.
<< Quello che ho detto, e se vuoi saperlo, l'ho detto anche a Mary Rose, ieri, mentre tu ci spiavi alla finestra... eri preoccupata che le dicessi che sapevo tutto, vero? Ogni cosa ruota intorno a voi... tu, Mary Rose, Violette... il dramma d'amore che si consuma nei segreti. Anche io ho avuto un segreto per tutto questo tempo Edi, e l'ho custodito sperando che un giorno avresti capito... ma tu non capivi mai, e poi è arrivata lei. L'angelo perfetto, la bellissima, misteriosa e sofferente Mary Rose. >>
Edith, sconvolta, si teneva una mano sulle labbra, gli occhi blu velati da una patina di amare lacrime. Era stata cieca, sciocca, egoista, sorda e sotto il suo sguardo, Lin, la sua dolce Lin, aveva sempre agito per lei con quell'amore disinteressato che solo in quel momento stava riuscendo finalmente a vedere.
<< E adesso, tu vuoi darmi una lettera. È un addio? Mi chiedi di dire a Mary Rose quanto la ami? Mi chiedi scusa per non aver avuto il coraggio di dirmelo di persona che vai via? È questo il contenuto? Beh allora non voglio leggerlo, non voglio e non voglio sapere nulla dei tuoi piani Edith Roman. Vattene pure, abbandona tutte noi... abbandona Camden che ti vede come un modello, Yves e Darla che aspettano ogni giorno le tue lezioni di storia, Marion a cui hai insegnato a leggere, Kim e Tamara che ascoltano ammaliate le tue poesie... Louise, Ashley... lasciaci tutte. Rinuncia a Mary Rose, non sarò io a fermarti questa volta!>>
Edith ormai era distrutta, il cuore ridotto a mille brandelli frammentati, l'anima spezzata da quell'ennesimo imprevisto che piombava a pesare sulla sua schiena, ormai ricurva per il troppo dolore.
<< Perdonami Lin, non sono abbastanza forte. E questa non voleva essere una lettera d'addio, ma una promessa. Ora non posso provvedere a voi, non posso più aiutare nessuno in questa casa, il mio tempo inizia a scadere e stanotte Grossman potrebbe fare la mossa di cui ho più paura, Helen mi odia come fossi il demonio in persona, hai sentito le cose che mi ha detto ieri. Mi chiuderà in questa casa per la gelosia che nutre nei confronti del fratello, e lui sarà il mio guardiano in questa gabbia... non posso restare Lin... >>
Pauline aveva chiuso la porta già da diversi minuti e adesso se ne stava con la schiena premuta contro il legno scuro, diceva ad Edith di andar via eppure bloccava quell'unica uscita quasi come se volesse con il proprio corpo simulare la necessità che lei, invece, restasse. Com'era potuto diventare tutto improvvisamente così orribile? Dov'erano finite le risate di Fortmay? La gioia dell'estate, il calore del sole, gli alberi in fiore, le notti sul patio a guardare le stelle, quelle intorno al fuoco, quando scoppiava un temporale, a leggere libri? La vita scorreva davanti ai loro occhi inesorabile e ormai non esistevano più bambole e giocattoli, fantasie e sogni, le fiabe che avevano inventato in cui vinceva il "felici e contente" si stavano sgretolando nei loro cuori lasciando spazio solo al cupo presente e all'ostinato futuro.
<< Allora portami con te...>> con gli occhi pieni e il corpo in fuoco Pauline pronunciò quelle parole con risoluta determinazione.
<< Lin non scherzare...>> sussurrò Edith spiazzata, immobile nel suo dolore e sconvolta per tutto quello che stava accadendo.
<< Non scherzo, non ho mai scherzato con te. Ho sempre rispettato i tuoi spazi, le tue necessità, ti ho capita, attesa, protetta, da te ho imparato, con te sono cresciuta, e si, ti amo da sempre ma capisco che tu non provi lo stesso e lo rispetto. Però non lasciarmi qui da sola... ti prego...>>
Edith ascoltò in silenzio, con il capo chino, andare via dopo che Lin l'aveva pregata in quel modo diventava ancora più difficile. Si portò una mano al volto raccogliendo le energie e asciugando le lacrime, solo allora alzò lo sguardo, nuovamente risoluto.
<< Ascoltami bene Lin, questa non sarà l'ultima estate a Fortmay. Hai ancora un anno alla White Dove, ti prego di viverlo portando avanti i tuoi sogni. Studia molto, sii temeraria, porta pazienza e, l'estate prossima, quando sorgerà il sole caldo della nuova stagione io sarò qui. Quando arriverete al lago May mi vedrai alla solita panchina, sotto il nostro albero, metti da parte del denaro, non disfare la valigia, prenditi il tempo per salutare le altre e appena sarai pronta mi raggiungerai. Allora, andremo via insieme. Io, nel frattempo, avrò fatto in modo di poter provvedere a te, e ti porterò via. Fortmay ci saluterà per sempre solo allora, ma se vieni via con me adesso avremo fallito entrambe, non posso permetterti di non tentare la strada dell'università, non posso portarti via con me adesso, senza soldi e senza futuro. Ma ti prometto tutto questo e sai che non sono mai venuta meno alla mia parola!>>
Lin continuava a stringere i pugni, a bloccare la porta e a scuotere il capo, ma ormai aveva capito che non avrebbe potuto far nulla per dissuaderla, che non poteva arginarla nemmeno costruendo la più pesante delle dighe. Edith avanzò piano, sollevò entrambe le mani, raccolse il viso di Pauline poggiandosi alle sue gote rosse di pianto, la giovane sussultó, foglia nel vento, perché imprevedibilmente le labbra di Edith soffiarono un lento bacio sulla sua bocca bagnata di lacrime salate. Come sempre quel fuoco di ricci, ora domati, sapeva stravolgere tutto e rimescolare le carte. Quando Edith la lasciò andare ed entrambe riaprirono gli occhi, Lin si staccò dalla porta e provò ad abbozzare un sorriso.
<< Hai promesso Edith...>>
<< Ho promesso Lin!>>

Last summer in FortmayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora