Festa

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Pauline e Edith si salutarono con quella promessa baciata sulle labbra, sconforto e dolore le rendevano silenziose mentre uscendo da quella camera si stringevano l'una nel braccio dell'altra. L'avevano fatto così tante volte ma solo in quel momento Edith si rendeva conto di non aver apprezzato quel gesto con la giusta attenzione. Le sarebbe mancata più di quanto non aveva mai immaginato. Scesero le scale lentamente e, quando furono sul punto di varcare la soglia della villa per attendere all'esterno, dal soggiorno sbocciò cristallina la risata di Mary Rose.
<< Vincent siete un giovane davvero singolare! >> disse Helen con una vocetta aguzza e soddisfatta.
<< La nostra Mary Rose raramente ride con tanto gusto! >> aggiunse quando intravide le due donne.
<< Oh Edith, Pauline venire a salutare Mr Drake, l'accompagnatore di Mary Rose! >>
Edith non aveva mai amato Helen, le era indifferente, eppure in quei giorni aveva sentito crescere un odio potente, come se in cuor suo si fosse radicata la convinzione che ella sapesse ogni cosa e provasse con ardore a ferirla in ogni modo riuscisse. Lin strinse la presa attorno alla sua mano e facendole forza avanzarono fino a raggiungere i tre oltre la soglia.
Mary Rose era bella di una bellezza struggente, i capelli biondi avevano la dolcezza del miele nello scivolarle come onde sulla schiena. Il volto perfettamente truccato sembrava di porcellana, l'abito azzurro accendeva il mare dei suoi occhi e attorno al collo splendeva la collana con le foglie d'argento, il primo regalo che Eidth le aveva fatto.
<< Salve Mr Drake...>> disse Edith senza guardarlo, in quella stanza seduto nell'angolo buio, c'era anche lui, Grossman. Fumava il sigaro, fiero nel suo abito con doppiopetto, i baffi folti, le sopracciglia corrucciate, le labbra appena ricurve. Edith, Pauline e Mary Rose si guardarono contemporaneamente, spaventate, Mr Grossman aveva tossito richiamando l'attenzione.
<< Edith, vedo che sei raggiante come il sole! Pauline lasciala pure, possiamo iniziare ad andare, se aspettiamo tutte le signorine la festa sarà quasi finita al nostro arrivo! >>
<< Più che "raggiante come il sole" direi pericolosa come il fuoco Mr Grossman!>> sibilò a denti stretti senza curarsi di mascherate la propria rabbia.
<< Il fuoco è il più attraente degli elementi Miss Roman, fate bene a paragonarvi ad esso! Con permesso signori, ci vedremo dagli Hartmann!>>
Edith sorrise verso Lin, cercò di apparire serena ma sapeva che non poteva ingannarla. Non ebbe il coraggio di guardare Mary Rose e così si voltó senza proferire nessun'altra parola. Grossman si fece al suo fianco, sorpassó Lin quasi urtandola non curante di niente e nessuno come era sempre stato.

<< Oh cielo Edith! Aspetta!>>
Erano quasi entrati in macchina quando dalla porta apparve Mary Rose, correva e il cuore di Edith batteva come impazzito! Avrebbe voluto correre verso di lei, abbracciarla, baciarla, gridarle il suo amore immenso, ma non poteva. Ogni fantasia venne imprigionata nel silenzio del suo corpo immobile.
<< Edith, hai dimenticato il tuo anello, era sul pianoforte sei una sbadata, fortuna che l'ho visto!>>
Mary Rose aprí la mano e su quel suo piccolo e aggrazito palmo apparve un filo d'oro sottile e prezioso, Edith perse il respiro mentre lei prendeva invece la sua mano sinistra con salda decisione e poi, lenta come una sposa, le fece scivolare quel tesoro lungo l'anulare.
<< Non dimenticarlo più, non posso sempre starti dietro Edi!>>
<< Non lo farò... Rosie, grazie...>>
<< A più tardi Edith! Arrivederci, Mr Grossman!>>
Entrarono in macchina ma Edith non c'era, la sua anima era nelle mani della sua Rosie, abbracciata al suo corpo, il suo spirito legato a lei per sempre. Con quell'anello Mary Rose l'aveva sposata per l'eternità, quell'anello che la sua Rosie aveva indossato dal primo giorno in cui l'aveva vista era ciò che aveva di più caro e prezioso, appartenuto al suo passato. All'interno del cerchio perfetto, inciso indelebilmente c'era il suo nome.
Mary Rose Coltrane.
Nell'automobile l'aria per Edith era irrespirabile, la puzza di sigaro sembrava attaccarsi sui suoi vestiti, Grossman teneva il braccio saldo sul volante mentre lei fissava la sua mano con paura.
<< Che bella scenetta Edith. Molto romantica!>> esordì l'uomo guardandola con la coda dell'occhio mentre lei con il mento dritto adesso fissava unicamente la strada.
<< Non so di cosa parlate Mr Grossman!>>
<< Domani annunceremo il nostro fidanzamento Edith, mi sono annoiato di questi giochi da invertita che ti piace reiterare. E sai bene che posso farti rinchiudere per sempre, che sia un manicomio o una prigione o un convento lo lascio scegliere a te!>>
<< Lei non ha un anima. Come pensa di portare avanti questo fidanzamento? Vuole violentarmi per avere figli? Obbligarmi con la forza a sorriderle in pubblico? Vuole vedermi suicida nella camera da letto Mr Grossman?>>
<< Oh insomma Edith! Questi sono capricci da bambina, follie, vaneggiamenti. La donna vuole l'uomo e l'uomo la donna. Tutti gli altri, gli invertiti, sono pazzi! Io ti conosco, ti ho osservata e tu non sei fuori di senno, tutt'altro! Questa è una scusa da orfana, per non legarti a nessuno, ma io ti sposerò e non ti abbandonerò come hanno fatto i tuoi genitori! Sarò la tua cura e la tua salvezza, anche se ancora non ci credi!>>
Edith tremava per la rabbia e quelle parole erano lo specchio di un mondo dannato, crudele, insensibile e marcio. Un mondo che non sapeva vedere e conoscere l'amore, un mondo ingabbiato dai dogmi di una morale che schiacciava e distruggeva tutti quelli che non si conformavano ad esso. Cacciò indietro le lacrime, aveva smesso di piangere ormai, non c'era più cascata ad irrorare quei fiumi.
<< Donovan, non voglio più parlare. C'è una festa che ci attende...>> disse come avvolta da uno stato di trance.
<< Andrà tutto bene Edith, lasciati proteggere!>>
Che follia doveva essere vivere nella mente di quell'uomo, che logica distorta muoveva il suo pensiero, che superficialità spacciata da buonsenso animava le sue parole e i suoi desideri? Edith si poneva quelle domande mentre fingeva d'essere caduta in una profonda riflessione sull' orribile dialogo che avevano appena avuto.
Violette come sempre aveva avuto ragione, "asseconda Grossman, fagli credere d'avere una possibilità, proteggiti dietro la ritrosia che si vuole dalle donne e, quando sarà il momento giusto, fuggi mia ribelle!"
Era quella l'unica forma di protezione di cui aveva bisogno, quella che da sola riservava a se stessa. Quella del proprio coraggio, delle proprie idee, della propria forza e determinazione, quella che nessuno poteva darti o toglierti a piacimento, quella che non ti tradisce mai, quella che nasce e vive in se stessa. Mentre scendeva dell'automobile, prendeva il braccio dell'uomo, sorrideva cordiale e si immergeva nella folla borghese in festa, Edith sapeva, con assoluta certezza, che avrebbe salvato la propria vita dal giogo del ricatto e fino all'ultimo giorno della sua esistenza avrebbe lottato per non caderci mai più.

Entrò nella grande sala completamente gremita, c'erano i vecchi nobili, i nuovi ricchi, reduci e veterani di guerra, banchieri, filosofi e politici, tutti in pausa dai trambusti dei loro inverni. L'estate calda di Fortmay li accoglieva e li abbracciava nelle calde coperte del sole, tirava i loro volti crepati dalle rughe e affievoliva gli affanni delle rincorse quotidiane. La musica faceva ballare quasi tutti e i calici riempiti a fiumi distorcevano i loro volti rendendo ogni faccia una maschera di cera agli occhi di Edith.
Regina dell'intrattenimento e accerchiata da giovani rampolli troneggiava Violette. Bellissima nel suo abito bianco, corto, scollato, con mille frange pendenti sulle gambe snelle, perle al collo e cinturino nero tra i capelli, con quel suo odore di libertà e quella bocca rossa dischiusa in chiacchiere e risate vanesie. Edith cercò il suo sguardo mentre ancora al fianco di Grossman salutava persone conosciute e veniva presentata ad altre ignote. Come fosse un trofeo di caccia, lui, la introduceva come "il fiore all'occhiello della White Dove", la sbandierava a destra e sinistra, tronfio, e lei ripeteva come un mantra "incantata, che piacere, serata meravigliosa" ad ogni volto e sguardo che incrociava. Sotto quella superficie di donna impeccabilmente inserita nel tessuto della festa, covava e meditava la sua fuga.
Grossman sembrava un pavone allo zoo, così fiero e dritto nell'imporre la sua presenza senza rendersi conto di essere rinchiuso in una gabbia.
<< Ho bisogno del bagno...>> disse dopo circa un'ora di quello strazio, notando con la coda dell'occhio che Violette aveva lasciato la stanza salendo la rotonda scala che correva verso il piano superiore. Grossman aveva bevuto abbastanza e si era inorgoglito troppo in quel tempo per rendersi conto che il suo fiore all'occhiello aveva appena iniziato a sfuggirgli per sempre. Le accordò il permesso di andar via quasi disinteressato, tornando a parlare di banche ed interessi con un uomo dalla barba canuta e gli occhi incavati. Quando finalmente tiró via il proprio braccio e si liberò dalla puzza di sigaro, Edith iniziò a camminare velocemente, ogni passo fatto nel terrore che lui la richiamasse inesorabilmente a sé. Ma l'uomo non disse nulla ed era sempre più lontano, iniziò a correre sentendo il petto scoppiare, il fiato venire meno e il cuore rimbombare frenetico. Raggiunse il piano superiore, era semideserto fatta eccezione per qualche coppia sfuggita ai controlli parentali e una manciata di camerieri. Si guardava intorno speranzosa e spaventata, Violette era salita lanciandole uno sguardo sottile, sapeva che si trattava di un segnale per lei, l'avevano fatto così tante volte, ma quella volta era troppo agitata, non riusciva a riflettere, non riusciva a giocare al loro "nascondino tra la gente". Per fortuna, fu Violette a trovare lei. Le dita sottili della donna le afferrarono il polso sbucando oltre una colonna, furtiva la trascinò in una stanza e saltellando iniziò a ridere leggera come solo lei sapeva essere.
<< Uno per Violette, Zero per te!>> disse indicandola divertita, ma poi vide il suo sguardo e tutta la spensierata ironia le morì sul volto.
<< Cosa è successo Edith?>> aggiunse questa volta seria, la giovane non rispose, avanzò verso di lei e protendendo le braccia crollò sul suo petto stringendola con enfasi.
<< Edith, che succede mia ribelle? Che succede? Ti ha fatto qualcosa? Edith ti prego rispondimi!>>
<< Non ancora Viol, ma non ho più tempo... stanotte fuggiró via. Puoi aiutarmi? >>
Edith la lasciò andare dalla sua stretta piena di necessità e sofferenza, solo allora con lo sguardo provato incrociò gli occhi della donna.
<< Perché adesso? Cosa è successo?>>
<< Ti racconterò tutto quando saremo a Parigi, ma ora ho bisogno di sparire. Gli invertiti che non vogliono rinunciare alla loro follia meritano il manicomio o il carcere dice lui...>>
Violette che sempre aveva un sorriso o una parola di conforto quella volta tacque. Alta e fiera come un'amazzone, lei, aveva compreso ogni cosa e senza indugiare un attimo o chiederle altro prese entrambe le mani della giovane e le strinse forte nelle sue.
<< Oh piccola mia, non sa quanto si sbaglia quel mostro. Non solo non andiamo in manicomio, ma provvediamo l'uno all'altro in ogni paese del mondo. Adesso torniamo giù, ti indicherò un uomo, si chiama Renè, quando ti farò cenno andrai da lui. Fidati, fa tutto ciò che ti dice. Non venirmi vicino e non parlarmi, guardami soltanto, sta attenta ai miei messaggi. Andrà tutto bene. Renè si prenderà cura di te fino al mio arrivo!>>
<< Tu mi salvi la via Violette. Te ne sarò riconoscente per sempre.>>
<< Piccola Edith, tu l'hai salvata a me. Ti chiedo solo una cosa, dì addio alla tua Mary Rose o sarà il più grande rimpianto di tutta la tua vita! Non hai più di un'ora però!>>
Violette la abbracciò con forza, le labbra si poggiarono sul suo collo e dolcemente lasciò li un bacio appena sfiorato.

<< Andrà tutto bene!>> aggiunse prima di lasciarla andare.

Last summer in FortmayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora