Prologo

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Tutti i venerdì, come di consueto, Helena si reca a casa dei suoi per assicurarsi che ogni cosa sia al suo posto: le piante accuratamente innaffiate e le mensole della sala spolverate. Fortuna sua che c'è sempre ben poco da fare!

Sua madre ha appena sfiorato i sessanta e sarebbe ancora piuttosto in grado di occuparsi della casa, se non fosse per quel maledetto Parkinson che l'ha raggiunta troppo in fretta. Così giovane eppure già vicina allo stadio finale.

Suo padre fa tutto il possibile per lei specie quando il lavoro e i ragazzi sottraggono alla sua unica figlia del tempo riducendola ad uno straccio strizzato e privo di ogni impurità.

«Resta pure con mamma, oggi sarò io a prendermi cura dei gerani.»

Alla vista di suo padre, una mano all'annaffiatoio e l'altra a sostenere una busta di concime, Helena si precipita ad offrire il suo aiuto.

Lì per lì non dà cenno di ritirarsi, poi lo vede poggiare il tutto a terra e fare le scale.

Una volta sistemate le piante in giardino e spolverato i punti in cui la polvere sembra attecchire con più facilità, Helena si sposta al piano superiore per andare a sciacquarsi le mani in bagno. I suoi tacchi risuonano forti sul parquet che tappezza il pavimento della casa. Compiuto l'ultimo gradino si dirige spedita verso la porta in fondo al corridoio, quando una folata di vento spalanca lo studio alla sua destra.

"Meglio richiudere prima che sbatta la porta" pensa ma, senza rendersene conto, è già dentro la stanza. Un forte profumo di legno intarsiato le assale le narici mescolandosi all'odore di vecchiume di alcuni volumi ordinatamente disposti sulla libreria. Non le capita di frequente di entrare nello studio di suo padre. La stanza è sempre tenuta sotto chiave, soprattutto quando il più piccolo e vispo dei suoi nipoti è nei paraggi. Persino ad Helena non è permesso di entrare. I soli ricordi legati a questa stanza sono indistinte e fumose tracce dal passato. E quello stesso passato riaffiora a tratti non appena il suo sguardo corre ad abbracciare gli oggetti nella stanza; sorride quando le sue iridi color del cielo si soffermano su quello che suo padre definiva il suo tesoro più grande dopo le sue donne.

"È questo, dunque, il tuo angolo di paradiso, papà?" pensa continuando a guardarsi intorno come se si aspettasse di trovare qualcosa d'altro che le provocasse una seppur lieve reminescenza.

"Ma che diavolo..." O magari qualcosa aveva trovato lei.

Il suo piede picchietta più volte a terra. In quel punto le assi di legno emettono uno strano rumore. Helena si china a terra e batte tre colpi: lì sotto doveva esserci qualcosa. Una delle assi presenta una piccola scheggiatura all'estremità e questo fa sì che appaia sollevata rispetto alle altre. Helena si aiuta con due dita e, con il minimo sforzo, riesce a tirare via il pezzo di legno; infila una mano nel buco estraendone un libro.

"Perché nascondere un libro sotto il pavimento?" si chiede passando una mano sulla copertina polverosa. Uno spesso strato di polvere vola via contaminando l'aria fresca e sana che aveva dimorato nello studio fino a che la finestra non era stata chiusa. Helena si rigira il volume tra le mani pensierosa, poi quasi esitando prende a sfogliarlo.

"Non è un libro, è un diario!" puntualizza passando in rassegna ogni pagina contrassegnata da una grafia infantile e tondeggiante. Noncurante legge qualche rigo e subito realizza trattarsi di un racconto. Probabilmente doveva essere appartenuto alla figlia dei vecchi proprietari della casa. La donna si sente quasi a disagio e con titubanza si chiede se sia giusto scavare nella testa sognante di quella ragazza. Mai si era permessa di sbirciare i rispettivi diari delle sue figlie, per quale motivo avrebbe dovuto farlo proprio ora?

D'un tratto qualcosa attira la sua attenzione: un nome, il suo.

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