Capitolo 1.

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Silenzio.

Un tombale e raggelante silenzio scava i nostri volti assenti come se un branco di Dissennatori ci avesse derubati di tutta l'essenza vitale; sigilla le nostre bocche che solamente si aprono ad accogliere grandi cucchiaiate di brodo caldo. Silenzio si riflette chiaro nei nostri occhi che mai si sfiorano nemmeno con la promessa di infrangere quella quiete attraverso un fugace sguardo. Silenzio che brama con tutte le sue forze di auto-distruggersi in un suono che non sia il clangore del cucchiaio contro il piatto, né la voce cantilenante del direttore del Tg5 che lancia il prossimo servizio.

Inutile a dirsi, su ognuno di noi grava una totale assenza di comunicazione: si mangia tutti, in religioso silenzio, guardando il telegiornale e poi ci si chiude chi in camera a studiare, chi in cucina a sbrigare le ultime faccende e chi in sala a schiacciare un pisolino in piena fase digestiva.

Ma non oggi! Quest'oggi le cose cambieranno o almeno proverò a rompere gli indugi assistendo mamma in cucina.

Non appena la stanza si libera, scatto in piedi pronta a sparecchiare.

«Be', che t'è  preso? Di solito sparisci in camera tua senza nemmeno alzarti a togliere il tuo piatto» osserva lei con stupore.

Non male come inizio! «Diciamo che ho deciso di ascoltare la voce della mia coscienza.» In tre rapide mosse ripiego la tovaglia per riporla nel cassetto.

Il notiziario è  finalmente  giunto al suo termine ricordando l'orario della nuova edizione in onda alle venti. Questo fa sì che le mie interiora aggrovigliate dal senso di nausea per le notizie date, tornino al loro posto. Sono sempre stata particolarmente sensibile ai fatti di cronaca nera. Mi basta sentir parlare di stupri e maltrattamenti a minori di età inferiore ai tre anni per inorridire e sentire il mio stomaco accartocciarsi come si fa con un fazzoletto di carta usato. Se dipendesse da me, on d'evitare spiacevoli manifestazioni del mio malessere, preferirei fasciarmi la testa di idiozie piuttosto che guardare e ascoltare qualcosa contro la mia volontà. In prosieguo di tempo, la sigla Mediaset annuncia l'inizio del programma che per dodici anni ha mantenuto vivo l'interesse di mezza Italia: Amici di Maria De Filippi.

Erano, suppergiù, due anni che avevo smesso di guardare Amici più per mancanza di interesse che di tempo, ma mia madre continuava a seguirlo specie se questo l'accompagnava nelle pulizie domestiche.

Sempre la stessa solfa, sbuffo con aria annoiata gettando di tanto in tanto un'occhiata allo schermo vitreo del vecchio televisore.

Alle mie spalle, uno dopo l'altro, ballerini e cantanti si sottopongono al temibile giudizio di professori sempre meno tolleranti. I criteri di selezione cambiano di anno in anno e con essi le esigenze degli esaminatori.

D'un tratto Luca, il co-presentatore e braccio destro della conduttrice, fa il nome di un tale chiamato Emanuele Corvaglia. Questi entra di corsa in studio con la sua chitarra prendendo posizione al centro dove i tecnici gli sistemano asta e microfono all'altezza delle labbra.

Non è il classico belloccio che colpisce alla prima occhiata.

Di bello non ha proprio niente, a dire il vero.

Fisico longilineo nascosto da una camicia di jeans munita di cappuccio e lacci felpati, capelli castani, ben pettinati, convergono all'altezza della fronte in un ciuffo che di solito si vede in testa ai bambini; appena sopra le labbra, ecco spuntare i tre peli incolti che ha per baffi. Ma davanti alla dolcezza disarmante di quegli occhi, l'incorruttibile solidità del mio gusto critico, pare incrinarsi. È sufficiente un rapido primo piano sul suo viso per affogare nel liquame scuro ed infinito che alberga nei suoi occhi; mi sento quasi risucchiare in quelle profonde cavità orbitali e udire il richiamo di voci lontane gridare l'ansia di cui è preda. Persino Maria sembra aver notato quest'ultimo particolare. A quella donna, del resto, non sfugge mai niente! Che io ricordi si è sempre circondata di ragazzi facendosi carico dei loro problemi, ascoltando le loro preoccupazioni seduta su una sedia con una parola di conforto per tutti.  Allo stesso modo ora interagisce con lui che con fare impacciato si presenta al pubblico e alla commissione guardandosi intorno spaurito, con un pesante fardello sulle spalle: una platea da non deludere. Sta di fatto che, ad ogni domanda di lei, risponde con un sorriso e una battuta concisa cui fa seguire una risata nervosa. Ciononostante sembra che quella chitarra che tiene stretta a sé, gli infonda un briciolo di coraggio; quanto basta per pronunciare frasi di senso compiuto.

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