«Sveglia ragazze! Sbrigatevi che vi do un passaggio a scuola» la voce tonante di papà mi strappa quasi con violenza al sonno.
Dalla finestra la fioca luce dei lampioni attraversa l’intera stanza che, a causa del cattivo tempo, rimane ancora parzialmente avvolta nel buio. Il rumore delle macchine che raschiano l’asfalto bagnato e pozze d’acqua che vengono scaraventate al passaggio dei mezzi ai lati della strada, si ripercuotono incessantemente nella mia testa tanto che, neanche volendolo, li potrei ignorare e riaddormentarmi.
Pigramente allungo un braccio in direzione del comodino su cui poggia il mio cellulare. Il display segna le sei e cinquanta.
Grazie papà! Dieci minuti, dieci schifosi minuti a poltrire in questo letto, è chiedere troppo forse? Reduce da una notte insonne trascorsa a studiare come un’inetta più di ottanta pagine di storia, il mio corpo ciondolando si appresta a lavarsi, nutrirsi e vestirsi. Il mio incarnato scuro sembra sia stato cancellato a forza a mostrare un viso etereo, quasi baluginante; due chiazze grigio-violacee circoscrivono i miei occhi neri tanto da farmi apparire come il più terrificante degli zombie.
Circa un’ora dopo eccoci in macchina pronti a partire. Le strade sono ridotte a tanti piccoli laghi e la visibilità è messa a dura prova dall’insistente picchiettare della pioggia sul parabrezza appannato e gocciolante. Piccole perle traslucide vanno a disegnare striature non omogenee sui vetri e, quasi inconsapevolmente, il mio dito indice si illude di tracciare il percorso di ciascuna di esse. La pioggia mi aveva sempre affascinata, a dire il vero. In essa cercavo pace e conforto, specie quando il mio caos interiore prendeva il sopravvento; mi bastava osservare quelle lacrime sgorgare dal cielo per sentirmi meno sola, a volte.
Una volta in classe siedo al mio banco e mi preparo ad affrontare una giornata tutt’altro che piacevole. La campana suona e una donnina fa il suo ingresso in classe. Capelli biondo cenere raccolti in un minuscolo chignon all’altezza della nuca, occhi piccoli e verdi nascosti dietro due spesse lenti dalla forma quadrangolare e labbra sottili ma sempre ben aperte ad accogliere un sorriso sincero e benevolo. La prima ora con lei passerà in un soffio.
«Si può sapere chi cazzo è ‘sto Emanuele?»
Il silenzio che sino ad allora aveva regnato sovrano in una classe immersa nella lettura di Macbeth, viene immancabilmente deturpato da una voce alle mie spalle, una voce che avrei fatto volentieri a meno di sentire. D’istinto, sebbene sia ormai troppo tardi, mi sporgo in avanti a coprire con le braccia quel lato del banco su cui otto lettere in nero fanno capolino palesando ogni traccia di emozione sul mio viso.
«E’ quel coglione ritardato di Amici!» fa eco una seconda voce ridacchiando. L’intera classe si unisce alla risata.
Okay Giorgia, respira a fondo. La regola è semplice: ignorali e la smetteranno. Purtroppo, come temevo, neanche il rimprovero di un’insegnante riesce a placare il loro stupido teatrino e, come se non bastasse, una serie di calci arriva a colpire il mio Eastpak che con un tonfo sordo cade a terra. Stringo le palpebre e i pugni che poggiano sul libro aperto, i respiri si fanno affannosi e pesanti, ma con tutte le forze cerco di resistere e ricacciare dentro l’istinto omicida di prenderli a sprangate sui denti.
«Gio toglimi una curiosità», riprende il primo con aria assai divertita, «sei davvero così stupida da pensare di potergliela dare?» La patata bollente mi è finita tra le mani ed il bruciore sta spasmodicamente attraversando il mio corpo al suono di cento frustate al secondo. Segue una risata sguaiata che rende partecipi anche le mie compagne di banco.
Tutti.
Gli occhi di tutti piantati addosso ad osservare le variazioni di colore sul mio viso, ora rosa, ora rosso, ora viola. Ferita nell’orgoglio e offesa dalla sua squallida battuta, mi giro ad assestare un manrovescio alla sua guancia destra sotto gli occhi basiti della professoressa.

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Pulse
FanfictionGiorgia è una comunissima ragazza di diciotto anni: diligente, ribelle e piena di vita come del resto molte delle sue coetanee. La sua vita, monotona e insoddisfacente, è un'altalena che oscilla tra emozione e inquietudine, tra passività e attimi di...