Capitolo 10.

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La schiena del ragazzo si stacca tanto rapidamente dalla parete per sgusciare via dalla penombra che fino ad allora aveva oscurato un semilato del suo viso. Un sorrisetto beffardo si dispiega sulle sue labbra. «Se è questo dunque il trattamento che riservi ad ogni ragazzo, non hai granché speranza di trovarne uno, cugina!».

«CLAAA!» esclamo in un grido entusiastico gettandogli le braccia al collo. Quel gesto azzardato mi viene a costare più d’un gemito di dolore che avrei fatto meglio a tenergli nascosto. Fingo che niente sia successo. «Che ci fai qui a Roma?»

Claudio si stringe nelle spalle. «Francesca sta facendo uno stage per la Yves Rocher. Oggi era l’ultimo giorno, a quanto pare» spiega senza distogliere lo sguardo dall'alone rosso scuro che impregna la manica destra della mia giacca di jeans.

Un velo d’imbarazzo tinge le mie guance di un colore dalla gradazione più vicina al magenta, mentre mi affretto a formulare una nuova domanda: «Come sta il piccolo Alessio? Ho visto le foto, è cresciuto molto!»

I suoi occhi blu cobalto leggermente screziati d’oro, battono ciglio un paio di volte prima di incrociare i miei.

Un lungo sospiro erompe dalle vie respiratorie, non riuscendo più a contenere la soddisfazione di aver momentaneamente deviato i suoi interessi.

«Be’, Alessio sta benone e cresce a vista d’occhio, ma» i suoi occhi ruotano nuovamente in direzione del mio braccio, «quella ferita? Ti va di dirmi come te la sei procurata senza provare a fregarmi?»

Touché.

Mi mordicchio un labbro sviando lo sguardo da un’altra parte. Sarebbe stato più semplice, forse, trovare le parole giuste soppesando con lo sguardo qualcosa che non somigliasse a quei magnetici occhi blu. Il vero problema è, cosa avrei inventato? Non posso certo spiattellargli la verità nuda e cruda di come rocambolescamente avessi salvato la vita ad un’anziana donna per strada.

«All'uscita dall'università ho svoltato l’angolo in tutta fretta per raggiungere la fermata più vicina, ma sono scivolata e ho finito per atterrare su una bottiglia di vetro scheggiata.» Le parole fuoriescono l’una dopo l’altra in un tono pacato che ostenta una spaventosa sicurezza di cui non conosco l’origine.

Magari dovrei fare l’attrice!, penso piegando gli angoli della bocca in un sorriso compiaciuto mentre osservo esterrefatta la figura di Claudio polverizzarsi e mescolarsi all'atmosfera anch’essa misticamente in trasformazione. Il presente evapora in una nube fumosa prima di ricompattarsi in una scena dal passato che mi ricorda con quanta passione e bravura sapevo muovermi su di un palco sotto gli occhi di più di mille spettatori tra genitori, studenti e professori.

Una quindicenne timida e impacciata aveva barattato il proprio corpo con quello di una gatta sinuosa e indomabile, protagonista di una delle tante scene memorabili del musical Cat’s.

Un colpo di finta tosse mi richiama alla realtà. «Scusami, dicevi?»

Claudio, gli occhi al cielo, torna a schiarirsi la voce. «Dicevo che spero tu abbia fatto medicare quella ferita!»

«Certamente, dopotutto non sono così incosciente come voglio far credere. O almeno non lo sono più.»

Lui non dice nulla, si limita ad abbozzare un sorriso picchiettando con il dito indice la punta del mio naso come era solito fare quando da bambina mi cacciavo in qualche pasticcio. Sia che rubassi una fetta di torta, che riducessi l’orto di mia nonna ad un campo di battaglia o che fumassi di nascosto in bagno, Claudio era sempre pronto a spalleggiarmi assumendosi la colpa di ogni mia malefatta. Che anche questa volta abbia fiutato odore di bugia?

Tra lo stridore dei freni e lo sferragliare delle ruote la metro si ferma al binario per far scendere i passeggeri.

Mi volto indietro per salutare mio cugino il cui collo ha preso a zigzagare nella disperata ricerca di sua moglie. «Allora io vado» lo saluto mescolandomi alla folla di nuovi passeggeri. «Salutami Francesca e abbraccia il bambino da parte mia.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 22, 2014 ⏰

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