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Mi sveglio. So di esserlo. Si tratta di una sensazione mentale, prima ancora che fisica. Avverto un vago tepore diffondersi lentamente per le membra, e la prima aria che mi penetra attraverso le narici lascia dietro di sé un lieve prurito. Non riesco ad aprire gli occhi, so che ci vorranno ancora diversi minuti, durante i quali non dovrò far altro che rilassarmi e riprendere il filo dei miei pensieri.

Poi, mentre giaccio immobile nel mio giaciglio, da qualche parte sotto di me scatta un ronzio sordo, e subito dopo comincio a sentire qualcosa che scivola lungo il mio corpo intorpidito, avviluppandolo completamente. Ecco, le procedure di risveglio sono iniziate e con il trascorrere dei minuti la sensibilità comincia a tornare solleticandomi le punte delle dita.

Il cuore, prima quasi fermo, ora batte più forte, con normalità. Ma non vi ero più abituato, e ho l'impressione che voglia schizzarmi fuori dal petto. Il sangue, prima ridotto a un rivolo pigro che scorreva attraverso vene e arterie, adesso le scuote come un torrente in piena. I polmoni si dilatano sotto la spinta di respiri sempre più ampi e profondi. I muscoli si rilassano e si contraggono ritmicamente, tornando ad assaporare la tonicità di un tempo. Dunque è questo che significa essere vivi. Una sensazione forse banale, della cui bellezza solo adesso mi rendo conto, dopo tre anni di sonno.

Finalmente riesco a schiudere le palpebre. Una luce soffusa, calda e piacevole, si stende intorno a me. Il mio corpo è unto da una lozione oleosa molto densa, e delle rotelle automatiche lo stanno massaggiando per riattivare la circolazione e stimolare muscoli e terminazioni nervose. Un processo lungo, che in tutto durerà più di un'ora, ma necessario. Se dovessi fare un movimento improvviso, anche solo sollevare un braccio, le mie ossa e i miei muscoli, non più abituati all'attività fisica, potrebbero spezzarsi o andare addirittura in briciole. Per questo devo stare tranquillo e aspettare. Ripasso mentalmente tutto ciò che dovrò fare una volta uscito di qui. Non molto in realtà, ma è indispensabile che non dimentichi nulla, potrebbe andarne dell'esito della missione. Con la coda dell'occhio guardo alla mia sinistra. Su un pannello risaltano dei numeri digitali. La prima serie è una lunga fila di zeri, che indicano la fine del conto alla rovescia per il mio risveglio. La seconda segnala l'anno corrente sulla Terra. Sì, ne sono trascorsi tre dalla mia partenza, una frazione quasi insignificante di quelli che ancora mi attendono. Tre anni che tuttavia mi sembrano un'inezia rispetto ai settanta minuti che mi separano dall'apertura del coperchio. Con il corpo che inizia a risvegliarsi aumenta anche la voglia di uscire e stringo i denti per resistere a un'ondata di claustrofobia. Devo calmarmi. Chiudo nuovamente gli occhi e mi abbandono al flusso dei miei pensieri. Il lungo viaggio, la missione, la Terra, già così lontana, e coloro che ho lasciato laggiù...

Poi, finalmente, con uno scatto di cerniere idrauliche il portellone si schiude e un alito di aria fresca penetra all'interno.

Eccomi fuori da quella gabbia di ghiaccio. I primi passi mi danno il capogiro e sono costretto ad aggrapparmi a una provvidenziale maniglia fissata alla parete per non cadere. Tuttavia è bello avvertire il pavimento tiepido sotto le piante dei piedi e anche camminare sembra un'esperienza nuova, mai provata prima. Non so cosa darei adesso per una bella doccia e una colazione abbondante, ma sono lussi che non posso permettermi, non ho molto tempo a disposizione. Rivestirsi sembra sulle prime un'operazione impossibile, ma via via che procedo i miei movimenti si fanno più naturali, più sciolti. Il mio corpo li conosce a memoria, non li ha mai dimenticati, ha solo bisogno di un po' di esercizio per riacquistare la mobilità perduta.

Esco dalla mia cabina e mi ritrovo nello stretto corridoio. Anche qui la temperatura è perfetta e i neon sul soffitto rischiarano l'ambiente. Il computer automatico di bordo, in vista del mio risveglio, ha attivato tutti i sistemi per mettermi a mio agio. Più tardi, quando mi ibernerò di nuovo, la nave sprofonderà ancora in una fredda oscurità, fino al prossimo appuntamento.

Mal di vegliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora