IV.I

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Sono vivo? Penso, dunque lo sono. Ma non posso averne la certezza finché non riuscirò ad aprire gli occhi e muovermi. O forse sono ancora all'interno di un sogno, chi può dirlo? Mi sento strano. Stanco, spossato, come se avessi dormito tre ore all'addiaccio su una panchina, dopo una notte di bagordi per i locali della città. Una città che forse non esiste neanche più. Quanti anni sono passati ormai? Dovrebbero essere più di quattrocento. Duecentocinquanta dal mio ultimo risveglio. Il mio corpo riuscirà a resistere? O magari un giorno si arrenderà, stufo di sfidare le immensità dello spazio e del tempo, abbandonandosi alla morte ingannata sin troppo a lungo? Proprio come è accaduto a Moore... Moore! L'avevo quasi dimenticato! Chissà come hanno preso la notizia gli altri. Non ce la faccio ad aspettare, ma quanto ci vuole? Ogni volta le procedure di risveglio durano di più, saranno quasi due ore che ho ripreso i sensi. È solo grazie al benessere provato dalle mie membra che si lasciano manipolare dolcemente se riesco a contenere la mia agitazione, altrimenti avrei già iniziato a dibattermi e a urlare per uscire. Eppure continuo a sentirmi terribilmente stanco. Non fisicamente, ma mentalmente. Ma certo! Anche se il mio corpo è rimasto ibernato per due secoli e mezzo, mantenendosi giovane e fresco, lo stesso non può dirsi del mio cervello, che nel frattempo ha continuato a lavorare incessantemente, sognando ed elucubrando tra le nebbie del mio inconscio. Ed è stato ben consapevole del lento trascinarsi degli anni. Ha contato uno ad uno i granelli del tempo che scorrevano tra le mie dita congelate. È rimasto intrappolato qua dentro, impossibilitato a muoversi e interagire con l'esterno, avviluppato su se stesso e nelle sue visioni. Come ho fatto a non impazzire? O forse già lo sono...

Lo scatto metallico del coperchio che si apre mi strappa al flusso dei pensieri. Sono libero, di nuovo. Solo per qualche ora, ma ogni singolo minuto mi sembra un tempo infinitamente prezioso. Arranco, sospinto più dalla forza di volontà che dalle mie gambe, che ancora non si sono completamente riprese. I muscoli, troppo a lungo rimasti inattivi, si tirano e mi dolgono, ma non posso fermarmi. Giungo a fatica alla cabina di comando e mi abbandono sulla poltroncina. Rimanderò a più tardi le mie mansioni, quando avrò smaltito lo sforzo. Ora c'è qualcosa di cui voglio assolutamente accertarmi.

Scorro il diario di bordo fino all'annotazione di Sullivan, immediatamente successiva alla mia ultima.

È terribile. Come è potuto accadere? Cosa è andato storto? Ci avevano assicurato che questo viaggio sarebbe stato assolutamente privo di rischi se ci fossimo attenuti alle istruzioni. E invece Moore ci ha rimesso la pelle. Perché i congegni di sicurezza non si sono attivati? Perché, se la capsula criogenica ha smesso improvvisamente di funzionare, il dispositivo di emergenza non lo ha risvegliato in anticipo? Magari lui potrebbe darci una risposta, visto che era tra i progettisti di questa nave. E invece è rimasto lì dentro a crepare, forse percependo la morte che si impossessava di lui. Ho dato uno sguardo veloce al cadavere, quel poco che ne è rimasto, e non posso affermare con certezza che non abbia sofferto nei suoi ultimi istanti. Lo conoscevo da poco, ma condividendo con lui la stanza durante il nostro addestramento mi ci ero affezionato. Povero Moore, e adesso

C'è qualcosa che non va. Mentre scrivevo le righe qui sopra ho udito un rumore, come un... un... Non so bene come definirlo, ma era tremendamente simile a un portellone che si apriva e si richiudeva, ma senza sbattere, con appena un cigolio sui cardini. Ho fatto un veloce giro di perlustrazione per la nave, ma non ho trovato nulla fuori posto. Possibile che mi abbia contagiato la stessa pazzia di Moore? Lo so, non dovrei esprimermi in questi termini, ma è inutile nascondercelo. Quei rumori che sentiva provenivano unicamente dal suo cervello, non vi sono dubbi ormai. Anche McLane ne è convinto, ma si è inventato quella spiegazione assurda sull'aumento di temperatura che ha dilatato la parete interna. Fortunatamente Moore l'ha bevuta e si è calmato. Peccato per la fine che ha fatto dopo... Ma che diavolo sta succedendo? Ho appena udito un ticchettio provenire dal corridoio. Sto avendo le traveggole? Forse si tratta davvero di quella dannata droga. Ho deciso che ignorerò qualsiasi cosa senta d'ora in poi, non cadrò nella trappola dell'autosuggestione. Forse è meglio tornare a nanna. Il mio prossimo risveglio è previsto tra tre secoli. E spero di non avere altre brutte sorprese.

Finisco di leggere con una punta di disgusto e delusione. Come può Sullivan parlare così di Moore? Forse, nel messaggio che McLane aveva lasciato e che non ho potuto leggere, c'era scritto qualcosa che spiega queste sue parole, ma ai miei occhi ciò non giustifica il denigrare così un nostro compagno e stimato professionista, per di più morto in circostanze tragiche. Ma se il rapporto di Sullivan mi ha turbato, devo arrivare a quello di Li per scoprire fino a che punto può spingersi il cinismo degli esseri umani.

Devo ammetterlo, sono affranto e sollevato al tempo stesso. Ovviamente mi dispiace per Moore, era un buon collega, oltre che un genio riconosciuto nel suo campo. Ma quei suoi deliri cominciavano a turbarmi. Avrebbe fatto meglio a tenerseli per sé, senza seminare scompiglio tra noialtri. Voglio dire, non basta essere a milioni di chilometri dalla Terra, completamente estraniati dallo scorrere del tempo, costretti a risvegliarci per poche ore ogni tot decenni o secoli, eseguire una serie di operazioni di routine che esaspererebbero anche una macchina e poi tornare a dormire per altri cento e passa anni? Doveva mettercisi anche lui a complicare le cose e farci venire le paranoie?

Scusate lo sfogo, ma non ne potevo più. Sento che sto perdendo il controllo dei miei nervi, non so se è colpa della droga come sostiene Sullivan, o dei vaneggiamenti di Moore, che hanno fatto presa sul mio cervello più di quanto credessi. E poi... Oh, al diavolo, forse sto impazzendo anche io, ma sono sicuro di quello che ho sentito! Prima, mentre ero nel laboratorio a passare in rassegna le strumentazioni per verificare che fossero intatte, ho sentito dei passi provenire dalla cabina di pilotaggio. Sono venuto subito qui, ma non appena sono entrato ho udito lo stesso rumore nel laboratorio in cui ero fino a pochi istanti prima. È impossibile, lo so, eppure... Tutto questo mi ha ricordato qualcosa. Ho controllato le registrazioni precedenti, e ho scoperto che anche a Moore era capitato lo stesso identico episodio. Cosa significa? C'è forse un contatto difettoso, un cavo penzolante che sbatte tra le pareti di lamiera e provoca questo effetto bizzarro? Voglio credere che sia così, ma la mia mente si rifiuta e scivola senza controllo in scenari da incubo, l'uno più terrificante dell'altro. Basta, voglio dormire e dimenticare tutto questo. Quando è il mio prossimo turno di risveglio? Tra trecentocinquanta anni se non ricordo male. Andrebbe bene anche un millennio, se solo sapessi che per allora saremo arrivati a destinazione e questo viaggio allucinante sarà finito.

Impressionante. Non trovo altri termini per esprimermi. Anche Sullivan e Li hanno dato prova delle loro debolezze, ma non posso biasimarli. Io stesso comincio a perdere il controllo, e sono certo che se in questo medesimo istante dovessi udire qualche rumore strano, i miei nervi finirebbero a pezzi come cristallo sotto i colpi di un cannone. Tendo l'orecchio. Cosa era quello? Qualcuno ha attraversato il corridoio? No, solo il fruscio della ventola. Tiro un sospiro di sollievo, ma so che è una mera consolazione temporanea. Al prossimo suono inaspettato sarò di nuovo in allarme, pronto a balzare in piedi e mettermi a correre. Come è possibile vivere in questo modo, costantemente all'erta? Ora capisco perché Sullivan e Li non vedevano l'ora di rientrare nelle capsule, e Moore prima di loro. Stai tranquillo Steven, va tutto bene, riprendi il controllo di te stesso. Non c'è niente e nessuno a parte te e i tuoi tre compagni che dormono. Non hai nulla da temere. Giusto, non devo comportarmi da sciocco. Qualsiasi sia l'origine dei rumori avvertiti da Sullivan e Li, deve esserci per forza una spiegazione perfettamente logica e plausibile. Assolutamente. Mi resta un ultimo rapporto da leggere. Sono sicuro che il colonnello McLane avrà scritto qualcosa di tranquillizzante, nel suo solito tono militaresco che non ammette repliche.

Mal di vegliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora