Mi sveglio. So di esserlo. Si tratta di una sensazione mentale, prima ancora che fisica. Un momento, ho già vissuto tutto questo. Ho già pensato queste parole. Nel buio che si fa poco a poco più caldo e accogliente prendo consapevolezza della mia condizione. Sono in un'astronave che sfreccia nello spazio, a centinaia di milioni di chilometri dal luogo che chiamavo casa. Intorno a me solo oscurità e silenzio. Impossibilitato ad aprire gli occhi, impossibilitato a muovermi, non mi resta che l'attesa. Che stavolta però è più spasmodica della precedente. I sistemi avranno funzionato a dovere? Avrò preso la giusta dose di droga? Ci era stato spiegato chiaramente: una quantità eccessiva e il sonno sarebbe divenuto eterno, una ridotta e ci saremmo svegliati prima del tempo, mandando a rotoli il programma. Come ho fatto ad agire con così tanta leggerezza quando l'ho ingoiata? Avrei dovuto ricontrollare la quantità per almeno tre volte, invece l'ho ingerita con noncuranza, troppo preso a scrivere quello stupido diario. E ora? Sono in grado di pensare e ricordare, quindi non credo di essere morto. Ma chi può dirlo... No, è ben più reale e sconvolgente il pericolo di essermi svegliato in anticipo. In tal caso dovrei assumerne un'altra dose, con il rischio che il mio fisico ne risenta in maniera fatale... Non mi resta che aspettare e scoprire la verità. Sì, ancora quel ronzio, i sistemi di risveglio della capsula criogenica che si mettono in moto. Questo almeno mi dà la certezza di essere vivo. Ora devo solo aprire gli occhi, ma è ancora troppo presto per riuscirci.
Finalmente le palpebre si schiudono e immediatamente lo sguardo corre ai display. Il primo inanella di nuovo una lunga fila di zeri. Il secondo ha la cifra delle decine aumentata di uno e quella delle unità di due rispetto all'ultima volta. Altri dodici anni. Tutto è andato come previsto. Lascio sfuggire tra le mie labbra un lungo sospiro di sollievo, ma questo mi provoca un improvviso attacco di tosse che scuote l'intero corpo, trafiggendolo di fitte lancinanti. Un così lungo tempo di inattività potrebbe aver causato danni irreversibili all'organismo e non posso assolutamente muovermi finché la procedura di risveglio non sarà terminata. Durerà più della scorsa volta, e così avverrà per quelle successive, allungandosi in proporzione al tempo che trascorrerò qui dentro. Adesso almeno mi sono calmato e posso attendere serenamente la fine del processo.
Sono fuori. Tutto si ripete come dodici anni fa. I miei passi muti lungo il corridoio, le operazioni svolte con minuzia e concentrazione, ma senza una vera spinta di volontà che mi muova. Faccio quanto mi è stato comandato, lo faccio meglio che posso, ma non mi impegno realmente. Il mio corpo è presente e obbedisce a un rivolo di coscienza che mi tiene ancorato qui, ma la mia mente è altrove... Dove? Forse è rimasta ad aleggiare tra i sogni che hanno accompagnato gli ultimi dodici anni della mia vita. Si è talmente assuefatta a essi che ormai li considera come la vera realtà, lasciando le incombenze di quella che ha declassato a mera dimensione provvisoria a un comparto secondario del mio cervello. Ecco perché mi sento totalmente estraniato. Il mio mondo ormai è quello dei sogni, non più questo. O forse... Forse invece si tratta della Terra. La spinta di questa nave ci ha strappato alla sua forza di gravità, ma la mia mente, la mia anima, sono rimaste ben salde laggiù, impossibilitate o riluttanti a separarsene. Sì, dev'essere per forza così. Cosa è questo nulla cosmico che ci circonda? Noi non vi apparteniamo. Il giallo del sole, il verde dei prati, l'azzurro del mare... Questi sono i nostri colori. Non il nero della notte, che fin dagli albori della nostra specie abbiamo cercato di scacciare con la luce del fuoco. Siamo stati attratti quassù dallo splendore delle stelle, come lucciole ipnotizzate dalla fiamma, e come esse ci attende la stessa fine. Che sciocchi siamo stati! Eppure, a pensarci bene, cosa ho da rimpiangere della Terra? Il sole, i prati, il mare... d'accordo, ma quelli potrebbero esistere anche altrove. La natura? Ma la natura è l'universo stesso, e io vi sono immerso anche in questo momento. L'umanità forse? No davvero. Sono sempre stato un misantropo, chiuso nel mio laboratorio o in giro per il mondo, in luoghi remoti e selvaggi per analizzare nuove specie animali e vegetali. Oltretutto non ho familiari e pochissimi amici. È anche in ragione di ciò che sono stato selezionato per questa missione: nessuno avrebbe sentito la mia mancanza. Cosa è allora questo malessere? Mentre sto seduto sulla poltroncina della cabina di pilotaggio, con i piedi appoggiati sulla console, getto una fugace occhiata al di là del vetro, e capisco la risposta. Non è ai sogni della mente, né ai ricordi del passato, che si aggrappa il mio animo, lasciandomi ora in una specie di limbo. No, esso è già oltre. Ha travalicato i confini dello spazio e del tempo e mi attende già laggiù, oltre le profondità stellari, nel nuovo mondo verso cui siamo diretti. Ancora molti secoli mi separano da esso, ma è solo questione di tempo, una lunga attesa, e poi finalmente potremo ricominciare, sotto un nuovo sole...
Mi riscuoto di colpo. Sono uno stupido. Come posso perdermi in simili fantasticherie? Sono solo al mio secondo risveglio, ad appena quindici anni dalla partenza, e già inizio a perdere il contatto con la realtà? Se non mi concentro e svolgo a dovere il mio compito non vivrò abbastanza per arrivare alla prossima disibernazione, programmata tra ben centosessanta anni. Un intervallo temporale che mi fa paura al solo pensiero. Dovrei cancellare immediatamente queste parole, rimuovendole dai miei occhi e dalla mia mente. No invece, le lascerò qui, a perenne simbolo della mia stoltezza, e rileggendole potrò rinfrancarmi e ritrovare me stesso ogni volta che starò per cedere.
Meglio pensare ad altro. Magari stavolta sul diario di bordo qualcuno ha lasciato scritto qualcosa di interessante. La volta scorsa dopo di me è toccato a Sullivan risvegliarsi, il matematico, mentre Li, il fisico della spedizione, ha saltato il turno, come da programma. A ogni nuovo giro uno di noi resta ibernato secondo una rotazione inversa a quella di risveglio, e questa sarà la volta di Sullivan, la prossima la mia, seguito da McLane e infine da Moore, per poi ricominciare daccapo con Li. È una misura precauzionale per evitare che un uso prolungato della droga, per quanto a lunghissimi intervalli di tempo, possa creare danni al nostro fisico. I capoccioni che ci hanno addestrato non si sono dilungati troppo nelle spiegazioni, affermando che per ovvie ragioni non era mai stata testata in maniera approfondita, anche se ho come avuto il sentore che non avessero voluto dirci tutto, ed erano anzi piuttosto restii. O forse era solo una mia impressione, sono sempre stato un tipo sospettoso. No, basta così, penso troppo. Vediamo cosa hanno scritto gli altri.
Scorro all'indietro i file delle registrazioni fino a raggiungere la mia, risalente ormai a dodici anni fa. Nulla di che, i soliti dati sulla rotta, le condizioni della nave e due brevi frasi di saluto indirizzate agli altri che avrebbero letto le mie righe. L'annotazione successiva è di Sullivan, svegliatosi un anno dopo di me. Anche lui non si è sprecato. Alla solita sfilza di freddi numeri però ha aggiunto qualcos'altro.
Un biologo, un ingegnere, un fisico e un matematico arrivano su un pianeta sconosciuto. Ben presto il cibo che avevano a disposizione finisce e sono costretti a cercare nuove fonti di nutrimento. Dopo un anno giunge una seconda missione, inviata per soccorrerli. Per primo trovano il biologo, che ha scoperto una forma di vita animale sul pianeta, è riuscito a catturarne alcuni esemplari e li ha allevati per nutrirsene, cosicché è in perfetta salute. Poi trovano l'ingegnere. Anche lui ha scoperto lo stesso animale, ma non lo alleva: ha costruito un complesso sistema di trappole e armi rudimentali per catturarlo. Anch'egli è in buone condizioni. Successivamente arrivano dal fisico. Egli ha ricoperto l'intera parete di una grotta con numeri e formule. Sembra stare bene, e quando i soccorritori arrivano, lui si limita a dare un colpetto alla roccia. Il suono amplificato dall'eco giunge all'esterno somigliando a un boato, che spaventa alcuni esemplari del solito animale che pascolano lì vicino e li spinge a una fuga precipitosa. Alcuni di essi cadono in una buca da lui scavata in precedenza ed egli può recuperarli e cibarsene. Usando questo metodo è sopravvissuto fino a quel momento. Infine è la volta del matematico. È terribilmente debilitato, ormai prossimo alla morte. Quando lo trovano sta dicendo: "Supponiamo che A sia l'insieme degli animali presenti nei dintorni e B il sottoinsieme di quelli necessari alla mia sopravvivenza...". Ha trascorso tutto il tempo a cercare una dimostrazione matematica che gli garantisse la sopravvivenza, nutrendosi solo di radici e bacche, e ci ha quasi lasciato le penne.
Ah, dimenticavo, c'era anche un militare a bordo della prima nave. Appena è arrivato ha cominciato a sparare all'impazzata eliminando tutti gli esemplari presenti nella sua zona, temendo che fossero ostili, e così è morto di fame.
Vi è piaciuta? Speriamo che a noi vada meglio...
P.S. non se la prenda colonnello, è solo una barzelletta!
Scoppio a ridere. Tipico di lui. Chi ha detto che gli analisti algebrici non hanno il senso dell'umorismo? Durante il breve periodo del nostro addestramento in cui ho avuto modo di conoscerlo, Sullivan mi ha dato l'idea di una persona solare e spensierata, ben diversa dallo stereotipo di matematico cui ero abituato, perennemente chino sulla scrivania a eseguire calcoli complicatissimi, solitario e alieno al resto del mondo. Quanto darei per poter scambiare due chiacchiere con lui adesso! Servirebbe a svagarmi un po', ma per quello dovrò aspettare almeno... Non so quanti secoli ancora.
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Mal di veglia
Science FictionCinque uomini, un'astronave e un viaggio di sola andata che li porterà oltre i confini del Sistema Solare, a colonizzare un pianeta lontano. Posti in ibernazione, si risvegliano a turno e a intervalli temporali crescenti, appena il tempo necessario...