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Rapporto #9418C inviato dal supervisore Crox al comando centrale di Nova Luja

Scrivo il presente rapporto per informare sui recenti sviluppi riguardo al caso classificato Δ433R, che hanno condotto alla sua definitiva archiviazione.

Due cicli fa un mezzo stellare sconosciuto è stato rilevato dai sensori a lungo raggio che sorvegliano il sistema, scoprendo che puntava dritto verso il nostro pianeta. I nostri pattugliatori, prontamente allertati, lo hanno intercettato per tempo e, dopo averlo rallentato, lo hanno guidato verso una delle nostre basi orbitali. È quindi seguito un periodo di frenetiche indagini per determinarne l'origine e lo scopo. È stato ben presto accertato che la nave è di fattura terrestre, ma la parte più complicata non è stata analizzarne i sistemi, realizzati con una tecnologia ormai obsoleta e quindi di facile comprensione, bensì decifrare il diario di bordo. Il testo si è rivelato scritto in un idioma ormai perduto, risalente a prima della Grande Crisi del Terzo Secolo, che segnò la scomparsa delle civiltà precedenti. Dopo lunghi studi siamo finalmente in grado di mostrarvi le conclusioni cui siamo giunti.

A quanto è risultato dai computer di bordo, la navicella era partita dalla Terra in tempi remoti e diretta qui per una missione interstellare. L'equipaggio era composto da cinque membri, il cui scopo, una volta giunti a destinazione, era stabilire un campo base e studiare le caratteristiche del pianeta, ponendo le premesse per una successiva colonizzazione. Ma gli organizzatori non avevano considerato che, nell'arco del lunghissimo tempo che la spedizione avrebbe impiegato per arrivare, l'umanità sarebbe progredita a tal punto da poter coprire la stessa distanza in un periodo molto più breve, e popolare Gliese 667 Cc con diversi secoli di anticipo sull'arrivo della nave.

In ogni caso qualcosa è andato storto.

Secondo quanto siamo riusciti a capire, ogni occupante avrebbe dovuto risvegliarsi a turno per un breve periodo, e a ogni nuovo giro il tempo trascorso tra un risveglio e l'altro sarebbe aumentato esponenzialmente. Inoltre uno dei membri, a rotazione, avrebbe saltato il proprio turno.

Ma c'era un'eccezione. La capsula criogenica II, che apparteneva al comandante della spedizione, era programmata per disibernare il proprio occupante ogni volta, con diverse ore di anticipo rispetto ai compagni. Sembra che il particolare non fosse noto agli altri, e secondo quanto emerso dai file criptati del computer di bordo, ciò era stato deciso dagli organizzatori della missione come forma di controllo sugli altri membri per verificarne la tenuta fisica e psicologica allo stress del viaggio e dei sonni criogenici. Tale mossa si è rivelata però controproducente. La presenza di qualcuno che li spiava non è passata inosservata al resto dell'equipaggio, soprattutto all'occupante della capsula I, che ha iniziato a mostrare sintomi di paranoia e stress nervoso, probabilmente amplificati dal senso di straniamento per il lungo sonno. Successivamente abbiamo rivelato delle anomalie nei dati registrati dalle capsule I e II, in corrispondenza del centoventicinquesimo anno dall'inizio della missione, e spiegabili in un solo modo: i corpi che da quel momento in poi hanno alloggiato all'interno non erano gli stessi che vi erano stati ibernati fino ad allora. C'era stato uno scambio. Inoltre uno dei due soggetti era deceduto. In mancanza di sistemi di ripresa audio o video abbiamo dovuto procedere per ipotesi nella ricostruzione di quanto accaduto, e siamo giunti a una sola conclusione logica. In un certo momento il soggetto I, che secondo i dati estrapolati si chiamava Howard Moore, durante una delle sue veglie ha sorpreso il soggetto II, tale colonnello Timothy McLane, e riconoscendolo come causa degli strani fenomeni avvenuti sino a quel momento lo ha ucciso, più o meno volontariamente, sottraendogli inoltre i codici per avere libero accesso ai sistemi della nave e a tutti i locali. Quindi ha piazzato il cadavere nella propria cella criogenica e si è ibernato in quella della vittima, facendosi passare per essa. Ciò gli ha permesso di potersi risvegliare durante i turni degli altri, alimentando i loro timori di un'effettiva presenza estranea a bordo. A un certo punto però si è visto scoperto, o comunque in pericolo, ed è passato alla sistematica eliminazione dei suoi compagni. Ma lui stesso è rimasto vittima delle proprie macchinazioni, venendo eliminato dall'ultimo rimasto.

Proprio riguardo a questi, il suo destino ci è sconosciuto. A bordo abbiamo rinvenuto solo i corpi dei soggetti IV e V, identificati come il dottor Alfred Sullivan e il professor Vincent Li, stipati nella cella frigorifera della nave. Secondo quanto riportato nel datapad appartenuto al soggetto III, un certo professor Steven Brown, in cui ha registrato i propri pensieri e che ci è stato molto utile per ricostruire gli eventi, sembra che egli abbia tentato di suicidarsi ingerendo una sostanza utilizzata per favorire l'ibernazione, ma il suo corpo non era presente a bordo della nave.

Riguardo a tale sostanza, ne abbiamo trovato diversi campioni e abbiamo eseguito dei test su di essi. Si tratta di un semplice rilassante, in grado di rallentare le funzioni vitali e completamente privo di effetti collaterali, sia a livello psicologico che fisico. Il sovraddosaggio con eventuali esiti letali è stato stimato in 1.200 grammi, ben oltre la quantità di cui erano in possesso i membri dell'equipaggio.

In ultima analisi, seppure permangono alcuni punti oscuri, come la sorte del professor Brown, ritengo che il caso possa dirsi chiuso. Questa nave rappresenta l'ultima traccia e l'estremo fallimento di una civiltà ormai estinta. Ma è proprio dalle sue ceneri che l'umanità ha ripreso vigore ed è riuscita a superare i limiti che fino ad allora l'avevano inchiodata al suo pianeta natale. Suggerisco pertanto di collocare il relitto in un museo orbitale, ed elevarlo a perenne esempio dell'ignoranza e della barbarie dei nostri progenitori.

Fine rapporto

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