VI

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Ancora io. Ancora qui. Ancora quegli occhi. Mi hanno tormentato negli ultimi secoli. Ho attraversato mille mondi onirici, sono fuggito attraverso le infinite porte della mente, più vasta di qualsiasi universo, ma erano sempre lì, intenti a fissarmi. Anche adesso, mentre la foschia del sonno si dirada e mi trovo di nuovo faccia a faccia con questa realtà allucinante. Il risveglio procede come al solito. I display sono ancora oscurati, ma se tutto è andato come da programma sono passati altri settecento anni. Ma cosa importa ormai? Il tempo non ha più alcun significato per me.

Mi trascino stancamente verso la cabina di pilotaggio e sfoglio i file del diario di bordo. La più antica registrazione dopo la mia che trovo è di Sullivan. Allora stava bene! Il sollievo nel constatare ciò svanisce immediatamente, non appena le sue parole cominciano a scorrere sotto i miei occhi.

Ho trovato delle tracce. Si tratta di acqua, sicuramente trafugata dalle scorte. Un rivolo che parte dalla stiva, dove in effetti ci sono dei flaconi mancanti, e conduce fino alla cabina di Brown, proseguendo chiaramente oltre il portellone. Dunque è stato lui. Non so come abbia fatto, né perché, ma questa è la prova definitiva che c'è lui dietro a tutto questo. Deve aver trovato il modo per manomettere i comandi della sua cella criogenica e riprogrammarla per risvegliarsi a suo piacimento. Forse la morte di Moore è addirittura causa sua! Quel bastardo! Stavolta deve essersene rimasto buono nella sua cabina, visto che non ho avvertito i soliti strani rumori. O forse si è spaventato dopo che l'ultima volta sono stato tanto così dall'acciuffarlo. Mi rivolgo a McLane, che si sveglierà dopo di me: si guardi da Brown, e cancelli questo messaggio subito dopo averlo letto. Non dobbiamo farlo insospettire e trovare un modo per fermarlo prima che possa combinare qualcosa di irreparabile. Giuro che se dovessimo riuscire ad arrivare vivi in fondo a questo viaggio lo ridurrò in poltiglia non appena gli metterò le mani addosso. Cosa è stato? Era sicuramente il portellone di una delle cabine che si apriva. È lui! Resterò qui a scrivere, facendo finta di nulla, e non appena entrerà lo assalirò di sorpresa. Eccolo, si sta avvicinando. Ora o mai pi

Non c'è altro. Non so se sentirmi più offeso o scioccato. Come ha potuto sospettare di me? Qualcuno ha cercato di incastrarmi, è ovvio! E quelle tracce... Non c'erano quando sono uscito dalla mia cabina, poco fa. O qualcuno le ha cancellate o Sullivan se le è sognate. Ma McLane gli avrà creduto? Vado al file successivo, e con mia grande sorpresa scopro che è stato redatto da Li. Ma non era morto? E in ogni caso avrebbe dovuto essere il suo turno di non risvegliarsi. Come è possibile che abbia potuto sedersi qui e scrivere queste note? La risposta sta nelle righe che seguono.

La soluzione era semplice ma ingegnosa, come un'elegante formula fisica. Mi ci è voluto un po', ma alla fine ci sono arrivato. Ci sono ancora dei punti oscuri, ma il ragionamento nel complesso fila. La morte di Moore, la compostezza di McLane, la scomparsa di Sullivan, le prove contro Brown... Ma andiamo per ordine.

Ho scritto di proposito quelle cose deliranti nel mio ultimo rapporto per simulare un crollo mentale e poi mi sono ibernato nella capsula di Moore, così da non saltare il mio turno di risveglio come sarebbe stato da programma. Mi è andata bene: la cella criogenica non era difettosa, e questo indica che la morte di Moore è da ricondursi ad altro. Inoltre con la mia mossa ho disorientato il misterioso clandestino, facendolo uscire allo scoperto. La trappola ha funzionato alla perfezione e mi ha permesso di scoprire la verità. Ma ancora stento a credervi. Nulla è come sembrava, siamo stati ingannati dall'inizio. Il colpevole si nasconde tra di noi, e si tratta di

Il brano si interrompe qui. E anche io mi immobilizzo. Li sento. Passi pesanti, regolari, risuonano nel corridoio alle mie spalle. Vicini, sempre più vicini. Si sono fermati. Proprio sul ciglio della cabina di pilotaggio. È dietro di me. Ne sono certo. Cosa aspetta a saltarmi addosso? Cosa aspetta a colpirmi? No, vuole che mi volti. Vuole che la paura si impossessi di me. Vuole sbriciolare quell'ultimo barlume di ragione che mi è rimasto. Cerco di resistere, ma la curiosità è più forte. Prima ancora che me ne possa rendere conto, la poltroncina ha cominciato a ruotare, spinta dalle mie gambe. Con lentezza spasmodica vedo la stanza scorrere di fronte ai miei occhi. Poi si ferma, rivolta verso l'entrata.

È là. Le sue orbite piantate nelle mie. Il volto d'un pallore cadaverico. L'espressione stravolta, sbigottita. Impiego alcuni secondi a comprendere che la faccia che vedo è la mia, riflessa sulla calotta scintillante del casco di una tuta spaziale. Troppi secondi. La visione di me stesso mi ha lasciato attonito, e l'altro mi è già addosso.

Mi colpisce, ripetutamente, senza pietà. Non sembra molto più forte di me, ma il suo corpo è agile e reattivo mentre il mio è ancora intorpidito dal sonno prolungato. Prima di rendermene conto mi ritrovo disteso sul pavimento, lui che mi trascina per una gamba lungo il corridoio. Cosa vuole fare? La risposta si dischiude terribile nella mia mente quando mi accorgo che si ferma davanti al portellone della camera di compensazione e inizia ad aprirlo. Vuole gettarmi fuori dalla nave! Le mie membra hanno uno spasmo. No, non riesco ad accettare che finisca così. Facendo ricorso alle mie ultime energie mi tiro in piedi, non visto dal mio avversario troppo impegnato a girare la pesante maniglia, e non appena i cardini ruotano mi getto su di lui a peso morto, spingendolo dall'altra parte. Quindi richiudo la paratia e mi accascio esausto. Non so come, ma ce l'ho fatta. Dall'interno giungono i colpi disperati dell'altro, che tenta inutilmente di sfondarla. Può sforzarsi quanto vuole, non ce la farà. Improvvisamente le percosse cessano. Si è già arreso? Tendo l'orecchio, e con orrore sento le note emesse dai pulsanti di un tastierino numerico. Conosce il codice per l'apertura manuale? Spinto dalla disperazione mi aggrappo a una leva rossa incassata nella parete e la tiro verso di me con tutte le mie forze. Odo i pistoni automatici che saltano e il rumore di un violento risucchio. Arranco fino all'oblò e guardo fuori. Lui è là, che fluttua nello spazio nero. Pochi secondi ed è già un puntino indistinguibile, perso nel buio cosmico. Non ne capisco molto di formule matematiche, costanti universali o quant'altro, ma studio la vita e so una cosa per certo: l'istinto di sopravvivenza è la forza più straordinaria della natura. Ed è grazie a esso se sono ancora qui.

Ma chi era quell'uomo? Indossava una delle tute in dotazione alla nave, quindi doveva essere uno di noi... No, non voglio saperlo, non mi interessa, ormai che importanza ha? E poi è stato tutto così rapido, così irreale. Non c'è stata neppure una parola tra noi, non un urlo, non un'imprecazione... È accaduto davvero? O è stata solo un'altra allucinazione? Sono troppo stanco per pensare, troppo stanco per fare qualsiasi cosa.

Sono tornato alla cabina di comando. Un rapido controllo mi ha rivelato che adesso tutte le celle criogeniche sono vuote. Sono l'ultimo rimasto. Dovrò attraversare da solo i secoli che ancora si srotolano di fronte a me. Un'ora, cento anni, mille... Che differenza fa? Per quanto ne so potrei essere partito ieri e trovarmi ancora nell'orbita terrestre. O magari rinchiuso nei sotterranei di qualche base militare, e questo è solo un test per verificare la mia idoneità al viaggio... Ormai non so più a cosa credere. Forse sono stato proprio io a ucciderli, l'uomo sul cui casco era riflesso il mio volto, in realtà non ero altri che io... Forse Sullivan aveva ragione, è colpa mia, ho fatto tutto senza rendermene conto e ora sconterò in solitudine il prezzo del mio crimine. No, no! Io sono innocente, io sono la vittima! L'ultimo sopravvissuto! Mi sono salvato dalla minaccia che infestava questa nave, ma nulla mi salverà da me stesso. Adesso sono solo. Ciò segna definitivamente il fallimento della missione. Ma chi se ne importa ormai della missione? Gli spettri dei miei quattro compagni mi attorniano, mi scrutano severi, mi parlano. Mi sussurrano la sorte inevitabile che mi attende. No, non finirà così. Ho ancora una possibilità di scelta, il gesto estremo per affermare la mia libertà. Mi osservano muti mentre torno nella mia stanza, prendo una manciata di pastiglie e le inghiotto, aiutandomi con un sorso d'acqua. La dose dovrebbe essere abbastanza potente. Osservo beffardo i fantasmi dei miei colleghi. Non mi credevate capace di questo, vero?

Sorrido, cullato dalla dolce consapevolezza che ormai è finita. Niente più incubi nel ghiaccio, niente più occhi che mi spiano nel sonno, niente più risvegli allucinati nel vuoto cosmico. È tutto finito... 

Con le mie ultime forze ho scritto quanto sopra, lascio questo datapad a testimonianza di ciò che è avvenuto qui. Se mai qualcuno, in futuro, dovesse leggere queste parole, sappia che il professor Steven Brown ha compiuto il suo dovere fino all'ultimo, finché gli è stato possibile.

Mal di vegliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora