La felicità prese il sopravvento e inondò tutto il mio corpo. Non potevo ancora credere a quello che avevo appena sentito uscire dalla bocca di Abby. Se prima il mio umore era sotto terra, conficcato nelle più oscure viscere dell'Inferno, adesso stava spiccando il volo e raggiungendo le nuvole fino ad arrivare in Paradiso. Era come se tutto il dolore che tormentava il mio cuore non ci fosse mai stato: era scomparso.
Corsi in sala da pranzo - naturalmente non letteralmente, ma con la mente, dato che avevo una caviglia dolorante che me lo impediva - e mi ingozzai velocemente, più veloce della luce, più veloce di Flash con la colazione: due fette di pane con marmellata di more scomparvero dalla mia vista in meno di un minuto e una tazza di caffè e latte scorse dalla mia bocca fino allo stomaco in meno di 30 secondi. Abby mi guardava perplessa e allo stesso tempo entusiasta. Non voleva che finissi all'ospedale per essermi soffocata dalla felicità, ma al contempo anche lei non vedeva l'ora di arrivare in spiaggia. Ah la spiaggia...il sole...il mare...l'azzurro...l'azzurro dei suoi occhi...Kevin...pensai trasognante. La mia testa era appoggiata alla mano sinistra, il braccio reggeva tutto il suo peso e il tavolo attutiva la caduta. La mia faccia...beh era quella di sempre: da ebete.Un lieve vento soffiava sul mare producendo piccole onde che si riversavano sulla riva. La bandiera rossa sventolava in cima alla piccola casetta sopraelevata, la quale nascondeva la persona che si sarebbe rivelata la più importante e sconvolgente della mia vita.
Immersi nella sabbia i gommini delle stampelle e con un ultimo salto cancellai la distanza tra il gradino e la spiaggia. Per fortuna stavolta non sono caduta...
Ma ecco un altro passo e...oddio sta passerella del cavolo, devo sempre inciampare in qualcosa!
La stampella sinistra si era impigliata nella microscopica linea di cemento che separava un rettangolo giallo da un rettangolo rosso della passerella che portava fino alla riva del mare, dove i bambini stavano giocando con secchielli e palette.
Cominciai a barcollare, vidi già la mia testa spiaccicata sul rettangolo rosso - almeno la mia faccia si sarebbe subito intonata con quello - ma qualcuno mi afferrò il braccio. Girai la testa per vedere chi era e peggiorai la situazione: persi l'equilibrio e stavolta vidi la mia schiena spiaccicata sul rettangolo rosso. Due mani possenti attutirono la caduta e due occhi luminosi fissavano intensamente i miei. I nostri sguardi si incrociarono e per un attimo tutto intorno a me scomparve: c'eravamo solo io e lui, io e Kevin. Le nostre labbra erano a pochi centimetri di distanza e le nostre fronti si sfioravano. Un ciuffo di capelli color nero ricadde sulla mia guancia, accarezzandola soavemente e provocando un leggero solletico. Rimasi estasiata a contemplarlo: i suoi occhi azzurri, le sua labbra carnose, le sue fossette sulle guance, i suoi capelli neri arruffati dal vento e dalla sabbia, ogni lineamento del suo viso.
<<Stai bene?>> anche la sua voce era perfetta.
<<Eh?>> indovinate un po'? Di nuovo faccia da ebete con l'aggiunta di un sorrisino compiaciuto.
<<Stai bene?>> ripeté.
<<Sììì>> risposi smielata e molto, ma molto lentamente.
<<Oddio Maggie, stai bene?>> venni risvegliata dal mio sogno perfetto, dal mio paradiso celestiale. Mi ero scordata che al mio fianco ci fosse Abby.
<<Sì, sì, non preoccuparti>> dissi con tono sicuro e al contempo imbarazzato.
Cercai di divincolarmi per alzarmi, però la caviglia me lo impediva, quindi fui costretta ad accettare l'aiuto di Kevin. Mi strinse tra le sue braccia e una vampata di calore riscaldò tutto il mio corpo, stavo perdendo i sensi. La mia testa cadde all'indietro, la vista era appannata e la gola era secca. Una mano toccò la mia nuca, afferrando delicatamente i miei capelli castani, e mi sentii nuovamente al sicuro.
Il mio corpo ondeggiava per aria e veniva cullato ad ogni passo. Fui adagiatamente posata sulla sdraio, ancora un po' inconscia di quello che era successo. Mi girai sul lato sinistro dando le spalle a Kevin. Improvvisamente una voce sommessa disse: <<Ultimamente non è più se stessa, è sempre depressa e non sorride quasi mai>> era la voce di Abby.
<<So io cosa fare...>>
Cosa staranno confabulando? Perché non mi lasciano stare in pace e basta! Ho già fatto troppe figure, non ne voglio più fare. Aspetta un attimo però...quella persona che stava parlando...non era Kevin? Perché sta parlando con Abby?! Cos'è che vuole fare?
Mi girai sul lato destro per cercare di vedere e capire cosa stavano tramando, come mai non sentivo più le loro voci, ma Kevin se ne stava già andando. Salutò con un gesto di mano la mia amica e si diresse verso il bar della spiaggia.
Abby mi raggiunse sotto l'ombrellone e si sedette a gambe incrociate sulla sabbia accanto al mio lettino.
<<Perché stavi parlando con Kevin?!>> chiesi infastidita, ma anche incuriosita.
<<Niente di che>>
<<Abby, ti conosco>>
<<Non agitarti, l'ho solo ringraziato per averti salvato un'altra volta, stai tranquilla>>
<<Sì, certo. Per adesso l'hai scampata perché ho bisogno di riposare, quindi non ho voglia di discutere. Ma dopo ne riparliamo>>
<<Ok, come vuoi>> ribatté seccata.
La testa mi scoppiava e il cervello continuava a pensare, a rimuginare, a riflettere: non mi lasciava in pace. Allora, il punto della situazione è:
1. Kevin non è più fidanzato
2. Io lo amo
3. Non ho un cavolo di coraggio per dirglielo
Cosa faccio adesso?, pensai disperata. Ma la risposta a quella domanda non venne formulata, perché i miei occhi si chiusero cancellando ogni briciolo di luce, e caddi in un sonno profondo.
La mia mano sfiorava le sue dita, lui cinse le mie e mi tirò a sé. Afferrò la mia vita, alzai il mio sguardo, ma non riuscivo a distinguere il suo viso. Inaspettatamente un varco si aprì sotto di me, e caddi.
Mi sveglia nuovamente sudata e in preda al panico. Ero ancora sulla sdraio, guardai il cielo e il sole stava calando. L'altro lettino era vuoto: Abby se n'era andata. Era rimasta poca gente in spiaggia, probabilmente erano le 19 e le persone si erano già dirette verso gli hotel per fare una doccia e cenare. Sollevai la schiena e mi sedetti sul lettino portandomi le ginocchia al petto. Osservai il mare calmo, mosso di in volta in volta da un soffio di vento, e ricordai l'estate precedente quando per la prima volta conobbi Kevin.Quell'estate era stata un po' assurda, tuttavia mi aveva portato l'amore.
Siete superstiziosi? Io sicuramente no. Credete che venerdì 17 porti sfortuna? Io sicuramente no. Allora mi sono proprio sbagliata.
Era venerdì 17, un normale giorno di luglio e io stavo preparando la mia valigia poiché il giorno successivo saremmo partiti per andare in vacanza al mare. Ad un tratto il telefono squillò, mio padre rispose e la persona sull'altra linea era mia madre. Riattaccò, si rivolse verso di me e disse: <<Domani non si va al mare>>
<<Perché?>> chiesi malinconica.
La risposta era meglio non saperla: mia madre era caduta dalle scale. Tornò dall'ospedale in sedia rotelle: si era rotta la spalla sinistra, la gamba destra e si era slogata la caviglia sinistra. Era un tutt'uno con fasciature e gesso.
Mio padre chiamò l'albergo per avvertire che non saremmo arrivati e riuscì a trovare posto per la fine di agosto.
Il mese passò tra un medicamento e l'altro, e finalmente arrivò il giorno tanto aspettato: la partenza per il mare. Arrivati, mia madre ricevette subito assistenza e, siccome non poteva fare le scale, ci diedero una stanza diversa da quella che avevamo di solito. Disfacemmo i bagagli, ci mettemmo i costumi e andammo in spiaggia. Guardavo le ruote della sedia a rotelle di mia madre girare ad ogni passo che mio padre faceva per spingerla. Intravidi uno scorcio di mare, il mio viso si illuminò, scesi le scale ed aspettai i miei genitori che stavano scendendo dalla rampa. Una volta ricongiunti, andammo al bar per chiedere un ombrellone. Il solito bagnino che vediamo ogni anno vide mia madre in quelle condizioni e si rammaricò per quello che era successo. Dopo andò a chiamare il nuovo aiuto bagnino per assegnarci il nostro numero di ombrellone. Tornò con a fianco un'altra sagoma indistinta, si avvicinavano passo dopo passo e in quel momento lo vidi: i suoi capelli neri erano vaporosi tenuti in ordine da un tocco di gel, i suoi pettorali erano magnifici, la sua pelle era olivastra, portava dei calzoncini blu scuro e degli occhiali da sole sovrastavano la sua testa. Si fermò a breve distanza da me, le mie gambe non riuscivano a reggere il mio corpo, era troppo bello. Quello che mi colpì di più furono i suoi occhi, di un azzurro incredibile, più azzurri del mare, limpidi e luminosi, ci si perdeva dentro. Rimasi incantata ad ammirarlo, sembrava che erano passate ore, non ci si poteva stancare a guardarlo, tuttavia era passata solo una frazione di secondo.
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Un giorno per innamorarsi [IN PAUSA]
RomanceCiao! Sono Maggie, non sono una ragazza molto normale, la mia vita è stata un inferno. Non sono una di quelle fighe che se la tirano, no, sono la solita sfigata che se ne sta in disparte. Ma dopo questi dieci giorni indimenticabili, niente è più nor...