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Il pomeriggio precedente
<<Kevin e Jade>> sospirai scioccata e mi paralizzai.
Non ci posso credere, non sta succedendo veramente - pensai logorata dal dolore e tra le lacrime - non si stanno baciando. Sicuramente sto di nuovo facendo l'incubo che mi perseguita da giorni...sì...è solo la sua continuazione.
Chiusi gli occhi, respirai a fondo e li riaprii. Ma loro non erano spariti, erano ancora lì davanti a me, a qualche metro di distanza.
Jade era avvinghiata a Kevin, le sue braccia cingevano il suo collo e la sua vita era contro la sua. Lui la teneva a sé per i fianchi e la stava baciando appassionatamente. Le loro labbra si incontravano secondo dopo secondo e si aggrovigliavano tra di loro in un'unione infinita.
Ero disgustata da quella vista, il vomito stava raggiungendo la gola, tuttavia, ad un tratto tutto cessò. Mi spensi. Ogni mia funzione vitale smise di lavorare e divenni un automa difettato.
Rimasi in queste condizioni per tutta la sera. Tutto ciò che mi stava succedendo attorno, che stava accadendo davanti ai miei occhi era estraneo a me, non lo comprendevo. Ero bloccata su quell'interminabile e schifoso istante. Nulla poteva farmi tornare in me. Ero assente.
Quando Abby mi trovò in quelle condizioni, disse qualcosa. Ma cosa? Non sentivo più niente, il mio udito se n'era andato, come se n'era andato ogni sentimento. Non provavo più niente.
Che cos'era l'amore? Non me lo ricordavo.
Che cos'era la felicità? Non me lo ricordavo.
Che cos'era la passione? Non me lo ricordavo.
Che cos'era la gelosia? Non me lo ricordavo.
Che cos'erano la tristezza, la disperazione e la sofferenza?
Ah, no, aspettate...forse qualcosa provavo. Forse qualcosa ricordavo, non l'avevo dimenticato. Quelle tre emozioni "TRISTEZZA, DISPERAZIONE, SOFFERENZA"...sapevo benissimo che cos'erano, ma non volevo ammettere di provarle. Sarebbe stato come accettare di aver perso per sempre il mio eroe.
Per questo mi ero paralizzata: non ero riuscita ad esternare il mio dolore.
Però ora, dopo che Abby ebbe pronunciato le fatidiche parole, era come se mi avesse riportato alla realtà, mi avesse sbattuto in faccia la dura e crudele verità. Mi avesse risvegliata.

<<Io...>> cercai di dire qualcosa, ma scoppiai in lacrime. Finalmente mi resi conto che stavo piangendo, che avevo bisogno di farlo.
Abby mi abbracciò forte e mi sfregò la schiena con la mano per consolarmi.
<<Non c'è bisogno di dir niente, hai bisogno di sfogarti, questo è l'importante. Le parole arriveranno poi da sé>> disse rincuorandomi.
<<Grazie per restarmi accanto>> e mi strinse ancora più forte.
Restammo sul mio letto, una accanto all'altra come mai avevamo fatto prima. Credo che il nostro legame si sia rafforzato proprio in quel momento. L'amore può passare, ma l'amicizia è per sempre. E spero che sia così anche per noi.
Stendemmo le nostre gambe lungo il letto e appoggiammo le nostre schiene al muro. Posai la testa sulla spalla di Abby e lei cominciò ad accarezzarmi i capelli.
La mie lacrime rigavano le mie guance e bagnavano la sua maglietta. Goccia dopo goccia il mio corpo si prosciugava e si disidratò. La gola divenne secca e cominciai a tossire, aumentando il mio dolore.
Volevo vomitare, buttare tutto fuori, perfino le budella e il mio sangue. Dovevo depurarmi.
Mi alzai di scatto, come se avessi risposto ad un comando, come se fossi stata telecomandata da qualcuno, e mi diressi in bagno. Entrai in doccia ed azionai l'interruttore dell'acqua fredda.
Appena toccò il mio corpo, rabbrividii, ma mi piaceva sentirmi così. Volevo soffrire sempre più, ancora e ancora, sovrastare il mio dolore con altro dolore. Passai le mani sulla pelle, su ogni millimetro del mio corpo, fino a strofinare violentemente. Ero presa dalla disperazione, stavo quasi per squarciarmi la pelle.
Un urlo di rabbia, frustrazione e malinconia si disperse per la stanza e per tutto l'albergo. Piansi come mai avevo fatto prima: mi lasciai cadere per terra e mi accovacciai. Misi la testa tra le gambe e urlai, piansi, piansi e urlai.

Era arrivata ora di pranzare, ma non se ne parlava di uscire dalla mia stanza, dal mio rifugio.
<<Margaret, esci subito! Hai capito?!>> la voce di mia madre era stridula, gelida e veramente, decisamente infuriata.
<<Guarda che sfondo la porta!>>
<<Non è il caso di aprire? Comincio ad avere un pochino paura>> bisbigliò Abby che si era messa a capolino dietro la porta.
Mia madre la colpiva violentemente, provocando fastidiosi tonfi e facendola tremare.
Fra un po', se non la smette, arriva la proprietaria che la sbatte fuori. Pensai frustrata, ma anche con un leggero compiacimento.
<<MARGARET!!!>>
Uff! Se non esco subito, sarò in castigo per il resto dei miei giorni. Sarebbe anche in grado di chiamare le forze armate, pur di ottenere quello che vuole.
Mi avviai verso la porta, misi la chiave nella serratura, girai, aprii pian pianino e mi trovai la faccia incazzata di mia madre davanti alle orbite.
<<Cosa vuoi?>> chiesi stressata e con indifferenza.
<<Cosa voglio?! Non azzardarti a parlarmi in quel modo. Io sono tua madre! Capito?!>>
<<Va bene, calmati, ora sono uscita>> dissi irritata.
<<E se provi a non toccar cibo nuovamente, vedi cosa ti faccio>>
Ah, adesso è passata pure alle minacce.
<<Okay>> replicai sempre irritata.
Abby mi seguii immediatamente senza indugiare, standomi dietro e soprattutto stando alla larga da mia madre - il mostro sputa sentenze.

Dopo aver ingurgitato a fatica il pranzo e aver sopportato la ramanzina, sono subito fuggita a ripararmi nella stanza. Nonostante avessi ascoltato mia madre, cosa che ero per forza costretta a fare, sapevo che non avrei dovuto mangiare.
Sentii lo stomaco contrarsi e bruciare. La bile e il succo gastrico acidulo stavano risalendo l'esofago fino a giungere in bocca. Corsi immediatamente in bagno e riversai tutto quanto nel gabinetto.
Un odore intenso e nauseante si era sparso, provocandomi altri rigetti. Sciacquai la bocca con l'acqua e strofinai intensamente i denti e la lingua con lo spazzolino.
Successivamente presi una decisione, quasi inaspettata: quel pomeriggio sarei andata in spiaggia.
Naturalmente non poteva che essere una terribile e stupida iniziativa, l'avevo decretata senza riflettere.

Misi degli occhiali da sole neri e mi sdraiai sul lettino a prendere il sole.
<<Cosa farai>> chiese Abby preoccupata.
<<Niente. Mi rilasso, non vedi? Sto bene, perché non dovrebbe andare tutto bene? Ci stiamo divertendo in vacanza>>
<<Oh, oh, adesso nega tutto>> disse tra sé, ma io la sentii.
<<Chi nega cosa? Kevin e Jade stanno insieme, che c'è di male? Non possono forse stare insieme?>>
<<Siamo di fronte ad un vero problema>> affermò sempre tra sé, però stavolta non le diedi retta, chiusi gli occhi e cercai di riposarmi.
Avvertii i suoi passi allontanarsi.
Dove starà andando? Ma, chi se ne frega, faccia quello che le pare, io sto bene così, senza nessuno che mi rompe le scatole.

Abby pov's
<<Hey Kevin, come va?>>
<<Tutto bene, in questo periodo c'è più lavoro da fare, ma me la cavo. Voi invece? Ieri pomeriggio e stamattina non vi ho visto>>
<<Ehm, sì, c'è stato qualche problemino...speravo potessi aiutarmi a risolverlo>>
<<Di cosa si tratta?>>
<<Di te>>
<<Di me?>>
<<No, cioè sì, no cioè>>
Accidenti! Ora cosa dico? Non posso mettere Maggie in questa situazione, ma se non faccio qualcosa, lei non si riprenderà più.
<<Qual è il problema Abby?>>
<<Maggie ti ama>>
Cazzo! L'ho detto veramente?! Oddio mi ucciderà. Ora cosa faccio?! Ok Abby calmati, fai un bel respiro. Lei capirà, comprenderà che l'hai fatto per il suo bene...mi non perdonerà mai! Prenderò il primo aereo per Istanbul, cambierò identità così non mi troverà più. Sì, ho deciso, farò così.
Ero in preda al panico, dovevo trovare una via d'uscita, una scusa, ma cosa?
O forse ormai tanto valeva dire la verità, il grande rospo l'avevo già buttato fuori.
<<Mi ama?>> disse incredulo.
<<Sì, dal primo giorno che ti ha visto, è stato come un colpo di fulmine>> continuava a guardarmi incredulo, come uno che non si era accorto cosa gli stava succedendo davanti ai propri occhi.
<<E ieri...>>
<<E ieri mi ha visto con Jade. Dannazione!>> completò la mia frase.
<<Sì, e per colpa tua sta soffrendo>> gli diedi un colpettino sul pettorale destro.
<<Mi dispiace, ma come potevo saperlo, perché non me l'ha detto?>>
<<Secondo te? Non hai visto che tipo di ragazza è, o sei cieco anche in questo?! Lei è una ragazza dolce, sensibile, sognatrice e soprattutto riservata. Fatica ad esternare i suoi sentimenti, e le manca anche del coraggio...le manca un po' di fegato>>
<<Ma è anche molto forte, riesce sempre a superare tutto...ed è testarda>> affermò Kevin, come se stesse ripensando a dei bei momenti, che lo fecero sorridere per un istante.
<<Allora vedi che un po' di cervello ce l'hai!>>
<<E ora che posso fare>>
<<Questo non lo so nemmeno io. La ragazza che abbiamo appena descritto non c'è più, è stata sostituita da un'arrogante, menefreghista bambina viziata. Non la riconosco più!>>
<<Le vado a parlare io>>
<<No!>> lo afferrai per il braccio per fermarlo <<se le dici tutto, che io ti ho detto tutto, non mi perdonerà mai>>
<<Non preoccuparti, non le dirò niente>> mi sorrise e si diresse verso il nostro ombrellone.

Un giorno per innamorarsi [IN PAUSA] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora