dodici

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Il venerdì Luca Tommassini, il direttore artistico del serale, volle incontrarmi.
Avevo appena finito una lezione di latino ed ero sfinita, odiavo il fatto di sbagliare piccole cose - come la posizione di un piede - e metterci un sacco di tempo a corregerle.
Entrai nella sala e salutai Luca il quale mi chiese calorosamente di accomodarmi.
Mi chiese da dove venivo, la mia età, da quanto danzavo e cosa era per me la danza; prima di rispondere a queste ultime due domande aspettai qualche secondo, non era semplice spiegare cosa fosse per me la danza.
"Ballo da quando avevo quattro anni, ballavo sempre, non stavo un minuto ferma, dovevo sempre fare qualcosa e credo mi odiassero tutti in casa, non li lasciavo mai dormire. Così hanno deciso di iscrivermi a danza, almeno mi sarei stancata e a casa avrei dormito." Raccontai ridendo mentre tornavo con la mente quattordici anni indietro, sorridendo al pensiero del mio primo giorno di danza: ero la bambina più felice del mondo.
"Per me danzare non è solo muovere il corpo, per me significa raccontare una storia. Quei passi, messi uno dietro l'altro, devono per forza raccontare una storia, altrimenti quello non può essere definito danzare, può essere definito muoversi e basta." Spiegai e vidi che Luca annuiva,
"Da quello che ho visto balli tutti gli stili, qual è il tuo "preferito"?" Domandò
"Non ho uno stile che mi piace di più, mi piacciono tutti, li preferisco al Latino" risposi alzando un lato della bocca, a mo' di sorriso,
"È un modo pulito per dire che non ti piace?" Rise ed io annuii.
"Cosa ti piacerebbe ballare, se entrassi al serale?" Continuò
"Vorrei fare di tutto, ma vorrei ballare un pezzo de "Il lago dei cigni". Mi piace un sacco."
Dopodiché Luca mi salutò, abbracciandomi, e tornai in sala relax, sperando di poter fare uno spuntino pomeridiano.
Appena arrivai davanti alla porta, un ragazzo della produzione mi consegnò un foglio ed una penna e mi spiegò il mio compito: dovevo scrivere una lettera dove elencavo i motivi per cui sarei dovuta entrare al serale.
Non era semplice, non perchè non avessi un bell'approccio alla scrittura, anzi, mi piaceva un sacco scrivere, solo che elencare le vere ragioni per cui sarei dovuta andare al serale era davvero complicato.
Decisi comunque che lo avrei fatto, avrei scritto tutto ciò che mi passava per la mente, un flusso di coscienza.

***

Finito di scrivere, vidi Irama che si avvicinava per parlarmi e mi allontanai, nella speranza che non seguisse.
Andai nello spogliatoio, lavai le mani sporche di inchiostro - esatto, non sapevo scrivere - e, non appena mi girai, lo trovai dietro di me.
"Filippo, vattene" sibilai, non lo tolleravo, era così insopportabile.
"Scusami" mormorò ed io lo guardai dritto negli occhi,
"Si, certo" risposi ed uscii di lì, dove l'aria stava cominciando a mancarmi.
Andai a sedermi nell'angolo del divanetto mentre guardavo i miei amici ridere per cavolate, appoggiai la testa alle ginocchia e cercai di far fermare quel mal di testa martellante che mi assillava da giorni.
Avevo rifiutato le sue chiamate, eliminato i messaggi, persino evitato lui, mi aveva ripetuto che era dispiaciuto, che non aveva mai voluto farmi stare male, che si scusava con tutto il cuore ed io gli credevo, veramente; ma aveva visto la parte del mio passato che avrei preferito dimenticare senza averne il diritto.
"Marì" disse e sentii qualcuno che mi toccava - o meglio, stritolava - il braccio, alzai la testa ed osservai Biondo che con espressione corrucciata mi chiedeva cosa fosse successo con Irama.
"Ha sbagliato" spiegai,
"E mi sembra ti abbia chiesto scusa più volte, hai sbagliato pure tu e non gli hai mai chiesto scusa. Smettila ora." Ribattè ed io alzai gli occhi al cielo.
"Non ce l'ho con lui, non più." Spiegai e lui sorrise, come se lo avesse sempre saputo.
Era così semplice secondo la sua visione, era tutto un viaggio e se fosse andato male lo avrebbe solo cancellato.
"Ma..che si fa per festeggiare i diciannove?" Domandò ed io gli diedi un lieve schiaffetto sul braccio,
"Shh, sta zitto. Lo sai solo tu e sai anche che non ho voglia di festeggiarlo." Aggiunsi.
L'indomani avrei compiuto diciannove anni ed io mi sentivo ancora una bambina di sette.
Quando la produzione ci avvisò di poter tornare in hotel, fui una delle ultime a cambiarmi, avevo solo voglia di infilarmi nel letto e restarci per circa un paio di mesi.
Era stranissimo tornare in hotel senza Filippo accanto, mi ero abituata a lui che mi raccontava cose che davanti alle telecamere non avrebbe potuto dire mentre fumava. Forse avrei dovuto dirgli che lo avevo perdonato e che mi mancava, forse.
Controllai le notifiche del mio cellulare e trovai alcuni messaggi da Alice, oltre a quelli di gente che non vedevo dall'asilo.
Mi chiedeva come stessi e come stesse andando, sospirai e la chiamai, sperando di poter parlare un po' con lei. Purtroppo, non rispose e la chiamata fu deviata alla segreteria; così, mi fermai un momento ad accendere una sigaretta e notai che ne rimanevano solo due. La portai alla bocca ed aspirai, erano circa due settimane che non compravo sigarette ed avevo quasi smesso di fumare, non ne avevo sentito il bisogno invece, ora, ne avevo un bisogno pazzesco.
"Credevo avessi smesso di fumare, fa male" Disse Irama, comparendo dietro di me, con una sigaretta fra le dita,
"Senti chi parla" commentai ironicamente,
"Non l'ho fatto con cattive intenzioni, volevo solo sapere quale fosse il problema. Perdonami."

Unexpected ➳ IramaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora