• Cap 6 - TEARS •

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Jason's Pov

E' notte inoltrata. All'esterno suoni, rumori, vocii o rombi di motore sono svaniti nel nulla. Tutti ormai sono al calduccio sotto le coperte, compresi gli studenti che in questo momento alloggiano in questo hotel, ad eccezione però delle due persone che attualmente condividono la stanza numero 362: me, Jason Meyer, e la mia compagna Athena Davies. 

Dopo aver sentito qualche minuto fa dei gemiti, accompagnati ora da singhiozzi quasi soffocati, provenire da una fonte vicina, mi alzo e cammino per tutta la stanza, quando arrivo proprio di fronte ad Athena e cerco di calmarla, parlandole piano per non farle venire un colpo al suo risveglio.

"Ehi, Athena" le accarezzo i capelli e con il pollice il viso.

So che qualche ora fa ho esagerato a trattarla in quel modo, che magari, anzi sicuramente, mi sono lasciato troppo prendere la mano con lei e che forse io ho fatto scattare la scintilla che ora la sta facendo sentire così, ma è pur sempre una mia compagna, una persona a cui tengo veramente, un'amica. 

Athena continua a piangere e a stringere la mano sul cuscino con forza, incutendomi anche un po' di paura, lo ammetto, ma non posso vederla così. Di conseguenza, scosto un po' le coperte e mi distendo al suo fianco per un po', mentre con la mia mano sinistra le accarezzo i capelli e con l'altra il viso, riuscendo in poco tempo a interrompere il suo pianto e, dunque, a regalarle un sonno abbastanza tranquillo. 

Passata approssimativamente una mezz'oretta, mi addormento al suo fianco pure io, abbandonandomi ad un sonno dolce e tranquillo, del quale la protagonista è proprio la dolce, gentile e allo stesso tempo distaccata e diffidente Athena. 

Athena's Pov

La notte continua tranquilla, ma il sole inizia a fare capolino tra alcune nubi grigiastre e altre più bianche. Tutto è come se stesse ricominciando a prendere vita: ritorna il leggero venticello che di solito scompiglia i capelli altrui, così come i miei, e che fa ondeggiare le chiome degli alberi; i coniglietti iniziano ad uscire dai cespugli e a saltellare dall'uno all'altro; i rombi di motore si propagano per la città continuamente; riprendono i vocii delle persone, così come degli studenti e di coloro che alloggiano nell'hotel.

Mi trovo nella mia stanza, la numero 362. Non ricordo nulla di quello che possibilmente sia accaduto durante la notte, ma la cosa di cui sono certa è che oggi sarà un giorno bello, ma complicato. 

Mi stiracchio, facendo un piccolo sbadiglio, mentre lentamente sbatto le palpebre e inizio a mettere a fuoco tutto ciò che mi circonda. Ho la testa appoggiata sul petto di Jason e lui ha una mano tra i miei capelli. Appena mi accorgo della situazione, cerco di staccarmi dalla sua presa e mille domande mi passano per la testa, ma decido di farle direttamente a lui. Così lo scuoto, cercando di svegliarlo, ma nulla. Allora decido di usare una maniera un po' drastica, ma anche divertente, per me: prendo il cuscino di lui dal suo letto, torno sul mio e glielo sbatto due volte sulla faccia.

"Jason? Ma quanto dormi! Sveglia!" rido per due o tre secondi.

Jason si stropiccia gli occhi con le mani, racchiuse in un pugno, e poi con un gesto agile toglie il cuscino dalle mie mani, lanciandolo sul proprio letto. 

"Non c'è bisogno di sbattermi il cuscino in faccia per svegliarmi" mi guarda con gli occhi chiusi a due fessure, poi scoppia a ridere.

"Ma se stavi dormendo come un ghiro! E, comunque, che ci fai nel mio letto?" incrocio le braccia, in attesa di una risposta.

"Beh, perché volevo stuprarti di notte" non resiste e scoppia in una risata.

"C-Cosa?" spalanco gli occhi stupefatta. 

TOUCH ME AS YOU CAN DODove le storie prendono vita. Scoprilo ora