• Cap 8 - DISCO NIGHT •

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Athena's Pov

Non so cosa mi stia accadendo di preciso in questo momento, che cosa stiano facendo i miei compagni o che cosa stia pensando Jason di me in questo momento, ma di una sola cosa sono sicura: non sto affatto bene e mi sarà difficile riprendermi da quello che mi è appena accaduto. 

Nella mia mente tantissimi frammenti degli eventi accaduti negli ultimi dieci minuti scorrono come una pellicola in maniera indescrivibile: lo sguardo misto tra rabbia e fastidio che ho rivolto a Jason, subito dopo che Ryan se n'è andato dalla nostra camera; io e Jason che spunticchiamo qualcosa, mentre i nostri compagni si avviano già all'esterno; io che corro dall'altra parte della strada, senza aspettare l'arrivo del supervisore; Jason che corre verso di me più velocemente possibile ; io che immobile mi fermo nel bel mezzo della strada, mentre una macchina si sfreccia a tutta velocità verso di me e, poi, come uno strattone. Sento la voce di Jason e a grandi linee posso ipotizzare che mi trovi tra le sue braccia. Tengo le mani sulle orecchie e gli occhi chiusi, troppo scossa dall'accaduto per ritornare alla dura realtà. Avverto improvvisamente un aumento del battito cardiaco e istintivamente sposto le mani sulla maglietta di Jason, stringendola forte. Non respiro bene. Mi sto agitando. Ho bisogno d'aiuto.

"Athena, ehi, respira" Jason mi accarezza il viso e mi dà un piccolo pizzicotto, per farmi aprire gli occhi.

Scuoto la testa in segno di no, come per dire "Non ci riesco. Ho bisogno di acqua", mentre i miei occhi a volte girano come una pallina nella roulette verso l'interno. Forse è questo il destino che mi aspetta o forse no.

Le mie orecchie odono un suono di una sirena molto forte, come se si stesse avvicinando. E' arrivata la mia salvezza: l'ambulanza. Degli operatori del 112 mi caricano su una barella, mettendomi subito l'insufflatore d'ossigeno sulla bocca, facendo stabilizzare di conseguenza anche il mio battito cardiaco. Tengo gli occhi aperti il più possibile e noto solo una persona all'interno della vettura: Jason. Mi prende improvvisamente la mano, stringendola con forza e dolcezza nel contempo, come per infondermi sicurezza e farmi capire che lui mi starà accanto.

Nell'arco di cinque minuti arriviamo nell'ospedale più famoso della città. Prima di entrare in sala getto uno sguardo attorno a me e a malincuore noto che sia il supervisore sia i miei compagni non sono qui a darmi sostegno. Mi legano all'elettrocardiogramma, al fine di controllare le mie condizioni, almeno fino al mio risveglio. Non so cosa accade nel frattempo, perché i miei occhi si chiudono repentinamente e, così facendo, con le palpebre appesantite sprofondo in un sonno allietante, ma intenso.

Dopo circa un'ora e mezza le mie palpebre si schiudono, lasciando che le mie iridi verde prato si guardino attorno alla ricerca di qualcosa di intrigante e così accade: finalmente i miei occhi si fondono con quelli azzurro mare di Jason. Mi alzo di poco e rimango seduta, osservandolo e staccando quei dalla mia faccia, tranne quello dell'elettrocardiogramma.

"Ehi, attenta, non sforzarti" Jason si siede sul letto davanti a me e mi tiene la mano "Come stai? Ti senti meglio?"

"Sì, molto meglio. Ma..." mi tengo la testa, cercando di ricordare, ma niente "...che cosa è successo dopo che sono rimasta immobile nella strada? Dove sono i nostri compagni e il supervisore? Perché tu non sei con loro in gita e, invece, sei qui con me?" mi scoppia il mal di testa.

Allungo debolmente la mano, per prendere un bicchiere d'acqua, ma appena appoggio la mano sul collo di quest'ultima, non troppo forza per alzarla. Agendo di conseguenza, Jason mi aiuta e versa l'acqua nel bicchiere che tengo con due mani giusto per sicurezza.

"Grazie" gli sorrido e bevo un sorso alla volta "Potresti rispondere alle mie domande, se te le ricordi?"

"Oh, sì, scusa. In breve, dopo che tu sei rimasta immobile nel mezzo della strada, io sono corso da te e ti ho spostata con un velocissimo movimento che ci ha fatti finire per terra, fortunatamente illesi. Poi il supervisore, vedendo che non riuscivi a respirare bene, ha chiamato subito l'ambulanza e ti hanno portata qui. Per quanto riguarda la seconda domanda che mi hai fatto, i nostri compagni e il supervisore sono in gita e io sono qua per tenerti, diciamo, sott'occhio, finché non torneranno. Anzi, che ne dici di fargli una videochiamata con WhatsApp?" gli faccio posto accanto a me, annuendo, mentre bevo altra acqua dal bicchiere.

TOUCH ME AS YOU CAN DODove le storie prendono vita. Scoprilo ora