Cherie

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Guardo al di là del parabrezza dopo essermi accomodata dal lato del passeggero.Hunter sta tornando con passo veloce in direzione del veicolo. Qualche secondo dopo è al mio fianco ed è pronto per partire, prima però sì sfila il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans; e nel farlo alza il bacino con un movimento che non riesco a ignorare.Ha una completa padronanza del suo corpo, un gesto così insignificante sarebbe capace di fare urlare intere file di ragazzine."Fissi?"sghignazza . Una macchina ci passa di fronte e grazie ai suoi fanalini noto il colorito pallido del viso di Hunter. Non so perché ma ho la sensazione che abbia vomitato. Ha un aspetto a dir poco orribile, ma da quanto ho capito è troppo orgoglioso per ammettere di stare male anche solo con se stesso. "Figurati" mi difendo, cercando di apparire più composta possibile, e sposto lo sguardo sulle mie mani. "Posso chiederti perché sei scappata dalla festa?"mi fa. "Hai anche il coraggio di chiedermelo?" Sollevo un sopracciglio. "mi hai insultato facendomi sentire una stupida. Ti sei comportato come un vero idiota" scuoto la testa.
Hunter sembra assente, fissa la strada e guida una velocità fin troppo moderata. Continuando di questo passo non arriveremo mai a casa mia. "E tu perché sei venuto a cercarmi?" Provo a farlo parlare. "Scommetto che sei scappata dalla festa perché non hai amici." evita la mia domanda, abbassa il finestrino e caccia fuori un gomito. "Scusami?" Mi acciglio. "Ho amici" rispondo."Ho amici che sanno guidare" preciso abbastanza insicura.
"Te ne stai sempre per i cazzi tuoi."
"Puoi usare parole meno volgari?" Faccio una smorfia.
Sono abituata a quel linguaggio, ma quando lo fa lui la cosa mi innervosisce.
"No."
"Solo perché me ne sto per i fatti miei non significa che io non abbia amici" ci tengo a precisare.
Lui solleva la spalla, continuando a guidare, distratto. Socchiude gli occhi più volte, come se avesse la vista appannata. Manca ancora parecchio a casa mia. Incrocio le braccia, e guardo fuori dal finestrino.
"Accendi la radio" mi ordina.
"Non sai farlo da solo?" Mi volto, fulminandolo con un'occhiata poco gentile.
Hunter sbuffa,lasciando perdere e passandosi una mano sui ciuffi che gli sfiorano la fronte. Stringo le labbra e mi rendo conto che sto esagerando, dato che, in un modo tutto suo, è stato gentile nel venirmi a cercare. Clicco sul pulsante della radio. La maggior parte delle stazioni parlano dell'estate che si avvicina, ma quando finalmente ne trovo una che trasmette dei vecchi successi dei Queen mi fermo ad ascoltare. In my defence riesce a calmarmi. Cerco di non pensare al momento imbarazzante che ha preceduto la nostra partenza, e a quello successivo una volta entrati in auto. Gli lancio una veloce occhiata, vedendolo sempre concentrato ma allo stesso tempo assente.
In questo preciso istante mi chiedo perché non riesco a sopportarlo e perché lui non riesce a sopportare me. Non ci abbiamo proprio provato. Torno a osservare fuori dal finestrino, sospirando.
"Non muoverti da qui"
borbottò improvvisamente, mentre accosta di colpo vicino a un parco e scende dall'auto in tutta fretta.Sgrano gli occhi pentendomi di non aver indossato la cintura di sicurezza.
"Ma ti sei bevuto il cer...?" Non ho tempo di offenderlo che lui balza fuori dall'auto, si piega contro la ringhiera e vomita tutto ciò che ha ingerito nelle ore precedenti. È una scena così repellente che sono costretta a voltarmi dall'altra parte. Quando torno in auto sta visibilmente male si siede e stringe il volante tra le dita. Chiude gli occhi e porta la testa all'indietro tirando un lungo sospiro. Do un'occhiata a dove ci troviamo, è parecchio lontano da casa mia, ma meno rispetto a quella dei ragazzi.
"Hunter,forse è meglio se andiamo da te, dormo lì." Gli poso una mano sulla spalla, lui mi guarda sofferente e inerme. Questo suo stato di arrendevolezza mi fa battere forte il cuore. Lo rende più sopportabile, più domabile e meno stronzo. In ogni modo, non voglio che guidi da casa mia al suo appartamento da solo, potrebbe succedergli qualcosa e io non dormirei sonni tranquilli.

Una volta arrivati,vedo Hunter precipitarsi nel bagno del corridoio
senza chiudere la porta alle sue spalle.Inizia a vomitare nel water,lasciando che i suoi lamenti riempiano l'aria.Io mi guardo intorno e cerco di riportare alla mente i ricordi che ho di Mitchell.
Quando è arrivato in Inghilterra con suo cugino era solo un ragazzino che parlava a malapena la nostra lingua. Anche se i suoi sono inglesi e cresciuto a Parigi. La prima volta che lo conobbi eravamo con alcuni amici, giocavamo a tirarci palle di neve. Io ero inciampata su di lui e ci eravamo spiaccicato a terra. Da bambina ero un disastro, e lui era troppo mingherlino per tenere in piedi se stesso, figuriamoci entrambi. Siamo diventati amici quasi subito, lui mi faceva ridere, tanto. Mi viene spontaneo sorridere. Sono così felice che adesso sia tornato ad abitare a Londra.Quanto a me,vivo da sola ormai da qualche mese,e questo ha stupito molto Mitchell quando gliel'ho raccontato su Skype.
Ho lasciato casa appena compiuti 18 anni, avevo bisogno di cambiare aria e cominciare a prendere in mano le redini della mia vita. I miei genitori, anche se con fatica, hanno accettato la mia scelta. Quelle mura mi opprimevano, la stanza accanto alla mia era diventata troppo silenziosa e io mi sentivo distrutta, ogni giorno. Poco dopo il mio trasferimento, anche per loro è diventato impossibile vivere in quella casa, e hanno colto l'occasione per venderla. Ora si sono trasferiti a Liverpool, ma li vado a trovare abbastanza spesso. Mia mamma ha iniziato a interessarsi di giardinaggio, subito dopo la disgrazia che ci ha colpiti. Le piante, i fiori, il verde,riuscivano a colmare almeno un poco il vuoto dentro di lei.
"Porca troia" sento bofonchiare dal bagno.
Torno al presente, scuotendo la testa e attraversando il corridoio. Mi avvicino e vedo Hunter seduto ai piedi della tazza con la testa contro la parete di piastrelle azzurre.
"Tutto questo fa schifo" si lamenta, chiudendo gli occhi. Sorride appena e mi siedo distanza di sicurezza. "Perché hai bevuto così tanto? Sapevi che poi ti saresti ritrovato in queste condizioni." Mi porto le ginocchia al petto.
" perché l'alternativa all'alcol e cominciare a pensare."
"Ed è tanto brutto?" Corrugò la fronte, grattando via della terra dei miei stivali.
"Fa dannatamente schifo" mi risponde.
Lo fisso. "A cosa non vuoi pensare?"
"Al fatto che mi trovo qui" brontola, stirando le gambe di fronte a sé.Hunter ha delle gambe lunghissime, è scomodo per lui muoversi in questo bagno come lo è entrare in un'auto. "Sto cercando di farmene una ragione, mo la sensazione di essere scappato e mi sento un vigliacco."
"Questo dipende da cosa sei scappato."
"Da tutto "
"Tutto sono tante cose" lo scruto.
"Appunto." Si solleva da terra, avvicinandosi al lavandino perla lavarsi i denti.
"Notte" mi liquida, senza guardarmi.Non vuole affrontare l'argomento, tanto meno con me. Sollevandomi da terra, mi porto i capelli su una spalla e gli lancio un'occhiata prima di uscire dal bagno e dirigermi nella camera di Mitchell per dormire.

Over -UN'OVERDOSE Di TEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora